La pressione del Movimento 20 febbraio continua. Dopo le manifestazioni e i sit-in del 3 aprile (10 mila persone hanno sfilato per le strade di Casablanca e Marrakech) è in programma una nuova giornata di mobilitazione nazionale per domenica 24 dello stesso mese. Intanto il regime marocchino corre ai ripari per arginare la protesta aprendo a nuove concessioni.
Dopo l’annuncio di una imminente revisione della costituzione (discorso pronunciato da Mohammed VI il 9 marzo scorso), giovedì 14 aprile il sovrano ha concesso la grazia a centonovanta detenuti politici e di opinione, in risposta al memorandum inviato a Palazzo dal neo nato Consiglio nazionale dei diritti umani (CNDH, un organo governativo a carattere consultivo creato dal monarca pochi giorni dopo la grande mobilitazione del 20 febbraio). Questo il comunicato diffuso dalla Map (l’agenzia stampa marocchina) pochi minuti dopo la firma del decreto reale. Tuttavia il presidente del CNDH, Driss El Yazami, sembra ignorare i dettagli di un provvedimento che lui stesso avrebbe sollecitato: “non abbiamo le liste delle persone scarcerate, né conosciamo i criteri della loro scarcerazione. Sono informazioni a cui ancora non abbiamo accesso”. Come dire, “il dossier è stato gestito dal re, che ha deciso i modi e i tempi dell’azione, noi compariamo solo d’ufficio”. Del resto sarebbe impensabile che il CNDH sia riuscito in un solo mese di esistenza a raggiungere simili risultati, mentre gli appelli delle ong per i diritti umani, che si battono da anni per lo stesso obiettivo, non sono mai stati presi in considerazione dalle autorità. “Il sovrano continua nella sua ambigua strategia di apertura politica. Nella stessa settimana libera duecento prigionieri e fa condannare venti giovani a Marrakech per le manifestazioni del 20 febbraio”, è il commento lucido del giornalista indipendente Aziz El Yaakoubi.
Nonostante le scarse informazioni rese pubbliche, è possibile tracciare un primo quadro dei prigionieri che hanno beneficiato dell’amnistia reale. Secondo il quotidiano francese Le Monde, “solo 96 dei 190 graziati potranno uscire di prigione nell’immediato”, la maggior parte dei quali era ormai prossima all’estinzione della condanna. El Pais parla invece di “148 prigionieri rilasciati, oltre a 42 che hanno beneficiato della riduzione della pena”. Il gruppo più consistente è composto dai detenuti della salafiyya, gli “islamisti” finiti in carcere dopo gli attentati di Casablanca (16 maggio 2003) con l’accusa di terrorismo (ne restano in cella circa un migliaio). I maltrattamenti durante gli arresti e i processi sommari con cui sono stati condannati a pene decennali erano stati più volte denunciati da Human Rights Watch e dalla Federazione internazionale per i diritti umani. Tra i primi a lasciare la prigione, giovedì sera, il cittadino italiano Kassim Britel, condannato a nove anni dal tribunale d’appello di Rabat dopo quattro mesi di torture e di detenzione segreta e illegale nell’oscuro centro di Temara (la “Guantanamo marocchina”).
Rabat. Alcuni detenuti festeggiano la liberazione |
Oltre ai membri della salafiyya, sono già tornati in libertà anche i cinque detenuti del “gruppo Belliraj” (responsabili del partito islamico Al badil al hadari, condannati per terrorismo nel 2008 senza alcuna prova a carico), gli indipendentisti saharawi del “gruppo Tamek” (libertà provvisoria in attesa del processo) e l’attivista Chakib Al Khiyari, presidente dell’Associazione del Rif per i diritti umani, vittima di un processo politico per aver denunciato la complicità dei narcotrafficanti di Nador con le autorità locali. Restano in carcere, invece, i due studenti berberi del Mouvement culturel amazigh di Meknes (condannati a venti anni per omicidio) e gli universitari “marxisti” di Marrakech.
La grazia decisa da Mohammed VI è arrivata in un momento in cui le proteste nel paese sembrano ben lontane dall’estinguersi. Alle mobilitazioni promosse dai giovani del “20 febbraio” si sono aggiunte negli ultimi giorni le manifestazioni dei diplomés-chomeurs (laureati-disoccupati), che hanno sfilato in massa per le vie della capitale prendendo di mira proprio la sede del CNDH, e i sit-in organizzati nei quartieri popolari di Casablanca durante il week-end scorso. “Democrazia, dignità e giustizia sociale”, restano le parole d’ordine, mentre si attende l’ingresso in scena delle forze sindacali previsto per il 1° maggio. Il sovrano, ormai sotto pressione, continua a fare concessioni. Prima il ritocco della costituzione ed ora la liberazione dei detenuti politici (una delle rivendicazioni principali avanzate dal Movimento), pur di salvare la base di un regime assoluto di stampo tradizionalista, in aperto contrasto con le esigenze del popolo marocchino. “E’ la più grande amnistia della nostra storia. Per il Movimento è sicuramente una vittoria, ma il successo vero ci sarà solo quando avremo uno stato di diritto, una giustizia indipendente ed un sistema democratico che ci offra delle garanzie contro gli arresti arbitrari e i processi farsa. Per questo andiamo avanti nella nostra battaglia per il cambiamento, non è certo una grazia reale a fare del Marocco una democrazia!”, precisa Khadiya Ryadi, presidente dell’Associazione marocchina per i diritti umani, tra i primi sostenitori del Movimento 20 febbraio.
2 commenti:
Jacopo buongiorno,
leggo nel tuo post alcune imperfezioni. Vivo a Marrakech da oltre 7 anni e come volontario frequento diverse regione del Reame, oltre alla Mauritania e al Mali. Le manifestazioni del 20 febbraio non hanno portato in carcere giovani manifestanti (che si sono sganciati dagli atti di vandalismo compiuti) ma dei semplici delinquenti che hanno distrutto vetrine e bruciato negozi interi. Le manifestazioni del 20 marzo hanno portato in piazza qualche migliaia di persone su tutto il territorio nazionale, essendo quel giorno sul campo, ho potuto contare circa 250 persone su Marrakech che protestavano pacificamente. Non sono d'accordo sull'analisi relativa alla grazia reale in quanto era già nei programmi del 2010, dopo che l'Associazione dei Diritti Umani aveva presentato un dossier sui detenuti politici richiedendo la loro scarcerazione (affaire Bellarj). Leggendo il post pare che il Marocco sia in uno stato di "guerra civile" ma cosi' non è. La monarchia marocchina ha (nel bene e nel male) radici profonde e come capo dei credenti il monarca ha dalla sua quasi tutta la popolazione. Riconosco a Mohammed VI alcune importante riforme dall'ascesa al regno come il Codice della Famiglia o l'indennizzo ai famigliari delle vittime degli anni di piombo e altro ancora. Certo, tanto si deve ancora fare sul piano democratico, ma prima di gettare benzina sul fuoco sarebbe opportuno aspettare la bozza della nuova Costituzione (giugno 2011) e fare le opportune verifiche in attesa del referendum popolare che avverà a novembre. La parte drammatica di tutta questa situazione è stato il crollo totale del turismo (-60%)che ha di fatto lasciato per strada migliaia di lavoratori del settore (alberghi, guide, ecc..) bloccando in toto la stagione primaverile e estiva. Complimenti per il blog. Un saluto da Marrakech
Il 20 marzo, nella sola regione del Rif, sono scesi in strada oltre 100 mila persone (i video su YouTube lo documentano, cittadine come Berkane, Al Hoceima, Oujda...). A Casablanca hanno manifestato 80 mila persone, 10 mila a Casablanca (c'ero!). Il Marocco democratico che chiede il cambiamento e la dignità non è certo l'hotellerie di Marrakech, ma il paese profondo, dimenticato e inutile, che dal 20 febbraio continua a rispondere in massa all'appello di poche centinaia di giovani.
La grazia reale era stata chiesta dalle associazioni indipendenti per i diritti umani (in testa l'AMDH) ben prima dell'anno scorso, ma le autorità non si sono mai degnate di prendere in considerazione il lavoro di queste organizzazioni, se non per accusare di antisemitismo l'AMDH nel giugno 2010. Era necessaria la creazione dell'ennesimo organismo governativo, il CNDH, per arrivare ad un pronunciamento? In più, il CNDH esiste da neanche un mese, un tempo insufficiente addirittura per ordinare i dossier di tutti i detenuti politici e di opinione presenti nelle carceri del regno, figuriamoci per stilare un memorandum e sottoporlo al re. La grazia è una risposta contingente ad un problema contingente: fermare una protesta che sta riuscendo a desacralizzare e a delegittimare il ruolo assoluto e monopolizzante (nella vita politica, economica e religiosa) di un sovrano che resta attaccato ai suoi poteri e alla sua "tradizione".
Il problema sarebbe dunque il calo dell'afflusso dei turisti?
A mio avviso sono altri i problemi a cui far fronte, per esempio il furto continuo delle ricchezze del paese perpetrato dalle società della famiglia reale, del consigliere particolare di Mohammed VI (Majidi) e dai clan di baroni locali ai danni della popolazione marocchina, come nel caso delle miniere d'oro di Tafraout, delle miniere di fosfati di Khouribga e Youssoufia, delle foreste di cedri del Medio Atlante, delle miniere di carbone di Jerada, del sistema di distribuzione dell'acqua nel Suss (privatizzato a vantaggio della società di Majidi). Un altro problema è la carenza di strutture sanitarie (non dico ospedaliere) nelle regioni dell'interno (Rif, Medio Atlante, Orientale, Alto Atlante), dove per poter utilizzare le ambulanze in dotazione ai dispensari dei villaggi i malati sono costretti a pagare la benzina (quando si ha la fortuna di avere una strada che conduca all'ospedale più vicino). Altro problema è l'aumento vertiginoso del prezzo degli alloggi nelle grandi città (dove si concentra l'attività produttiva e dunque affluiscono lavoratori), in seguito alla presenza sempre più ingente degli stranieri residenti in loco, che rende pressoché impossibile al marocchino medio disporre di una casa (e costringendolo a ripiegare sulle baraccopoli in periferia, un fenomeno ancora in ascesa al contrario di quanto voglia far pensare il piano reale "villes sans bidonvilles"). Mi fermo qui per ragioni di tempo e di spazio. Buona giornata...
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