Alain
Gresh fa il punto sulla situazione a Gaza prima dell'escalation militare
cominciata nell'ottobre scorso e intensificatasi negli ultimi giorni. Il
direttore aggiunto di Le Monde
Diplomatique denuncia la politica degli omicidi mirati (ultimo quello di
Ahmed Jabari) e condanna la complicità dei media nei confronti della propaganda
israeliana.
Per
capire l'escalation a Gaza è necessario introdurre qualche dato su questo territorio
(360 km2, più di un milione e mezzo di abitanti - una caratteristica
che lo rende uno dei luoghi del pianeta con maggiore densità di popolazione),
occupato da Israele dal 1967. Nonostante il ritiro dell'esercito dalla striscia
(2005), infatti, i suoi accessi con il mondo esterno sono sempre controllati
dallo Stato ebraico e la circolazione all'interno è limitata. Il blocco attuato
qualche anno fa dura fino ad oggi: per le Nazioni Unite Gaza rimane un
territorio occupato.
I
dati che seguono sono stati diffusi dall'ufficio dell'ONU per il coordinamento
delle questioni umanitarie nei territori palestinesi (OCHAOPT) in un documento
del giugno 2012 intitolato Five Years of
Blockade: The Humanitarian Situation in the Gaza Strip (in allegato):
-
è nel giugno 2007 che il governo israeliano ha deciso di intensificare il
blocco di questo territorio, già severamente "sotto controllo";
-
il 34% della popolazione (e la metà dei giovani) è disoccupata;
-
l'80% della popolazione dipende dagli aiuti umanitari;
-
il PIL pro capite era, nel 2011, il 17% al di sotto di quello del 2005
(considerando l'inflazione);
-
nel 2011 solo un camion al giorno usciva da Gaza con prodotti volti
all'esportazione, ossia meno del 3% delle cifre di affari registrate nel 2005;
-
il 35% delle terre coltivabili e l'85% delle acque riservate alla pesca sono
parzialmente o totalmente inaccessibili agli abitanti di Gaza a causa delle
restrizioni israeliane;
-
l'85% delle scuole sono costrette a fornire un doppio servizio - uno la mattina
e un altro nel pomeriggio - a causa del sovrappopolamento.
Ogni
guerra, si sa, viene accompagnata da un'intensa propaganda e il governo
israeliano è ormai maestro in quest'arte. Già al momento dell'offensiva di
dicembre 2008-gennaio 2009 avevamo assistito, in questo senso, alla
deflagrazione mediatica.
Perfino alcuni intellettuali francesi, tra cui l'imbarazzante Bernard-Henri Lévy, avevano contribuito a tale disinformazione.
L'uomo
assassinato qualche giorno fa da Israele, Ahmed Jabari, era il capo dell'ala
militare di Hamas.
La grande maggioranza dei madia lo descrivono come un "terrorista"
responsabile di tutti gli attacchi compiuti contro Israele. La realtà,
tuttavia, è ben lontana da questo ritratto - senza contare l'utilizzo del
termine "terrorismo",
per lo meno ambiguo. Come spesso accade, è proprio un giornalista israeliano -
Aluf Benn - a ricordare
che:
«
Ahmed Jabari era un appaltatore, incaricato da Israele di mantenere l'ordine e
la sicurezza nella striscia di Gaza. Questa definizione sembrerà senza dubbio
assurda a tutti coloro che, nelle ultime ore, hanno visto Jabari descritto come
"l'archetipo del terrorismo", "il capo del personale del
terrore" o ancora "il nostro Bin Laden".
Tuttavia,
questa è la realtà degli ultimi cinque anni e mezzo. Israele aveva imposto ad
Hamas di osservare una tregua nel sud e di farla rispettare alle numerose
organizzazioni armate insediate nella striscia. L'uomo a cui era stato affidato
questo compito era appunto Ahmed Jabari ».
Basta
osservare i grafici pubblicati dallo stesso Ministero degli Affari Esteri
israeliano sul lancio dei razzi palestinesi per rendersi conto che, in
generale, la tregua è stata rispettata. L'accordo è stato rotto dai raid
dell'esercito israeliano il 7 e l'8 ottobre 2012, poi il 13 e il 14, provocando
un'escalation che da allora continua senza interruzioni. E, alla vigilia
dell'omicidio di Jebari, un'altra tregua era stata conclusa grazie alla
mediazione dell'Egitto, come conferma la testimonianza dell'attivista pacifista
Gershon Baskin ripresa da Haaretz.
Storicamente,
ogni escalation degli attacchi a Gaza fa seguito ad omicidi mirati di militanti
palestinesi. Queste esecuzioni extragiudiziali sono una pratica consolidata per
il governo israeliano (a cui gli USA hanno dato il loro consenso ormai da
tempo). Avete detto "terrorismo"? Leggete l'articolo di Sharon
Weill « De Gaza à Madrid, l’assassinat ciblé de Salah Shehadeh ».
Lo
scenario era identico nel 2008. Mentre la tregua era rispettata sul versante
palestinese dal giugno 2008, sono stati gli omicidi in novembre di sette
attivisti nella striscia che hanno dato il la all'intensificazione degli
attacchi e poi all'operazione "Piombo fuso".
Sulle
violazioni dei cessate il fuoco compiute da Israele negli ultimi anni è
interessante leggere l'articolo
di Adam Horowitz, « Two new resources : Timeline of Israeli escalation in Gaza
and Israel’s history of breaking ceasefires ».
Del
resto, è difficile parlare di un vero scontro tra due parti: i razzi
palestinesi non sono armi paragonabili agli F-16 e ai droni israeliani. Il
bilancio in termini di vite umane, stilato dopo la tregua del gennaio 2009
seguita all'operazione "Piombo fuso", lo conferma. L'organizzazione
israeliana per la difesa dei diritti umani B’Tselem ha pubblicato un elenco
dei palestinesi e degli israeliani uccisi a Gaza tra il 19 gennaio 2009 e il 30
settembre 2012.
271
palestinesi (di cui 30 bambini) e 4 israeliani.
Le
cifre parlano da sole…
(Vai alla versione originale)
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