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giovedì 31 dicembre 2009

Sit-in a Oukacha in sostegno alla protesta dei detenuti islamici

CASABLANCA (30 dicembre 2009). Nuvole grigie, cariche di pioggia si addensano nel cielo sopra il carcere di Oukacha, a Casablanca. Si è concluso da poco il sit-in organizzato dall’associazione Ennassir in solidarietà con i detenuti islamici in sciopero della fame all’interno della prigione. In ventinove stanno portando avanti la protesta da 37 giorni, per opporsi ai trattamenti subiti all’interno del carcere e al progressivo peggioramento delle loro condizioni di detenzione. Tra loro c’è Kassim Britel, cittadino italiano vittima, tra le altre illegalità, delle extraordinary renditions operate dalla CIA. Il suo stato di salute si sta deteriorando inesorabilmente: dall’inizio della protesta ha già perso 5 chili, è debole e la stanchezza gli impedisce di lasciare la cella. Altri otto membri del gruppo, già provati dai patimenti subiti durante la lunga prigionia, versano in condizioni critiche.


Zahra libera dietro le sbarre

(Articolo pubblicato da Tel Quel, n. 403, 19-25 dicembre 2009)

Il processo in appello della “più giovane detenuta politica del Marocco” è previsto per il 23 dicembre. Zahra Boudkour è in prigione da 19 mesi per aver preso parte ad una manifestazione. Fisicamente provata, il suo stato d’animo resta più che mai combattivo.

Nella sua cella del carcere di Boulmahrez a Marrakech, Zahra attende l’arrivo della sera, il momento in cui i guardiani non passano più, le altre detenute abbassano il volume della televisione e i loro bambini smettono di piangere. E’ allora che Zahra si immerge, come può, nei suoi manuali di diritto. “Sto studiando il corso sui contratti – spiega – ho ricevuto il materiale da poco e in gennaio ci saranno gli esami”. Vuole diventare avvocato. Nel maggio 2008 frequentava il secondo anno all’Università Cadi Ayyad di Marrakech. Ma a ventuno anni la sua vita è precipitata.


domenica 27 dicembre 2009

Il silenzio che uccide

CASABLANCA - L’ingiustizia provoca sofferenza. Ma la sofferenza diventa ancora più grande, e perfino insopportabile, se l’ingiustizia è accompagnata dal silenzio e dall’indifferenza. A questo proposito, vorrei rivolgere una domanda ai miei concittadini e vorrei chiedere loro scusa in anticipo se, nel farlo, disturberò quel clima di “letizia” che, come d’incanto, sembra calare dal cielo durante questo “gioioso” periodo di feste. Quanti di voi hanno mai sentito parlare di Abu Elkassim Britel? Quanti di voi conoscono la storia di questo quarantenne di origine marocchina, divenuto cittadino italiano e poi abbandonato, o peggio scaricato, dallo Stato che lo aveva accolto? Pochi, immagino, e del resto anche io la ignoravo prima del mio arrivo in Marocco, circa tre mesi fa.


giovedì 24 dicembre 2009

Sbattere due volte contro lo stesso ostacolo

(Articolo pubblicato da Le Journal Hebdomadaire, n. 422, 19-25 dicembre 2009)

Il “caso Aminatou Haidar” rappresenta un passo in dietro nel progetto marocchino di promuovere l’autonomia nel Sahara.

Nel 1991 il simbolo dei prigionieri politici di tutta l’Africa, dopo la liberazione di Nelson Mandela, era Abraham Serfaty. Incluso nel Guinness dei “regimi repressori”, Hassan II era presentato al grande pubblico come un tiranno perverso. Era questa l’immagine che ne offriva il libro-denuncia di Gilles Perrault, Notre ami le Roi, un’opera scritta grazie alle ricerche condotte dalla moglie di Serfaty, Christine Daure. Il libro descrive, tra i tanti orrori, il calvario subito dai gruppi di sinistra finiti in carcere negli anni settanta per aver contestato la marocchinità del Sahara Occidentale e per aver difeso il diritto del suo popolo all’autodeterminazione. Questo gruppo, di cui Serfaty rimaneva l’ultimo testimone ancora in carcere, una volta fuori di prigione ha cambiato progressivamente guida e si è integrato nella vita politica ordinaria. La maggior parte dei suoi militanti aveva purgato le proprie colpe e, in alcuni casi, aveva rivolto una domanda di grazia reale, il ché implicava la ritrattazione della passata attività e il riconoscimento degli errori commessi. La detenzione a cui era ancora costretto Abraham Serfaty infastidiva sempre più Hassan II, che si sforzava di contrastare l’idea diffusa da Perrault. Il monarca, infatti, si era subito attivato per favorire la creazione di un Consiglio consultivo dei diritti dell’uomo, con l’obiettivo di migliorare l’immagine del regime. Ma i suoi sforzi risultavano vani fintanto che Serfaty rimaneva il più vecchio prigioniero politico del continente.


martedì 22 dicembre 2009

Aminatou Haidar: il ritorno a Laayoune

(Articolo pubblicato da Le Journal Hebdomadaire, n. 422, 19-25 dicembre 2009)

L’attivista saharaoui è rientrata a Laayoune nella notte tra il 17 e il 18 dicembre, grazie al coinvolgimento degli Stati Uniti nella vicenda. Un vero schiaffo per la diplomazia marocchina.

Dopo l’espulsione arbitraria verso Lanzarote avvenuta il 14 novembre scorso e uno sciopero della fame durato 32 giorni, l’attivista saharaoui ha vinto finalmente la sua battaglia. Nella notte tra il 17 e il 18 dicembre è rientrata a casa, a Laayoune, a bordo di un aereo, messo a disposizione dalla Spagna, equipaggiato delle attrezzature mediche necessarie, in compagnia della sorella Laila e di Martin de Guzman, direttore dell’ospedale di Lanzarote, dove l’attivista saharaoui era stata ricoverata in terapia intensiva il giorno precedente. All’uscita dall’ospedale, prima di salire a bordo dell’aereo, Aminatou Haidar ha dichiarato ai media presenti che il suo ritorno a Laayoune costituisce “un trionfo del diritto internazionale, dei diritti umani e della giustizia internazionale”.


lunedì 21 dicembre 2009

Benhachem: “io sono il servitore dei re alawiti”

(Articolo pubblicato da Le Journal Hebdomadaire, n. 421, 12-18 dicembre 2009)

Se non hai il minimo pudore puoi dire tutto, puoi fare di tutto. Se non devi rendere conto a nessuno, anche in questo caso, puoi dire tutto e puoi fare di tutto. Se godi di una totale impunità, ancora una volta, puoi permetterti tutto. Questo accade anche nel “più bel paese del mondo”, dove dei semplici responsabili amministrativi si comportano come dei despoti, come dei veri reucci. Prendiamo l’esempio più recente, quello del rimprovero sferzante che Hafid Benhachem, delegato generale dell’Amministrazione penitenziaria, ha rivolto all’indirizzo della presidente dell’AMDH Khadija Ryadi e del vice-presidente Abdelilah Benabdesslam.


Il primo carceriere del regno

(Articolo pubblicato da Tel Quel, n. 402, 12-18 dicembre 2009)

Hafid Benhachem. A 73 anni è al comando delle prigioni marocchine, che controlla utilizzando il pugno di ferro. I suoi metodi scandalizzano il mondo associativo ma confortano i sostenitori della pubblica sicurezza. Chi è veramente?


domenica 20 dicembre 2009

UE-Marocco. Uno statuto, quali progressi?

(Articolo pubblicato da Le Journal Hebdomadaire, n. 421, 12-18 dicembre 2009)

Agli impegni non mantenuti in materia di good governance, agli attacchi alla libertà di stampa e al diritto di libera espressione, si è aggiunta la vicenda Aminatou Haidar: l’Europa nutre forti timori sulla strada intrapresa dal Marocco e ci tiene a farlo presente. Le buone intenzioni non sono più sufficienti a far sì che lo “status di partner privilegiato” concesso dall’Europa, finora niente più di una semplice dichiarazione, si trasformi in un accordo concreto. Il Marocco deve passare dalle parole ai fatti.


sabato 19 dicembre 2009

“Mamfakinche”. Il Forum chiama in causa il Re

(Articolo pubblicato da Le Journal Hebdomadaire, n. 421, 12-18 dicembre 2009)

IER. Mohammed VI, sostenendo il rapporto conclusivo dell’Istanza di Equità e Riconciliazione, è chiamato ad applicare le raccomandazioni contenute nel rapporto stesso, ritenute indispensabili dai militanti dei diritti umani affinché la transizione democratica cominci veramente.


martedì 15 dicembre 2009

Se la repressione diventa persecuzione

In Tunisia continuano le violazioni dei diritti umani. Il giornalista Taoufiq Ben Brik, condannato a sei mesi di carcere e trasferito dalla prigione di Tunisi in  gran segreto, è il caso più eclatante. Sui dissidenti tunisini nelle ultime settimane si sta abbattendo una vera e propria persecuzione.


lunedì 7 dicembre 2009

Il discorso e il metodo

(Articolo pubblicato da Le Journal Hebdomadaire, n. 420, 5-11 dicembre 2009)

Lotta anti-terrorismo. Sparizioni, torture, violazioni della procedura penale: la gestione marocchina della lotta contro il terrorismo è ancora sotto accusa da parte delle associazioni locali e internazionali dei diritti dell’uomo.


Aminatou Haidar: crescono i toni

(Articolo pubblicato da Le Journal Hebdomadaire, n. 420, 5-11 dicembre 2009)


Diplomazia. La Spagna ha chiesto formalmente al Marocco di rilasciare un nuovo passaporto ad Aminatou Haidar, in sciopero della fame a Lanzarote. Il governo iberico ha sollecitato l’intervento dell’ONU per risolvere la situazione, secondo quanto dichiarato dal ministro degli Esteri spagnolo giovedì 3 dicembre.


sabato 5 dicembre 2009

L'esercito della salvezza

Secondo appuntamento con la rubrica Leggere il Mediterraneo.

Abdellah Taia, L’esercito della salvezza, ISBN Edizioni, 2009.

L’esercito della salvezza, più che un romanzo, è un viaggio di formazione in cui Taia si racconta senza pudori e censure, con uno stile semplice, diretto ed incisivo. L’infanzia dello scrittore marocchino è segnata dalla promiscuità vissuta all’interno delle mura domestiche. Nella piccola casa di Hay Salam, un quartiere popolare alla periferia di Salé, ci sono solo tre stanze: una per il padre, una per il fratello maggiore e una in cui lo stesso Abdellah dorme con la madre, il fratello più piccolo e le sei sorelle. Nulla sfugge dell’intimità familiare, né la vita amorosa dei genitori né i loro litigi, che spesso sfociano nella violenza.