Nella conferenza stampa tenuta la sera del 27 ottobre, l’Instance supérieure indépendante pour les élections (ISIE) ha comunicato i risultati globali (ancora provvisori) delle elezioni per l’assemblea costituente tunisina. I dati pubblicati dall’ISIE confermano il largo successo del partito islamico Ennahda, già anticipato dallo scrutinio delle prime circoscrizioni, e la sconfitta del blocco laico guidato dal PDP di Najib Chebbi e dal PDM. Intanto, sembra scongiurato il pericolo di un “sabotaggio” del partito al-Aridha (quarta forza per numero di seggi), dopo che il suo fondatore aveva annunciato la diserzione di tutti gli eletti in risposta all’annullamento di alcune liste per irregolarità.
(Foto Jacopo Granci) |
“La proclamazione dei risultati definitivi dovrà attendere almeno due settimane, per dar tempo al tribunale amministrativo di prendere in esame i numerosi ricorsi già depositati in seno all’istanza”, ha dichiarato il portavoce dell’ISIE Ridha Torkhani nel corso della conferenza stampa al Palais des congrès. L’alta affluenza registrata ai seggi nella giornata di domenica scorsa, dove i cittadini hanno atteso ore prima di poter esprimere la loro preferenza, non sembra però confermata dai dati ufficiali diffusi dall’agenzia TAP (Tunis Afrique Presse). Su 7.569.824 di elettori potenziali (di cui 4.123.602 iscritti volontariamente alle liste elettorali dell’ISIE) solo 3.702.627 (circa il 49%) sono andati a votare. L’istanza, vista l’alta percentuale dei non iscritti alle nuove liste, aveva infatti esteso la possibilità di partecipare alla consultazione a tutti i cittadini tunisini in possesso di un documento di identità valido.
Il Presidente dell’ISIE Kamel Jendoubi (attivista per i diritti umani, costretto a 17 anni di esilio dal passato regime), dopo aver sottolineato la sostanziale correttezza (confermata dai rapporti degli osservatori internazionali) in cui si sono svolte le operazioni di voto e di scrutinio, ha reso noto il responso delle urne, che vede Ennahda primo partito con 90 seggi sui 217 a disposizione (il 41,47%), seguito dal Congrès pour la republique (CPR) con 30 seggi (13,82%), Ettakatol 21 (9,68 %) e Pétition populaire 19 (8,76%).
Tra i grandi sconfitti dell’appuntamento elettorale figurano gli esponenti della coalizione “laica e progressista”, autori di una fervente quanto sterile campagna anti-islamista. Il Parti démocrate progressite (PDP), ritenuto alla vigilia del voto l’unica formazione in grado di competere con la compagine di Rachid Ghannouchi, ha ottenuto soltanto 17 seggi (7,83%). Negativo anche il risultato del Pôle démocratique moderniste (PDM) – guidato da Ettajdid – e della formazione Afek Tounes, rispettivamente 5 e 4 eletti in assemblea. Nel caso di Ettajdid, il compromesso di coesistenza pacifica siglato con il sistema Ben Ali sembra aver minato profondamente la credibilità del vecchio partito comunista tunisino.
Tuttavia, lo schieramento delle forze socialdemocratiche potrà godere di una buona rappresentanza all’interno della costituente in virtù dei 21 seggi conquistati dal Forum démocratique pour le travail et le libertés (Ettakatol) del dottor Ben Jafaar e i 30 eletti del CPR di Moncef Marzouki, il cui ruolo di mediazione sarà determinante per la costituzione di un futuro governo di unità nazionale, come più volte auspicato da Ghannouchi e dallo stesso Marzouki.
Quanto alle forze nate sulla scia della dissoluzione dell’RCD (il partito dell’ex presidente messo al bando nel marzo 2011), la punizione inflitta dagli elettori è inappellabile. Al-Taleef al-jumhuri, un’alleanza composta da 47 formazioni di nuova creazione, non ha ottenuto nessun seggio in assemblea, come del resto la quasi totalità dei partiti “di amministrazione”, attivi sotto il passato regime e parte integrante del suo paravento democratico e pluralista.
Unica eccezione su questo versante sembra essere il risultato di al-Moubadara (“l’iniziativa”), il partito di Kamel Morjane (ministro degli Esteri fino al 14 gennaio, confermato nel primo esecutivo post-rivoluzione guidato da Mohammed Ghannouchi), che ha riportato 5 seggi nelle circoscrizioni di Sousse e Monastir, un’area fortemente legata allo stesso Morjane (fondatore di al-Moubadara, ma non candidato) e ai benefici economici ottenuti in cinquant’anni di gestione del potere Bourghiba-Ben Ali.
Ma la vera sorpresa della consultazione del 23 ottobre, oltre al netto successo di Ennahda che ha vinto con ampio margine in quasi tutte le circoscrizioni (27 nel territorio nazionale e 6 all’estero) raccogliendo 1.501.418 preferenze (il 40,5% dei suffragi), è rappresentata dall’inatteso risultato della Pétition populaire pour la liberté la justice et le développement (al-Aridha).
Il partito dell’imprenditore televisivo Hachemi El Hamdi, membro della formazione islamica fino alla fine degli anni novanta, ha costruito la sua affermazione attraverso una propaganda incessante – perfino nei giorni di silenzio elettorale – alimentata dai canali satellitari al-Mustakilla e al-Dimuqratiyya al-fadha‘iyya (basati a Londra), di cui El Hamdi è proprietario e principale animatore.
A seguito delle numerose denunce depositate prima e dopo il voto, l’ISIE ha attribuito ad al-Aridha solo 19 dei 28 seggi conseguiti, annunciando la squalifica delle liste del partito nelle circoscrizioni di Tataouine, Sfax1, Jendouba, Kasserine, Sidi Bouzid e France2 per le irregolarità rilevate durante la campagna elettorale (finanziamento del partito e accesso allo spazio mediatico) e per la violazione del decreto-legge n°1089 (2011) che impedisce ai responsabili dell’RCD di candidarsi all’assemblea costituente. La decisione dell’ISIE dovrà essere confermata dal tribunale amministrativo.
Intanto il fondatore della Pétition populaire El Hamdi, dopo aver manifestato l’intenzione di ritirare tutti gli eletti dall’assise in segno di protesta contro il provvedimento dell’istanza, è tornato oggi sui suoi propositi, accettando la soluzione proposta da Jendoubi di intentare un ricorso per via giudiziaria. Anche nella regione di Sidi Bouzid (di cui El Hamdi è originario e su cui il milionario ha incentrato una campagna elettorale dal carattere fortemente populista), la situazione sembra essere tornata alla normalità dopo le rivolte scoppiate ieri – i manifestanti hanno appiccato il fuoco alla sede locale di Ennahda, oltre al tribunale e agli uffici dell’ISIE – in seguito all’annullamento delle liste di al-Aridha.
2 commenti:
ciao sono solo perplessa su qquesti dati che avete pubblicato "Su 7.569.824 di elettori potenziali (di cui 4.123.602 iscritti volontariamente alle liste elettorali dell’ISIE) solo 3.702.627 (circa il 49%) sono andati a votare." , da altre fonti risulta il contrario e secondo me è anche più logico che dolo 3702627 di cittaidni tunisini si sono iscritti alle liste e che a votare se ne sono recati 4123602 iscritti, forse bisogna confrontarli con id ati dell'Isie...grazie buona sera
Concordo con la sorpresa e lo stupore dei dati "ufficiali" (non ancora disponibili sul sito dell'ISIE, versione francese) sulla partecipazione al voto, vista l'affluenza straordinaria a cui ho assistito in prima persona.
Tuttavia i numeri riportati nell'articolo sono confermati da due fonti ritenute affidabili:
http://observatoirepolitiquetunisien.wordpress.com/2011/10/28/resultats-partiels-officiels/
http://www.observatorioelectoral.es/noticiasClienteDetalles.aspx?IdNoticia=2026
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