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sabato 18 febbraio 2012

Marocco e sacralità monarchica

Mentre la "primavera araba" continua ad infiammare l'area mediorientale, dalla Siria al Bahrein passando per l'Egitto, nel regno alawita - ad un anno dall'inizio della contestazione - condividere su facebook una caricatura irriverente del sovrano Mohammed VI è ancora considerato un crimine di lesa maestà. E' quanto ci insegna la vicenda di Walid Bahomane, diciottenne originario della città di Salé, condannato ad un anno di carcere e mille euro di multa per "attacco ai valori sacri della nazione".

La caricatura incriminata disegnata da Glez per Le monde


La riforma della costituzione approvata nel luglio del 2011 sull'onda delle manifestazioni pro-democratiche promosse nel paese dal movimento 20 febbraio ha espunto dal testo il vecchio articolo 23 che sanciva la sacralità della figura del monarca. Un retaggio del sistema di legittimazione arcaica e tradizionale - come il baciamano e il giuramento di fedeltà rituale imposto alle alte cariche - di cui la dinastia alawita si è servita nei decenni post-indipendenza per consolidare il suo potere sul nuovo Stato in costruzione.
Tuttavia, la promessa di una nuova gouvernance "moderna e democratica" che ha accompagnato la modifica della carta fondamentale (la sesta dal 1962) - rifiutata dai dissidenti e dalle organizzazioni a sostegno del movimento - sembra essere rimasta lettera morta. Dopo il caso L'haqed e la repressione di Taza, nuovi episodi confermano l'atteggiamento "intimidatorio" assunto negli ultimi mesi dalle autorità per frenare lo slancio di una generazione che sta cercando di liberarsi dal giogo della paura e della sottomissione.
E a tornare di attualità è proprio il dibattito sulla "ex" sacralità del sovrano, un attributo scomparso dalla costituzione ma ancora presente, seppur con diversa formulazione, nel codice penale (e della stampa). Giovedì 16 febbraio, dopo un processo sbrigativo e di dubbia regolarità, il giovane Walid Bahomane è stato giudicato colpevole di "attacco ai valori sacri della nazione" - ossia al monarca - per aver condiviso su facebook alcune immagini satiriche di Mohammed VI, tra cui una caricatura pubblicata dal sito di Le monde (in foto). Un anno di carcere e 10 mila dirham (circa mille euro) di multa è il prezzo con cui pagherà la sua irriverenza.
Pochi giorni prima il ventiquattrenne Abdsesamad Haydour è stato condannato a tre anni di reclusione dal tribunale di Taza per aver proferito "propositi diffamatori all'indirizzo di un simbolo dello Stato". Abdessamad era stato filmato nel corso di una manifestazione mentre pronunciava una dura invettiva nei confronti del sovrano. All'arresto immediato era seguita un'udienza speditiva in cui l'imputato non ha nemmeno avuto il diritto all'assistenza di un avvocato d'ufficio, come riportato da un comunicato di denuncia dell'AMDH (Associazione marocchina per i diritti umani).
Alcuni militanti del "20 febbraio" hanno subito avviato una campagna di protesta e di sensibilizzazione sotto lo slogan "Mohammed VI, ma liberté est plus sacrée que toi".
L'accanimento del regime contro i "profanatori" della monarchia non è una novità nel paese, e forse è questa la constatazione più grave per gli attivisti marocchini. Dopo i casi L'haqed, Bahomane e Haydour, nulla infatti sembra essere cambiato da quando il giovane ingegnere Fouad Mourtada è stato condannato (2008) a tre anni di prigione per aver "piratato" l'identità del principe Moulay Rachid su facebook, o quando il caricaturista Khalid Gueddar è stato bandito dalla stampa nazionale (2009) per aver disegnato alcune vignette "derisorie" del monarca (Le courrier international, Bakchich.info) e del principe Moulay Ismail (Akhbar al-Youm).
Costituzione o meno, dunque, la "primavera marocchina" non sembra ancora riuscita ad intaccare la sacralità della famiglia reale, né tantomeno il suo potere in campo politico ed economico. Di certo però le voci critiche che mettono apertamente in discussione Mohammed VI, "rappresentante supremo della nazione" e "re dei poveri" con il più alto stipendio annuo tra le monarchie del pianeta (254 milioni di euro versati dalle casse statali) e un patrimonio personale che supera quello dell'emiro del Qatar, si moltiplicano con il passare del tempo. Per il movimento 20 febbraio - che proprio in questi giorni si appresta a celebrare il suo primo anniversario - la battaglia per il cambiamento è ancora solo agli inizi.


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