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martedì 20 aprile 2010

"L’algerinità, un tessuto multicolore". Parola di Kateb Amazigh

Domenica 21 marzo era di scena a Casablanca il festival Tremplin, una competizione musicale dedicata ai giovani talenti marocchini, organizzata da un collettivo di artisti che risponde al nome di L’Boulevard. Il luogo scelto per l’evento gli ex-abbattoirs di Hay Mohammedi, i vecchi mattatoi dell’epoca coloniale situati nella periferia popolare della città. Il quartiere, sorto negli anni settanta in seguito all’inurbamento massiccio della popolazione rurale, è un immenso formicaio. Un mosaico di odori e colori in netto contrasto con il tetro complesso degli abbattoirs. La struttura, isolata dalle mura di recinzione, conserva il fascino malinconico del relitto solitario e imponente. Un perfetto esempio di archeologia industriale, dove colonne di cemento sostengono a fatica le pareti decrepite e un reticolo di ferraglia arrugginita appesa al soffitto. Gremito di gente, popolato di musicisti, artisti e casablancais venuti a far festa, sembra essere tornato in vita almeno per un giorno.


Khalid: Marocco e terrorismo

Khalid. L'impegno del Marocco nella lotta contro il terrorismo (nell'immagine il sovrano Mohammed VI che accende la miccia della bomba terrorista).

sabato 10 aprile 2010

“E’ grazie a Bush se mio marito è diventato un terrorista”

Marocco. Incontro con Fatiha Hassani, vedova di Karim Mejjati. La "pasionaria del jihad" racconta la sua storia.

Nascosta nella periferia est di Casablanca, a due passi dall’autostrada che conduce a Rabat, c’è la sede di Ennassir (“l’aiuto”, in arabo). L’associazione, nata sei anni fa, difende i diritti dei detenuti islamici finiti in carcere dopo gli attentati che nel maggio 2003 hanno insanguinato la metropoli marocchina. Ogni sabato pomeriggio, un nutrito drappello di donne si ritrova nell’appartamento mal illuminato “a parlare di figli e mariti costretti alla prigione, vittime, per le loro idee, della politica anti-terrorista intrapresa dalle autorità”, spiega Abderrahim Mouthad, presidente dell’organizzazione. In effetti l’ondata repressiva che ha colpito gli ambienti salafiti, sparsi un po’ dovunque nel regno, è sfociata in centinaia di arresti sommari, seguiti da processi sbrigativi e di dubbia legalità (come denunciano i rapporti degli osservatori internazionali).
Seduta sul tappeto del salone, al centro dell’assemblea, Fatiha Hassani è coperta integralmente da un sobrio nikab corvino. “La mia è una storia particolare, diversa dalle altre” premette la donna, dimostrando una perfetta padronanza della lingua francese. Fatiha, conosciuta come “la pasionaria del jihad”, è la vedova di Karim Mejjati, cittadino franco-marocchino ucciso nel 2005 a Ryad, assieme al figlio undicenne Adam. Considerato uno dei fondatori del gruppo jihadista al-Qaida fil Maghrib, Karim Mejjati sarebbe tra i responsabili, secondo l’intelligence americana e spagnola, degli attentati di Casablanca (16 maggio 2003), Madrid (11 marzo 2004) e Ryad (12 maggio 2003). “Mio marito non c’entra con le stragi di Casablanca e Madrid - chiarisce subito la vedova - al tempo si trovava in Arabia Saudita, braccato dalla CIA. Credo invece che Karim abbia partecipato all’attentato di Ryad”, per vendicare il rapimento della moglie e del primogenito Elyas, prelevati in territorio saudita nel marzo del 2003 e trasferiti in segreto nel carcere marocchino di Temara.


venerdì 2 aprile 2010

La guerra dei cedri

(L'articolo “Les résistants de la cedraie” è stato pubblicato da Tel Quel, n. 417, 27 marzo – 2 aprile 2010)

Un’ora e mezza di viaggio separa Khenifra da Tikajouine, alias Ait Hnini secondo l’amministrazione marocchina. La strada, che si snoda lungo un percorso di circa sessanta chilometri, è stata rifatta di recente, ma l’asfalto ancora nuovo ha ceduto alle piogge e agli smottamenti del terreno. Entrando nel villaggio, nonostante la nebbia e il nevischio trasportato dal vento, si riesce ad intravedere la foresta d’Idikel, sulle pendici del monte Toujjit, distante un’ora di cammino. Quattromila ettari di cedri per quattromila abitanti. Malgrado questa ricchezza, la località ha un aspetto desolante. Dopo le precipitazioni violente della notte le vie sono immerse dal fango e per gli abitanti è impossibile mettere il naso fuori di casa senza indossare gli stivali di gomma.
La mattinata è glaciale. Alcuni bambini, in ritardo, affrettano il passo verso la scuola con dei vistosi ceppi sottobraccio. Spetta alle famiglie degli alunni provvedere al riscaldamento dell’edificio, un prefabbricato situato ai margini del paese. A causa del disboscamento, tuttavia, la legna da ardere è diventata un bene di lusso sempre più raro.