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domenica 20 dicembre 2009

UE-Marocco. Uno statuto, quali progressi?

(Articolo pubblicato da Le Journal Hebdomadaire, n. 421, 12-18 dicembre 2009)

Agli impegni non mantenuti in materia di good governance, agli attacchi alla libertà di stampa e al diritto di libera espressione, si è aggiunta la vicenda Aminatou Haidar: l’Europa nutre forti timori sulla strada intrapresa dal Marocco e ci tiene a farlo presente. Le buone intenzioni non sono più sufficienti a far sì che lo “status di partner privilegiato” concesso dall’Europa, finora niente più di una semplice dichiarazione, si trasformi in un accordo concreto. Il Marocco deve passare dalle parole ai fatti.



L’espulsione arbitraria di Aminatou Haidar ed il rifiuto categorico delle autorità marocchine di lasciarla rientrare a Laayoune ha inasprito le tensioni già esistenti tra l’Europa ed il Marocco. Giovedì 10 dicembre, qualche ora dopo la conclusione del summit dei Capi di Stato e di governo europei a Bruxelles, la Presidenza dell’UE ha ufficialmente chiesto a Rabat di rispettare i suoi “obblighi internazionali relativi ai diritti dell’uomo” e di “cooperare” con Madrid per arrivare ad una “soluzione positiva” nella vicenda della militante saharaoui. Regolarmente descritto come il Paese “più avanzato” della regione in materia di good governance e nel rispetto dei diritti dell’uomo, il Marocco ha ricevuto nelle ultime settimane numerosi segnali di condanna, volti a denunciare il mancato rispetto degli impegni sottoscritti. I discorsi pronunciati dalle autorità marocchine sarebbero fin troppo distanti dalla realtà presente nel Paese.
Un anno dopo l’avvio ufficiale delle trattative, che hanno concesso al Regno alawita lo “status di partner privilegiato”, il Marocco sta negoziando con l’UE per definire meglio il nuovo statuto e per fissare obiettivi concreti che riflettano gli interessi di entrambe le parti. “Abbiamo siglato un accordo che concede al Marocco lo statuto avanzato, ora bisogna dar seguito ai nostri impegni, tanto dal lato europeo quanto dal lato marocchino”, afferma senza giri di parole Eneko Landaburu, il nuovo capo della delegazione europea a Rabat, entrato in carica lo scorso ottobre.
Che cosa si attendono gli Europei dal rafforzamento delle relazioni con il Marocco? La posizione geografica del Regno ne fa un partner strategico nelle questioni di immigrazione, terrorismo, estremismo islamico e lotta al traffico di droga. L’obiettivo della politica europea di buon vicinato è chiaro: assicurare lo sviluppo e la stabilità dei paesi vicini al fine di proteggere la stessa Unione. Quanto all’avvicinamento politico voluto da Mohammed VI, invece, i nostri vicini sono molto più cauti. Martedì 1° dicembre è stata organizzata una seduta pubblica alla Commissione Esteri del Parlamento europeo per fare il punto sull’anno appena trascorso.
Eneko Landaburu, in qualità di rappresentante dell’UE, Youssef Amrani, segretario generale del Ministero degli Esteri marocchino, e Ivan Martin, direttore di ricerca all’Istituto Complutense di Studi Internazionali, si sono presentati di fronte agli euro-parlamentari per esporre la loro visione del progetto di avvicinamento tra l’UE ed il Marocco e per rispondere alle domande dell’assemblea. L’incontro è durato un’ora e mezza. Secondo Eneko Landaburu, “gli impegni che il Marocco ha sottoscritto nel quadro dei nuovi accordi devono essere recepiti rapidamente nella legislazione nazionale. Il Marocco vuole raggiungere il Consiglio d’Europa e seguire le sue politiche. Il Consiglio d’Europa ha contribuito in maniera ingente all’edificazione dell’Unione, e il Regno alawita ha manifestato un chiaro impegno ad integrare soggetti chiave, come il rispetto dei diritti umani, nella sua agenda politica”.
Tuttavia, viste le domande rivolte dagli euro-deputati all’indirizzo dei tre relatori alla fine della loro esposizione, proprio la tematica dei diritti umani sembra sollevare ancora notevoli preoccupazioni. “Non siamo contro lo status di partner privilegiato che l’UE ha concesso al Marocco – spiega l’euro-deputato greco Charalampos Angourakis – “ma ci sono ancora troppi problemi legati al rispetto dei diritti umani, sia all’interno del Paese maghrebino sia nelle sue relazioni esterne, specie se prendiamo in esame quello che sta accadendo nel Sahara Occidentale”. L’euro-deputata francese Kiil-Nielsen continua sulla stessa linea: “un negoziato volto a rafforzare i legami tra l’UE ed il Marocco non può essere considerato un dibattito serio, se prima non viene presa in esame la questione dei diritti umani”. Allo scetticismo degli euro-deputati Youssef Amrani ha replicato ribadendo la posizione ufficiale delle autorità marocchine: “Il nostro cammino democratico è irreversibile. Stiamo costruendo un sistema democratico forte, che riflette il volere della società, dei partiti politici e il desiderio del re. Lavoriamo quotidianamente per arrivare a riforme profonde che consolidino definitivamente i valori democratici”. Ma al momento di rispondere ad una domanda in merito al conflitto nel Sahara Occidentale e ai sette attivisti saharaoui attualmente detenuti nel carcere di Salé, Amrani stenta a conservare il suo sangue freddo e lancia accuse all’Algeria: “Non era mia intenzione toccare questa tematica, dal momento che siamo chiamati a discutere sulle relazioni UE-Marocco. Ma mi avete chiesto di entrare nella questione. Quindi, prima di tutto, lasciatemi dire che sul piano dei diritti umani e della trasformazione democratica il Marocco è del tutto privo di complessi. E’ il solo Stato della regione ad avere un sotto-comitato per i diritti umani con l’UE. Per quanto riguarda la vicenda del Sahara marocchino, invece, i diritti umani c’entrano ben poco. Quando l’inviato speciale delle Nazioni Unite ha cercato di avviare un secondo round di discussioni informali, la controparte ha fatto di tutto pur di silurare i negoziati di Manhasset, in cui noi tutti siamo coinvolti. […] Nessuno in quest’aula si domanda perché il ministro algerino, quando gli è stato domandato di recente che cosa facessero i Saharaoui a Tindouf, si è rifiutato di rispondere! E’ laggiù che dovete cercare i problemi relativi ai diritti umani, non nel Sahara marocchino!”.

Per prima cosa i diritti umani
La posizione espressa dalla diplomazia marocchina inviata in Spagna (Biadillah, Radi, Baraka, Mansouri) ricalca la linea presentata da Amrani in sede europea: il Marocco è “vittima” di “nemici dell’integrità territoriale” che cercano di destabilizzare il regno con un piano “diabolico”. “Strumentalizzando” Aminatou Haidar, quest’ultimi cercano poi di “intaccare” le eccellenti relazioni ispano-marocchine.
E’ in questo contesto che lunedì 7 dicembre si è svolta a Bruxelles la ottava sessione del Consiglio di associazione UE-Marocco. Una riunione ministeriale prevista da tempo, per esaminare lo stato delle relazioni tra l’Europa ed il Regno alawita, ma anche per decidere la via da seguire nel partenariato. Particolarmente attese erano le posizioni dell’UE riguardo ad Aminatou Haidar e ai numerosi attacchi ai diritti dell’uomo registrati in Marocco negli ultimi mesi. Ma al Consiglio non era presente nessun ministro europeo degli Affari Esteri, poiché nello stesso giorno, a Bruxelles, erano in programma altre due riunioni ministeriali. Taieb Fassi Firhi si è dunque ritrovato al fianco di Frank Belfrage, semplice direttore di gabinetto del Ministero degli Esteri svedese (a capo della delegazione UE in qualità di rappresentante della presidenza europea), del commissario europeo Benita Ferrero Waldner e di un rappresentante della futura presidenza spagnola. Approfittando della circostanza favorevole, Taieb Fassi Fihri ha chiamato in soccorso un alleato francese, il segretario di Stato agli Affari Europei Pierre Lellouche, che non ha mancato di elogiare il Marocco al momento del suo intervento. Durante il dibattito, Fassi Fihri si è trovato di fronte degli interlocutori per nulla decisi ad ottenere risposte chiare e precise. Interrogato su alcune delle recenti violazioni dei diritti umani commesse dal Marocco, il ministro è riuscito a nascondersi dietro l’alibi della “difesa ad ogni costo dei fondamenti della nazione: la monarchia, l’islam e l’integrità territoriale”. Una risposta fin troppo evasiva, che tuttavia non ha suscitato nessuna vera reazione nella controparte.
Le dichiarazioni rilasciate al termine della riunione riflettono la complessità dei rapporti di forza all’interno delle istituzioni europee. Il commissario Ferrero-Waldner, parlando a nome dell’UE, ha dichiarato di essere preoccupata per lo stato di salute di Aminatou Haidar, ed ha invitato la Spagna ed il Marocco a trovare una soluzione “politica o umanitaria”. Ha poi escluso un intervento diretto dell’UE nella vicenda, definendola una “questione bilaterale” tra la Spagna e il Marocco. Frank Belfrage ha espresso “l’inquietudine” dei 27 riguardo alla “drammatica situazione” dell’attivista saharaoui. In un comunicato pubblicato al termine del consiglio, la presidenza svedese ha precisato che, al momento della riunione, “l’UE ha sottolineato l’importanza del rispetto dei diritti umani e del lavoro di riforma nel cammino verso la democrazia. L’Unione sostiene gli sforzi compiuti dall’inviato speciale delle Nazioni Unite per il Sahara Occidentale ed esprime la speranza di un rapido epilogo nella vicenda Aminatou Haidar”. Il Segretario di Stato francese Pierre Lallouche non ha rilasciato dichiarazioni in merito.

L’importanza della libertà di espressione
La sintesi ufficiale presentata dall’esecutivo europeo al termine del consiglio di associazione, nonostante tutto, indirizza al Marocco un messaggio forte. L’UE “riconosce che le riforme condotte negli ultimi anni hanno permesso di consolidare il rispetto dei diritti umani e di estendere il campo delle libertà individuali” (articolo 20 del nuovo accordo di associazione). La stessa Unione, però, tiene ugualmente conto delle numerose proteste e rivendicazioni avanzate dalle associazioni e dagli attori marocchini, spesso marginalizzati dal regime, che militano per il raggiungimento di un vero Stato di diritto. L’UE stima così che “la consegna, annunciata già da diversi anni, di dichiarazioni formali presso la Segreteria dell’ONU, in merito all’eliminazione di alcune riserve mantenute fino ad ora nelle Convenzioni internazionali e in merito all’adesione ad alcuni Protocolli facoltativi, costituirebbero dei progressi significativi” (art. 20). Il riconoscimento ufficiale dell’uguaglianza tra uomo e donna, lo sradicamento della tortura e delle sparizioni forzate sono direttamente legate all’eliminazione di tali riserve o all’adesione ai protocolli facoltativi.
Ma l’elemento centrale del nuovo accordo resta l’articolo 21, in cui l’UE chiede che “tutte le raccomandazioni dell’Istanza di Equità e Riconciliazione” siano messe in opera. Se questa stessa frase era già presente nel comunicato seguito alla prima riunione UE/Marocco tenutasi un anno fa, questa volta i redattori l’hanno riproposta in caratteri maiuscoli. Senza dubbio sanno che dopo il clamore mediatico seguito alla creazione dell’IER e al pagamento, grazie ai soldi dei contribuenti marocchini, delle indennità alle vittime degli anni di piombo, il regime non ha più fatto nulla di concreto per applicare le raccomandazioni redatte dall’Istanza. E non senza ragione. Tra queste raccomandazioni figura la necessità di una riforma costituzionale. In altri termini, l’Europa ribadisce ancora una volta al Marocco: “le vostre istituzioni politiche non sono democratiche. Se volete che le nostre relazioni si approfondiscano, dovete attuare delle riforme”. Quattro anni dopo la loro formulazione ufficiale, l’AMDH denuncia ancora la mancata applicazione delle raccomandazioni più importanti.
I recenti attacchi del regime contro la stampa indipendente, che hanno raccolto un interesse marginale all’estero, sono anch’essi alla base dell’articolo 21. “L’UE ricorda l’importanza attribuita al consolidamento della libertà di espressione e alla protezione delle fonti di informazione. L’UE ricorda inoltre l’importanza accordata ad una libertà di stampa che sia garantita dalla legislazione nazionale e che si inscriva nel quadro generale della protezione della libertà di espressione, diritto fondamentale consacrato dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. In questo contesto, l’UE sollecita l’adozione di un nuovo Codice della stampa, che sia in conformità con le norme internazionali in materia, e che non preveda più alcuna pena detentiva per i giornalisti. L’UE invita poi il Marocco a salvaguardare la libertà di associazione e di riunione e a proteggere gli attivisti per i diritti dell’uomo, specie nel territorio del Sahara Occidentale. Invita le forze dell’ordine a dar prova di ritegno nel ricorso all’utilizzo della forza. L’UE apprezza il mantenimento della moratoria sulla pena di morte ed incoraggia il Marocco a compiere un passo decisivo nell’abolizione della pena capitale”. In merito al Sahara, l’articolo 29 indica che “l’UE resta preoccupata dal conflitto nel Sahara Occidentale e dalle conseguenze da questo provocate sul piano regionale. Sostiene pienamente gli sforzi del Segretario generale dell’ONU e del suo inviato personale, nel tentativo di giungere ad una soluzione politica giusta, durevole e mutualmente accettabile, che permetterà l’autodeterminazione del popolo saharaoui, come disposto dalle risoluzioni delle Nazioni Unite”. L’UE esprime infine “il suo interesse all’avanzamento nel rispetto dei diritti umani nel Sahara Occidentale, ricordando gli obblighi che spettano a ciascuna delle parti in causa”.
Martedì 8 dicembre a Ginevra, l’Istituto del Cairo, che si occupa del monitoraggio dei diritti umani nella regione, ha reso pubblico il suo “Rapporto sullo stato generale dei diritti dell’uomo nel mondo arabo. Sebbene il Marocco faccia prova di una relativa tolleranza nei confronti dei difensori dei diritti umani” – secondo lo studio – “le organizzazioni e i militanti saharaoui restano il bersaglio di arresti, torture e processi iniqui”.

Una decisione storica
In Spagna i partiti politici hanno assunto una unanime posizione di condanna verso l’attitudine del regime marocchino sulla vicenda Haidar. L’euro-deputato Willy Meyer, responsabile delle relazioni esterne del partito Izquierda Unida, si è rivolto all’UE, chiedendo che l’accordo di associazione con il Marocco venga immediatamente sospeso. “Il caso di Aminatou Haidar dimostra ancora una volta come il Marocco continui a violare l’articolo 2 dell’accordo, consacrato espressamente al rispetto dei diritti umani”, spiega in un comunicato.
Questa “clausola dei diritti dell’uomo”, inserita in ogni trattato firmato dall’Unione Europea, permette a ciascuno dei contraenti di sospendere l’accordo in questione, se la controparte si rende colpevole di gravi violazioni dei diritti umani. Il Parlamento europeo l’ha invocata recentemente per chiedere la sospensione dell’accordo UE-Israele, in seguito ai massacri perpetrati dall’esercito israeliano a Gaza.
Nel 1992 sono stati gli euro-deputati a bloccare una prima volta l’accordo tra l’UE e il Marocco, rifiutandosi di approvare il rinnovo dei protocolli finanziari. Una forma di protesta contro le violazioni commesse dal regime di Hassan II. La situazione è stata poi ristabilita qualche mese più tardi e il Marocco, appoggiato dal suo alleato francese, si è visto proporre un nuovo accordo per l’instaurazione di un’area di libero scambio. Ma secondo numerosi osservatori, questa decisione storica del Parlamento europeo, considerata come un vero “schiaffo per Hassan II, ha di certo avuto il suo peso nell’avvio del processo di democratizzazione”.
Nella sottile ripartizione dei poteri all’interno delle istituzioni europee, il Parlamento ricopre un ruolo crescente. “E’ una cassa di risonanza enorme, in grado di mobilitare l’opinione pubblica”, spiega Catherine Schneider, direttrice del Centro di Studi sulla Sicurezza internazionale e le Cooperazioni europee (Università di Grenoble). Se il Marocco rischia di subire l’ostracismo del Parlamento europeo, dal momento che le voci critiche all’indirizzo del suo governo partono proprio da questa istituzione, l’esecutivo europeo resta il vero padrone dei giochi nella definizione della politica estera dell’UE. Composto dai membri del Consiglio e della Commissione, le sue posizioni sono determinate essenzialmente dal calcolo politico e riflettono gli interessi difesi dai paesi-membri più forti, o da quelli maggiormente coinvolti. Nel caso del Marocco le vecchie potenze coloniali, vale a dire Francia e Spagna, restano i due principali partner commerciali del regno. “L’obiettivo dell’UE, che consiste nell’incentivare il consolidamento dei diritti dell’uomo, è reale. Ma quando le misure a difesa di tali diritti rimettono in causa gli interessi dei paesi-membri, specie quelli economici, allora torna a prevalere la ragione di Stato”, analizza la signora Schneider.

Amnesty chiama in causa Rabat
Negli ultimi anni le strutture appositamente create, per favorire il dialogo in merito al rispetto dei diritti dell’uomo, hanno permesso in più di un’occasione di evitare la sospensione degli accordi. Nel quadro della politica europea di buon vicinato viene ormai posto l’accento sul sistema della “costrizione positiva”, piuttosto che sulla minaccia di un intervento radicale (quale per esempio la sospensione di un accordo, ndt).
Ad ogni modo, gli euro-deputati continuano ad utilizzare tutti i mezzi a loro disposizione per esercitare una sorta di pressione sui paesi terzi che continuano a violare le libertà pubbliche o individuali. Nel caso di Aminatou Haidar, viene ipotizzato un intervento nella seduta plenaria in programma la prossima settimana. “Tutto dipenderà dagli sviluppi della vicenda”, spiega l’euro-deputato portoghese Joao Ferreira.
In un comunicato pubblicato mercoledì 9 dicembre, Amnesty International reclama “il ritorno immediato e senza condizioni” dell’attivista saharaoui e annuncia di aver inviato al Primo ministro marocchino Abbas El Fassi 48 mila firme a sostegno dell’appello lanciato dall’organizzazione. L’ONG richiama infine l’attenzione delle autorità sul “preoccupante stato di salute” di Driss Chahtane, il direttore del giornale Al Michaal detenuto da due mesi nel carcere di Salé, “attualmente soggetto ad un trattamento punitivo che lo costringe in regime di isolamento”.

Christophe Guguen

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