Ad
un anno e mezzo dall'investitura, il primo esecutivo a guida islamista della
storia marocchina è in panne. Le dimissioni in blocco dei ministri nazionalisti
(partito Istiqlal) potrebbero condurre il paese verso elezioni anticipate o,
più probabilmente, ad un rimpasto interno alla maggioranza che costringerà il
premier Benkirane a nuovi compromessi.
Benkirane: "aiutooo" (Khalid Gueddar) |
Nei
giorni scorsi il segretario dell'Istiqlal Hamid Chabat ha ufficializzato
l'uscita della sua formazione dalla maggioranza di governo, già più volte
minacciata nel corso degli ultimi mesi. Il leader nazionalista ha motivato la
decisione citando i dissapori maturati con il premier Benkirane, soprattutto in
merito alla politica di ristrettezza economica decisa dall'esecutivo
(inevitabile con la crisi strutturale
che attraversa il paese e le direttive imposte dal Fondo monetario
internazionale dopo la concessione di un prestito ingente per dare ossigeno
alle casse dello Stato).
L'Istiqlal
ha voluto così dissociarsi dalle misure impopolari che sarà costretto ad
adottare il governo nei prossimi mesi (tagli ad istruzione, sanità e alle
sovvenzioni di prodotti di base) ed ha cercato, invano, di rinegoziare la sua
posizione all'interno della maggioranza.
Hamid Chabat tira per la barba Benkirane, già sotto le pressioni della piazza (Khalid Gueddar) |
Abdelilah Benkirane, segretario del partito islamista PJD (Parti de la justice et du dévéloppement) vincitore alle consultazioni del novembre 2011 sull'onda delle "primavere" regionali, non ha in questo momento i numeri per andare avanti in Parlamento e si trova di fronte ad un bivio: affrontare elezioni anticipate o trovare nuovi alleati.
Ma
non sarà solo il premier a decidere sul futuro istituzionale del paese, la
decisione spetterà prima di tutto al sovrano Mohammed VI che conserva piena
discrezionalità nella gestione del potere, nonostante la nuova costituzione
(2011) attribuisca più ampie prerogative al primo ministro.
Lo
stesso Benkirane, divenuto il bersaglio privilegiato di un vasto malessere
sociale e delle critiche provenienti tanto dalla classe politica che dalla società
civile, aveva più volte evocato l'intervento di "coccodrilli e
demoni" a limitare la sua azione di governo (in riferimento agli uomini
forti del gabinetto reale, per alcuni osservatori il vero esecutivo del paese).
Intanto,
mentre gli attivisti pro-democratici rimproverano severamente al PJD di aver
rinunciato alla "battaglia contro la corruzione e l'autoritarismo"
annunciata in campagna elettorale e di essere sceso a patti con il regime in
cambio di un "accesso consensuale alle alte cariche istituzionali",
Benkirane sembra aver già trovato un potenziale sostituto della compagine
nazionalista per continuare l'esperienza di governo.
Si
tratta del Rassemblement national des indépendents (RNI), partito "di
amministrazione" che dal momento della sua creazione - avvenuta a fine
anni settanta su iniziativa dell'allora ministro dell'Interno - ha sempre fatto
parte degli esecutivi che si sono succeduti fino al 2011. Questo tipo di
soluzione beneficerebbe, inoltre, del favore monarchico.
Da
un lato infatti il ricorso ad elezioni anticipate, senza la modifica della
legge elettorale e delle circoscrizioni di voto, finirebbe per riprodurre la
stessa carta politica frammentata che ha costretto la formazione islamista a
stringere un'ampia ed eterogenea alleanza (di cui fanno parte, oltre ai
nazionalisti dimissionari, il Mouvement Populaire - la cui nascita fu
fortemente voluta dal Palazzo l'indomani dell'indipendenza - e gli ex comunisti
del Parti du progrès et du socialisme).
Dall'altro,
la fine prematura dell'esecutivo a guida PJD significherebbe il fallimento del
"processo democratico" promosso dalle autorità di Rabat per arginare
le contestazioni di piazza esplose nei primi mesi del 2011, un processo di cui
la riforma della costituzione e il voto vinto dalla formazione islamista rappresentano
i principali punti di forza nella retorica del regime (che l'ha ribattezzato non
a caso "la rivoluzione del re e delle urne").
Per
questo l'ipotesi di una alleanza tra PJD e RNI sembra lo scenario più
accreditato per uscire dall'impasse istituzionale. Uno scenario, tuttavia, che
inficerebbe la credibilità del partito di Benkirane, peraltro già ampiamente
intaccata, e l'immagine di una "rottura" che il suo accesso al
governo avrebbe dovuto rappresentare.
Per
gli islamisti, spiega il giornalista Ali Anouzla,
accettare la mano tesa dal RNI significherebbe sancire la definitiva continuità
con le dinamiche della vecchia monarchia esecutiva e cedere a ulteriori
compromessi con i rappresentanti di quella classe politica che i dirigenti del
PJD hanno sempre affermato di voler combattere.
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