Con questa prima, breve, recensione si apre la rubrica "Leggere il Mediterraneo". L'intento è quello di punzecchiare la curiosità dei lettori del blog e della rivista L'Altrapagina (dove la rubrica verrà pubblicata con cadenza regolare).
Waciny Laredj, Don Chisciotte ad Algeri, Mesogea, Messina, 1999.
Il Don Chisciotte del romanzo non è il cavaliere errante che tutti conosciamo, ma un giornalista spagnolo, odierno discendente di Cervantes. Del personaggio letterario creato dal suo avo ha ereditato il nome e l’ostinazione leggendaria. È deciso infatti a ricostruire la memoria del grande scrittore, inseguendone le tracce lungo le rotte del Mediterraneo. Questa la ragione che nell’estate del 1995 lo guida fino ad Algeri, dove Cervantes trascorse cinque anni di prigionia, catturato dai corsari turchi al servizio del Dey.
Ad Algeri Don Chisciotte incontra Hsissen, impiegato al Ministero della Cultura in qualità di responsabile delle relazioni ispano-algerine. I due si mettono alla ricerca di un passato che a poco a poco scoprono di condividere. Sullo sfondo una città inghiottita da uno sviluppo urbano soffocante. Mentre il fondamentalismo dilaga, le bande criminali imperversano e il sistema politico, corrotto e repressivo, si dimostra inefficiente, una nuova giungla di cemento sta risucchiando l’umanità dei suoi abitanti.
Sono molti gli elementi autobiografici che lo scrittore algerino, in esilio a Parigi dal 1994, ha disseminato in quest’opera. Hsissen, la voce narrante del romanzo, ha lontane origini andaluse, proprio come Laredj. L’accanimento dei militanti islamisti sui due protagonisti ci riporta al clima di terrore e violenza che costrinse l’autore a lasciare il Paese. E infine l’amore, sincero, nei confronti di una città che sembra aver perduto il fascino e la ricchezza di un tempo.
Per Laredj l’Algeria rappresenta un “crogiuolo mediterraneo” dove culture differenti hanno convissuto lungo secoli e secoli di storia. Un meticciato di cui Algeri resta il simbolo indiscusso. Con il suo Don Chisciotte lo scrittore ha voluto far riemergere almeno una piccola parte di questo passato. Prima ignorato da trent’anni di miopia nazionalista, poi occultato dal dogma integralista. E’ andato a riscoprire i luoghi abbandonati al degrado e caduti nell’oblio, come la grotta dove Cervantes rimase prigioniero, oggi sommersa dai rifiuti. Pagina dopo pagina Laredj si è battuto per difendere la memoria di una città che sente ancora sua.
Nessun commento:
Posta un commento