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martedì 30 luglio 2013

Marocco, crisi di governo. Il premier Benkirane in cerca di soccorso

Ad un anno e mezzo dall'investitura, il primo esecutivo a guida islamista della storia marocchina è in panne. Le dimissioni in blocco dei ministri nazionalisti (partito Istiqlal) potrebbero condurre il paese verso elezioni anticipate o, più probabilmente, ad un rimpasto interno alla maggioranza che costringerà il premier Benkirane a nuovi compromessi.

Benkirane: "aiutooo" (Khalid Gueddar)



Nei giorni scorsi il segretario dell'Istiqlal Hamid Chabat ha ufficializzato l'uscita della sua formazione dalla maggioranza di governo, già più volte minacciata nel corso degli ultimi mesi. Il leader nazionalista ha motivato la decisione citando i dissapori maturati con il premier Benkirane, soprattutto in merito alla politica di ristrettezza economica decisa dall'esecutivo (inevitabile con la crisi strutturale che attraversa il paese e le direttive imposte dal Fondo monetario internazionale dopo la concessione di un prestito ingente per dare ossigeno alle casse dello Stato).

L'Istiqlal ha voluto così dissociarsi dalle misure impopolari che sarà costretto ad adottare il governo nei prossimi mesi (tagli ad istruzione, sanità e alle sovvenzioni di prodotti di base) ed ha cercato, invano, di rinegoziare la sua posizione all'interno della maggioranza.

Hamid Chabat tira per la barba Benkirane, già sotto le pressioni della piazza (Khalid Gueddar)

Abdelilah Benkirane, segretario del partito islamista PJD (Parti de la justice et du dévéloppement) vincitore alle consultazioni del novembre 2011 sull'onda delle "primavere" regionali, non ha in questo momento i numeri per andare avanti in Parlamento e si trova di fronte ad un bivio: affrontare elezioni anticipate o trovare nuovi alleati.

Ma non sarà solo il premier a decidere sul futuro istituzionale del paese, la decisione spetterà prima di tutto al sovrano Mohammed VI che conserva piena discrezionalità nella gestione del potere, nonostante la nuova costituzione (2011) attribuisca più ampie prerogative al primo ministro.

Lo stesso Benkirane, divenuto il bersaglio privilegiato di un vasto malessere sociale e delle critiche provenienti tanto dalla classe politica che dalla società civile, aveva più volte evocato l'intervento di "coccodrilli e demoni" a limitare la sua azione di governo (in riferimento agli uomini forti del gabinetto reale, per alcuni osservatori il vero esecutivo del paese).

Intanto, mentre gli attivisti pro-democratici rimproverano severamente al PJD di aver rinunciato alla "battaglia contro la corruzione e l'autoritarismo" annunciata in campagna elettorale e di essere sceso a patti con il regime in cambio di un "accesso consensuale alle alte cariche istituzionali", Benkirane sembra aver già trovato un potenziale sostituto della compagine nazionalista per continuare l'esperienza di governo.

Si tratta del Rassemblement national des indépendents (RNI), partito "di amministrazione" che dal momento della sua creazione - avvenuta a fine anni settanta su iniziativa dell'allora ministro dell'Interno - ha sempre fatto parte degli esecutivi che si sono succeduti fino al 2011. Questo tipo di soluzione beneficerebbe, inoltre, del favore monarchico.

Da un lato infatti il ricorso ad elezioni anticipate, senza la modifica della legge elettorale e delle circoscrizioni di voto, finirebbe per riprodurre la stessa carta politica frammentata che ha costretto la formazione islamista a stringere un'ampia ed eterogenea alleanza (di cui fanno parte, oltre ai nazionalisti dimissionari, il Mouvement Populaire - la cui nascita fu fortemente voluta dal Palazzo l'indomani dell'indipendenza - e gli ex comunisti del Parti du progrès et du socialisme).

Dall'altro, la fine prematura dell'esecutivo a guida PJD significherebbe il fallimento del "processo democratico" promosso dalle autorità di Rabat per arginare le contestazioni di piazza esplose nei primi mesi del 2011, un processo di cui la riforma della costituzione e il voto vinto dalla formazione islamista rappresentano i principali punti di forza nella retorica del regime (che l'ha ribattezzato non a caso "la rivoluzione del re e delle urne").

Per questo l'ipotesi di una alleanza tra PJD e RNI sembra lo scenario più accreditato per uscire dall'impasse istituzionale. Uno scenario, tuttavia, che inficerebbe la credibilità del partito di Benkirane, peraltro già ampiamente intaccata, e l'immagine di una "rottura" che il suo accesso al governo avrebbe dovuto rappresentare.

Per gli islamisti, spiega il giornalista Ali Anouzla, accettare la mano tesa dal RNI significherebbe sancire la definitiva continuità con le dinamiche della vecchia monarchia esecutiva e cedere a ulteriori compromessi con i rappresentanti di quella classe politica che i dirigenti del PJD hanno sempre affermato di voler combattere.


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