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Foto by AFP |
E'
ormai lontano il tempo in cui il Marocco gonfiava il petto di fronte alla
"tirannia mediatica" del canale televisivo al-Jazeera e ordinava la chiusura - non senza suscitare clamore -
dei suoi uffici a Rabat, dopo una serie di reportage "lesivi"
dell'immagine calma e serena che il regno ama dare di sé.
In
modo abile, il Qatar ha saputo dotarsi di questa "arma eccezionale sul
piano della politica internazionale", di cui non è più necessario
dimostrare l'influenza. E' noto come la linea editoriale di al-Jazeera sia soggetta agli umori di
Shaykh Hamad bin Khalifa al-Thani, la guida di questo emirato lillipuziano
dalla ricchezza insolente.
La
rendita finanziaria di cui gode grazie alle sue immense riserve di gas e
petrolio gli garantisce i mezzi adeguati per imporsi sullo scacchiere regionale
e internazionale, vestendo i panni del conciliatore e del fustigatore a seconda
del bisogno, in una strategia diplomatica ambigua dalle alleanze flessibili e
sconcertanti.
La benevolenza di Doha
Oggi
Doha intrattiene rapporti più che cordiali con il Marocco. Una quiete
concretizzatasi dopo un valzer incessante di visite ufficiali.
Nel
2011 è stato l'emiro del Qatar a fare il primo passo, offrendo il suo sostegno
- non solo a parole - alla politica di Rabat. In risposta, il sovrano
marocchino ha appena effettuato una lunga sosta a Doha, nel corso del suo
recente viaggio nella regione del Golfo.
"Riguardo
alla questione della sovranità nazionale, bisogna ricordare che il Qatar ha
sempre espresso una posizione favorevole sulla marocchinità del Sahara e sulla
difesa dell'integrità territoriale del Marocco", ha scritto per
l'occasione un adulatore della corona alawita per difendere l'idea di un
"solido asse Rabat-Doha".
L'affermazione,
ampiamente diffusa dalla stampa ufficiale, non può non suscitare ilarità, tanto
le relazioni tra i due paesi sono state in passato tumultuose, compreso sullo
spinoso dossier del Sahara Occidentale, vero tallone d'Achille del regno
alawita.
Nel
1995 Hassan II aveva condannato il colpo di Stato compiuto da Shaykh Hamad
contro il padre, al tempo in vacanza in Svizzera e lui stesso autore di golpe
contro il cugino al potere nel 1972. Ma l'emirato-confetto non aveva ancora il
peso che occupa attualmente sullo scacchiere regionale.
Un "club dei
re" contro le rivoluzioni
Le
rivoluzioni arabe sono servite a rinsaldare i legami tra le monarchie
superstiti, al punto che i ricchi petrosultanati del Golfo hanno velocemente
riaffermato la loro santa alleanza con i regni indigenti di Marocco e
Giordania, tanto da invitarli in maniera precipitosa attorno alla tavola del
Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG).
Un'idea
quanto meno bizzarra, poi rientrata, ma rivelatrice della febbrile
intraprendenza di questi regimi che hanno in comune la loro natura feudale.
Per
questo il viaggio di Mohammed VI nella regione può essere interpretato come un
segno, una spia della volontà di creare una sorta di "club dei re"
dagli obiettivi facilmente intellegibili, come sottolineato dalla fila di
esperti britannici citati dal Financial
Times.
Il
Marocco metterebbe sul piatto la propria esperienza nella gestione politica
della contestazione popolare in cambio di sostanziali aiuti economici. La
relazione sarebbe vincente per entrambe le corone arabe.
"Le
monarchie del Marocco e della Giordania sono uscite relativamente indenni dalla
primavera araba", ha affermato Ayesha Sabavala, analista all'Economist
Intelligence Unit. "I paesi del Golfo, di conseguenza, hanno tenuto a
dimostrare il loro sostegno indefettibile". In concreto, il CCG ha
promesso a Rabat e Amman un aiuto di 2,5 miliardi di dollari in cinque anni.
Una "ridefinizione
strategica" dovuta alla crisi
L'offensiva
diplomatica del Marocco presso i suoi alleati arabi va letta nel quadro di una "ridefinizione
strategica" resa necessaria dalla crisi economica che imperversa in
Europa, contesto con cui il regno alawita intrattiene la gran parte dei suoi
scambi commerciali.
"Il
sostegno del CCG al Marocco è riuscito ad acquisire una maggiore importanza
solo grazie alla fase di recessione vissuta nella zona euro", è il parere
di Kristian Coates Ulrichsen, ricercatore alla London School of Economics
(LSE), il quale sottolinea come lo Stato maghrebino farà d'ora in poi sempre
più affidamento sugli aiuti di Qatar, Kuwait, Arabia Saudita ed Emirati arabi
Uniti per concretizzare i suoi ambiziosi piani di sviluppo (infrastrutture
stradali e ferroviarie, energie rinnovabili, agricoltura, turismo..).
Piani
di sviluppo che poggiano sul volontarismo del sovrano, spaventato dalle
agitazioni sociali che minacciano il suo regno, ma che hanno bisogno di
miliardi di dollari per trasformarsi in realtà. Miliardi di dollari che Rabat
non riuscirebbe ad investire senza il sostegno diretto dei fondi sovrani del
Golfo.
E' necessario un
"nuovo contratto sociale"
"Il
Marocco continua a soffrire di disequilibri strutturali che gli impongono un
nuovo contratto sociale (…). Bisogna smettere di fare promesse, che non fanno altro
che aumentare le attese della popolazione. Le attese si trasformano
inevitabilmente in frustrazione, nel momento in cui tali promesse non sono
mantenute", spiega Lahcen Achy della fondazione Carnegie Endowment.
L'aumento
del prezzo del carburante, il saldo negativo della bilancia commerciale ed una
agricoltura strozzata dalla pluviometria insufficiente hanno fatto impennare il
deficit di bilancio del paese, che ha raggiunto quota 7,5% del PIL - più del
doppio della media osservata negli ultimi dieci anni (3%) - senza contare poi
le conseguenze della fine della sovvenzione statale per i prodotti di prima
necessità.
In
questo contesto socialmente esplosivo è difficile per il Marocco rinunciare
all'appetito insaziabile del piccolo emirato, tenendo presente che fino al 2010
gli scambi commerciali tra il regno alawita e il Qatar erano di appena 50
milioni di euro all'anno (una cifra irrisoria se si considera che nello stesso
periodo il volume degli scambi tra Marocco e Francia, primo partner commerciale
di Rabat, era di 6,8 miliardi di euro, ndr).
Il futuro del Marocco è
legato Qatar. A quale prezzo?
La
situazione sta cambiando. Oltre alle sovvenzioni economiche attese per il 2013
e il sostegno promesso sui mercati internazionali per il prestito di un
miliardo di dollari richiesto dal regno, il Marocco sembra disposto ad aprire
al nuovo alleato del Golfo il capitale delle sue imprese pubbliche in
difficoltà finanziarie.
Sulla
lista l'azienda Maroc Telecom, di cui la francese Vivendi vuole cedere in tempi
rapidi la propria quota, e la compagnia di Stato Royal Air Maroc.
Doha
promette anche di facilitare la lotta alla disoccupazione endemica che affetta
il partner maghrebino accogliendo massicciamente la sua manodopera qualificata.
Già
nel 2011 il Qatar aveva manifestato la volontà di inserirsi nel settore
bancario marocchino e di concedere un ingente fondo di investimento per
progetti turistici, il cui budget dovrebbe raggiungere i due miliardi di
dollari. Questa frenesia di investire ovunque sembra essere, a prima vista,
un'ancora di salvezza per il Marocco. Ma qual è il reale guadagno?
Bisogna
tener presente, infatti, che il Qatar Investment Authority (QIA), il più
imponente fondo sovrano del pianeta, non è certo controllato da un paladino
della democrazia. E il fatto che il Marocco raggiunga a sua volta la schiera dei
suoi debitori non è di per sé una buona notizia.
Fra
l'altro la disponibilità finanziaria del QIA, stimata a più di 700 miliardi di
dollari, non impedisce al fragile emirato di essere lui stesso alla mercé di
tentazioni insurrezionali, legate al vulcano dell'islamismo e alle tensioni
comunitarie tra sciiti e sunniti.
L'ultimo
tentativo di colpo di Stato contro il regime in carica risale soltanto al 2009.
*
Ali Amar è stato fondatore e direttore del settimanale indipendente Le Journal (poi Le Journal Hebdomadaire) costretto alla chiusura a seguito di una
dura campagna di boicottaggio pubblicitario istigata dal regime marocchino.
Amar è autore dei volumi Mohammed VI. Le
grand malentendu (Calmann-Lévy, 2009) e Paris-Marrakech.
Luxe, pouvoir et réseaux (Calmann-Lévy, 2012). Attualmente collabora con il
sito di informazione Slate Afrique.
Vai alla versione originale dell'articolo.
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