La
risoluzione approvata giovedì scorso dal Consiglio ONU conferma il mandato della
Missione per l'organizzazione del referendum in Sahara Occidentale, che vigila
sul cessate il fuoco tra Rabat e il Fronte Polisario, ma non estende le sue
competenze in materia di controllo delle violazioni e rispetto dei diritti. Al
contrario di quanto era stato ipotizzato
alla vigilia nel Palazzo di vetro.
(Foto by Christian Tasso) |
A
nulla sono valse le richieste di ong prestigiose come Human Rights Watch e la Fondazione
Robert Kennedy, o il rapporto
presentato da Juan Mendez - incaricato ONU
sulla tortura - che denunciano gli abusi e i maltrattamenti commessi dalle
forze marocchine sulla popolazione saharawi (specialmente sugli attivisti
pro-indipendenza) a Laayoune, Smara e Dakhla.
La
diplomazia statunitense, inizialmente schierata a favore di un'estensione del
mandato dei caschi blu, ha fatto marcia indietro e il testo
votato dal Consiglio non è andato oltre la generica richiesta di attuare
"misure indipendenti e credibili che garantiscano il pieno rispetto dei
diritti umani", a Tindouf come in Sahara Occidentale. L'ennesimo invito
destinato a cadere nel vuoto.
Campo di rifugiati saharawi a Tindouf, territorio algerino. (Foto by Christian Tasso) |
Il
Marocco, che controlla la gran parte del territorio conteso dalla metà degli anni
settanta e non è disposto a mettere in discussione la 'marocchinità' delle
'province del sud', era insorto contro la prospettiva di un'estensione del
mandato, definita "un attacco alla sovranità nazionale". La
risoluzione approvata giovedì scorso è stata accolta come una vittoria.
Diversa
l'interpretazione
data dal giornalista spagnolo - esperto conoscitore del dossier - Ignacio
Cembrero. "Il Marocco, sostenendo argomentazioni fragili, ha perso
un'occasione d'oro per guadagnare punti", scrive nel suo blog, per
dimostrare collaborazione e offrire credibilità sul piano internazionale. Tanto
più che "gli occidentali sono in fondo favorevoli alla soluzione di un
Sahara marocchino […] e non hanno interesse a destabilizzare la monarchia
alawita. […] preferiscono che questo grande territorio sia controllato da Rabat
piuttosto che da uno stato debole come i vicini del Sahel". Ma non a
queste condizioni.
Intanto
a Laayoune parte della popolazione saharawi è scesa in strada, ieri, per manifestare
contro l'esito dei negoziati conclusi al Palazzo di vetro. Come da copione,
la polizia è subito intervenuta in modo violento per sedare le proteste dei
'nemici della patria'.
Grazie a Christian Tasso per la gentile collaborazione
(Articolo pubblicato su Osservatorio Iraq Medioriente e Nordafrica)
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