"Provo
a trovare un senso, ma non c'è. Un ragazzo paga ancora le conseguenze di una
polizia ancièn regime e di una giustizia incancrenita da personaggi mediocri,
che serpeggiano verso l'esecutivo in cerca di un'assoluzione per il loro
passato corrotto".
Il
suo vero nome è Alaa Yaacoubi, le sue canzoni non risparmiano critiche alle autorità
tunisine, soprattutto alle forze dell'ordine. Già condannato a due anni lo
scorso giugno - poi ridotti a sei mesi con la condizionale - per la canzone El Buliciya Kleb ("i poliziotti
sono cani"), Weld El 15 sta per tornare in carcere, dopo il verdetto
emesso ieri (5 dicembre, ndr) dal tribunale di Hammamet.
Quattro
mesi di reclusione per "offesa ai buoni costumi",
"diffamazione" e "oltraggio a funzionario". Il procedimento
giudiziario era cominciato in agosto, quando il rapper e il cantante Klay BBJ
si erano visti condannare in totale a 21 mesi, al temine di un processo
speditivo a cui non erano nemmeno stati convocati.
Da
allora Klay BBJ - alias Ahmed Ben
Ahmed - è stato rigiudicato due volte, fino ad arrivare al proscioglimento
pronunciato il 17 ottobre scorso. Il fascicolo Weld El 15, invece, è rimasto in
sospeso fino alla sentenza di ieri. Bizzarro, i fatti contestati sono gli
stessi. La polizia e la procura di Hammamet avevano denunciato i due ragazzi
per aver cantato dei testi ingiuriosi nei confronti delle autorità e per aver
rivolto dei gesti osceni agli agenti, durante un festival tenuto in estate
nella città balneare.
Accuse
rigettate in blocco dai due imputati, le cui dichiarazioni sono state
confermate da alcuni testimoni. "Il pubblico chiedeva a gran voce che
cantassimo alcuni testi problematici. Noi abbiamo rifiutato, in segno di
pacificazione con i tanti poliziotti presenti. Gli agenti però sono montati sul
palco e ci hanno aggredito", hanno affermato più volte i cantanti. Il
dossier è "vuoto", ha confermato il loro avvocato. Ma non è bastato,
almeno per Weld El 15.
In
un paese in cui la "transizione" è minata dagli interessi politici, i
principi della rivoluzione - nel campo della libertà di espressione come in
quello della giustizia sociale - sembrano sempre più lontani dal vedersi
concretizzare. E la battaglia tra rapper, registi "scomodi" e
autorità continua.
Proponiamo
un commento a caldo sull'ennesima condanna che ha colpito il panorama artistico
tunisino, con i contributi di due blogger.
"Chi sono i rapper?",
si domanda la giovane studentessa Nawel Bizid su Nawaat. "Sono ragazzi semplici e entusiasti, che non per forza rientrano
nei canoni della musica impegnata ma che spesso si dimostrano ben più impegnati
di tanti cantanti che hanno monopolizzato questa forma di espressione
artistica".
"Hanno saputo prendere le
distanze [dal resto del panorama musicale] - continua la
blogger -. Sono riusciti a smarcarsi con
i loro microfoni e i loro versi affilati, con le loro canzoni zeppe di
imprecazioni e parolacce. Del resto non c'è scelta, 'Scusate la mia volgarità,
ma trovatemi una situazione più volgare di quella in cui siamo', dice
giustamente il poeta Moudhaffar Al Nawab".
"L'aver partecipato alla sollevazione
o l'avervi contribuito facendo musica impegnata ha ormai assunto un valore di
mercato. Per questo il rap ha preso il sopravvento, diventando la nuova
avanguardia della libertà di espressione e attirando - in cambio - il grosso
della repressione in questo campo. Klay BBJ è stato strattonato e linciato dai
poliziotti sul palco di Hammamet, stessa cosa Weld El 15, mentre il pubblico
invocava la famosa El Bouliciya Kleb […]".
"Ancor peggio, si è arrivati
perfino ad arrestare per strada la gente che ascolta questa canzone, come
accaduto al giovane Anwar Hafedh, rientrato dalla Svizzera per passare le
vacanze dietro le sbarre, invece che godersele assieme alla famiglia. I rapper
intanto sono diventati a pieno titolo degli 'ambasciatori' della sofferenza
patita nei quartieri popolari, come testimonia il successo del brano
Houmani".
Ecco
allora che la nuova condanna inflitta a Weld El 15, per Nawel Bizid, è "l'ennesimo campanello d'allarme".
Come se ce ne fosse bisogno per constatare che, a tre anni di distanza
dall'immolazione di Mohamed Bouazizi, "la
battaglia per la libertà di espressione in Tunisia sembra essere ancora agli
inizi".
Sulla
stessa linea la reazione della blogger Lilia Weslaty, che dalle pagine del suo
Tunisiares scrive:
"Incarcerare un essere umano
per una parola pronunciata è il massimo della stupidità. La libertà di
espressione dovrebbe essere sacra nella Tunisia post-rivoluzione. Per chi
ancora ne dubita, magari brandendo argomentazioni religiose a suo sostegno, è
sufficiente leggere il Corano, dove perfino Satana ha il diritto di esprimersi,
e di veder addirittura riportati i suoi propositi dal Profeta".
"Invece di cogliere questa
nota di saggezza - continua Lilia - per trovare altre soluzioni o altri generi di "punizione" più
benefici per la società, si preferisce rinchiudere un ragazzo tra quattro mura
assieme a criminali di diritto comune. Con quale obiettivo? Punirlo? Che senso
ha?".
"Certo, ha insultato i
poliziotti […] ma perché un ragazzo arriva a pronunciare queste parole? Perché
ha maturato questo odio verso la polizia (e non è il solo ad averlo fatto)? I
giudici sanno quello che ha passato, quello che ha subito, per arrivare a
tanto?", domanda la blogger, prima di
concludere senza mezze misure:
"Queste riflessioni non hanno
influito sul verdetto. Carcere per Weld El 15, come un delinquente, ecco la
cura prevista dalla nostra cosiddetta giustizia. Provo a trovare un senso a
tutto questo, ma non c'è. Si tratta dell'ennesima aberrazione: un ragazzo paga
le conseguenze di una polizia ancora inquadrata negli schemi del vecchio regime
e di un'istituzione giudiziaria incancrenita da personaggi mediocri, che
serpeggiano verso l'esecutivo in cerca di un'assoluzione per il loro passato da
corrotti".
Sono
parole dure, che richiamano alla memoria quelle usate da Selima Karoui - dopo
la prima condanna al rapper - nel suo "Requiem per Una libertà di
espressione": "la sentenza
contro Weld El 15 non è che una conferma di quello che è stato già denunciato
attraverso le parole del suo rap. Ilconcretizzarsi di una
profonda ingiustizia".
Era il giugno 2013. Da allora il tempo si è fermato e la
storia sembra tristemente ripetersi.
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