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venerdì 29 luglio 2011

Melilla, la speranza oltre la “valla”

Storica enclave spagnola situata in territorio marocchino, Melilla può essere considerata – assieme alla gemella Ceuta – una delle principali vie di accesso all’Europa per i flussi migratori provenienti dall’Africa nera. La città autonoma (che a differenza delle altre autonomie iberiche non ha il potere di legiferare né un proprio tribunale) sorge lungo la costa mediterranea del regno, non troppo distante dal confine con l’Algeria. Ammassati nei boschi di Gourougou, sul promontorio che sovrasta il porto e la vecchia fortezza, o nascosti nella vicina Nador, decine di maliani, nigeriani, congolesi ma anche pakistani e bengalesi aspettano l’occasione giusta per varcare le temibili frontiere dello spazio Shengen. La crisi economica che sta mettendo in ginocchio parte dell’eldorado europeo non scoraggia gli animi di chi è in cerca di un futuro. Come non li scoraggiano le retate notturne della polizia spagnola o di quella marocchina.
Tuttavia, l’ingresso nell’enclave non garantisce ai migranti la realizzazione del piano e il passaggio ad una nuova vita. Con i suoi 70 mila abitanti e i circa 30 mila lavoratori transfrontalieri che ogni giorno varcano il confine del territorio maghrebino, Melilla si è infatti trasformata in una barriera di contenimento più che in uno spazio di accoglienza o meglio ancora di transito verso la penisola. Solo una minima parte delle centinaia di sin papeles (oltretutto senza diritti né la possibilità di un impiego) che popolano la città riesce ad imbarcarsi nelle navi dirette ad Algeciras, le regolarizzazioni avvengono con il contagocce, mentre chi sfugge all’espulsione o al rimpatrio forzoso resta nel limbo di Cañada fatto di cartoni, baracche di fortuna e lavoretti saltuari (lavavetri, parcheggiatori..) o nel perimetro del CETI (Centro de Estancia Temporal de Inmigrantes).
Costruito nel 1998, il centro di permanenza temporanea voleva essere una risposta, oltre al rafforzamento del reticolato di frontiera, la valla, alla prima grande emergenza immigrazione vissuta nell’enclave ad inizio degli anni novanta, quando arrivarono a Melilla centinaia di profughi subsahariani. Da allora il controllo dei nove chilometri di recinzione, che “custodiscono” una superficie di appena 12 chilometri quadrati, si è fatto sempre più serrato, sia da parte della Guardia Civil che della Gendarmerie.

(Credit foto: Jacopo Granci)


lunedì 25 luglio 2011

“Non dimenticatevi di Ilham”

“Non dimenticatevi di Ilham”, è l’appello lanciato da Taib Hasnouni, padre della giovane studentessa marocchina rinchiusa nel carcere di Marrakech lo scorso ottobre. “Mia figlia ha perso molto peso, ho avuto difficoltà a riconoscerla. Le sue condizioni di detenzione, specie nelle ultime settimane, sono particolarmente dure. Si rifiutano di procurargli libri e giornali, non ha più nulla per poter scrivere”, ricordava Taib, qualche giorno fa, a Lakome.

Chi è Ilham Hasnouni? Iscritta all’università Cadi Ayyad di Marrakech e militante di Annahj Addimocrati (“La via democratica”, formazione di ispirazione marxista che conta tra i suoi sostenitori numerosi studenti universitari, ndt), Ilham è un’attivista dell’UNEM (l’Unione nazionale degli studenti marocchini). Considerata la più giovane detenuta politica del Marocco (21 anni), Ilham Hasnouni è stata arrestata nella sua abitazione di Essaouira il 12 ottobre 2010 da cinque agenti in borghese, sprovvisti di mandato e in totale violazione dei diritti e delle garanzie detentive presenti già al tempo nel Codice di procedura penale ed oggi consacrati nella nuova costituzione. Trasferita a Marrakech, viene torturata per 48 ore nei sotterranei del commissariato di Place Jamaa al Fna, senza la possibilità di bere né mangiare, fino alla perdita dei sensi. Da allora è rinchiusa nella prigione di Boulmharez, nella sezione riservata ai detenuti di diritto comune. La sua colpa è “l’aver reclamato quelli che sotto altri cieli sarebbero considerati dei diritti fondamentali, come l’accesso gratuito ad un sistema di istruzione di qualità”, ricorda un comunicato pubblicato sulla pagina del gruppo Facebook “Liberiamo Ilham Hasnouni”. I capi di imputazione a carico di Ilham sono almeno una ventina, tra cui “distruzione di beni pubblici, partecipazione ad un raduno non organizzato, utilizzo della forza contro un funzionario di polizia e costituzione di banda armata”. Per il giudice d’istruzione, infatti, la giovane militante sarebbe legata ai disordini scoppiati nel campus universitario della “città rossa” il 14 maggio 2008, quando la polizia è intervenuta in modo violento per mettere fine alle mobilitazioni indette dall’UNEM. “Contro di lei c’è solo la parola di un agente”, ribatte tuttavia l’avvocato di Ilham, che considera l’innocenza della sua cliente fuori discussione. A seguito di quegli eventi, un primo gruppo di basistes (studenti marxisti) – il “gruppo Boudkour” – era stato condannato in modo fin troppo sbrigativo (la maggior parte dei suoi membri hanno finito di scontare la pena) dal tribunale di Marrakech. Anche in quel caso, per le ong locali e internazionali, si era trattato di un processo di natura politica, viziato dalle più flagranti violazioni dei diritti umani fondamentali. A quanto sembra la storia non tarda a ripetersi.
Dopo dieci mesi di carcere e maltrattamenti, Ilham aspetta ancora l’inizio del suo iter giudiziario. La prima udienza ha già subito quattro rinvii (la prossima seduta è prevista per domani, 26 luglio ndr), mentre la difesa si è vista negare la possibilità di presentare testimoni a discarico dell’imputata.

Ilham Hasnouni

Di seguito un articolo scritto dalla giornalista Zineb El Rhazoui (ex Journal Hebdomadaire) lo scorso dicembre, che ripercorre nel dettaglio la storia di Ilham Hasnouni.


venerdì 22 luglio 2011

Le Courrier International censurato in Marocco

Nei giorni scorsi le autorità marocchine hanno vietato la distribuzione del settimanale francese Le Courrier International (padre spirituale e modello del nostro Internazionale) all’interno dei confini del regno a causa di una vignetta giudicata “offensiva”. Nel numero 1080 (13-20 luglio 2011) della rivista, assieme all’articolo “L’envers d’un plébiscite royal” – l’editoriale pubblicato dal direttore di Tel Quel Karim Boukhari l’indomani del referendum – c’era un disegno del celebre caricaturista algerino Dilem. Il re Mohammed VI è pronto a spartire il potere con il suo primo ministro, il titolo della caricatura. In primo piano il sovrano, mentre fuma uno spinello, accanto al premier Abbas Al Fassi che incalza: “fallo girare!”.


mercoledì 20 luglio 2011

Khalid al referendum

Continua la collaborazione tra il caricaturista Khalid Gueddar e (r)umori dal Mediterraneo. Khalid "le mediavore", bandito dai media marocchini “ufficiali” dopo il processo ad Akhbar Al Youm e la chiusura del Journal Hebdomadaire, resta in prima linea nella battaglia per la libertà di espressione (secondo la graduatoria stilata da Reporters sans frontieres il Marocco è al 127° posto). Oltre al blog khalidcartoons, negli ultimi mesi alcuni suoi disegni sono apparsi nei giornali on-line Lakome e Demain.


Un oppositore entra nel seggio per votare “no” (la, in arabo) alla nuova costituzione, ma nell’urna elettorale – da cui una mano fa capolino per deriderlo – possono essere inseriti solamente i “sì” (naam).

[Risultato: plebiscito in salsa marocchina al 98,5%]

sabato 16 luglio 2011

“L’amazigh non è solo una lingua, ma un sistema di valori laici e democratici”

In Marocco il movimento berbero prende atto degli avanzamenti offerti dalla nuova costituzione, tra cui il riconoscimento ufficiale del tamazight, ma non abbandona il fronte delle contestazioni.

Tangeri, 3 luglio 2011

giovedì 7 luglio 2011

Marocco: “plebiscito” per la nuova costituzione, ma le proteste non si fermano

RABAT - Domenica 3 luglio il Movimento 20 febbraio ha scandito ad alta voce il suo “no” ad una “costituzione illegale e illegittima” imposta dal Palazzo reale e all’ennesima “farsa elettorale”. Migliaia di persone si sono riversate nelle strade della capitale e in numerose altre città del paese per chiedere, come da quattro mesi a questa parte, un “vero cambiamento” ed un sovrano che “regna ma non governa”. Prerogative che non sono garantite dalla nuova carta, approvata tramite referendum solo due giorni prima. Le proteste dei giovani dissidenti sembrano aver ripreso forza e vitalità dopo la violenta repressione subita a fine maggio (un attivista è morto a Safi a causa dei colpi inferti dai poliziotti) e le aggressioni perpetrate dai “supporters del re” (ribattezzati dalla piazza baltajia, “delinquenti”) durante la campagna elettorale.

La nuova costituzione vista da Khalid Gueddar