Mercoledì 27 gennaio 2010 è un giorno nero per la libertà di stampa marocchina e non solo. Un giorno di lutto. Il regime di Mohamed VI ha condannato a morte Le Journal Hebdomadaire, il settimanale indipendente fondato da Aboubakr Jamai e Ali Amar nel 2001. Giudicato fin troppo fastidioso dalle autorità, il giornale di Casablanca è stato oggetto di pesanti provvedimenti giudiziari durante tutti i suoi nove anni di attività.
Qualche esempio. Nel 2001 pubblica un dossier che accusa il ministro degli Esteri Mohamed Benaissa di appropriazione indebita di denaro pubblico. Il giornale è riconosciuto colpevole di diffamazione e condannato al pagamento di 180 mila euro (ridotti a 45 mila in appello) a titolo di risarcimento, mentre il direttore Aboubakr Jamai e il capo-redattore Ali Amar si vedono infliggere rispettivamente tre e due mesi di carcere. Ma è nel 2006 che matura l’episodio più grave. In seguito alla comparsa di un articolo sul Fronte Polisario, Le Journal Hebdomadaire è accusato di diffamazione ai danni del Centro europeo di studi strategici. Per evitare il pagamento dei 270 mila euro di ammenda, Aboubakr Jamai lascia il settimanale e si trasferisce negli Stati Uniti. Il regime sembra dimenticarsi della multa inflitta al giornale, che nel frattempo vede gli introiti pubblicitari diminuire drasticamente a causa del boicottaggio voluto dal Palazzo. Ma, quando Jamai decide di reintegrare la redazione di boulevard de FAR, questa volta in qualità di editorialista (settembre 2009), ecco che l’interesse della giustizia marocchina si riaccende come d’incanto. In ottobre la Corte suprema conferma la condanna e gli uscieri del tribunale effettuano una prima visita nei locali del settimanale per esigere il pagamento immediato. Si avviano delle trattative, forse favorite dai buoni rapporti intrattenuti da Jamai con il cugino del re Moulay Hicham, che sembrano portare ad un accordo: il risarcimento verrà corrisposto ma in maniera dilazionata. Tuttavia gli editoriali pubblicati nei mesi di novembre e dicembre non risparmiano critiche alla monarchia e alla sua entourage, soprattutto in relazione alla vicenda di Aminatou Haidar, al rimpasto di governo “natalizio” e alle continue violazioni dei diritti umani perpetrate nel paese. Per il regime la situazione diventa intollerabile. E’ ormai giunto il momento di passare all’azione. Oltre alla condanna pronunciata dal tribunale, l’enorme debito (450 mila euro) accumulato negli ultimi anni dalla società editrice Trimedia verso la Cassa di previdenza sociale fornisce l’alibi perfetto alle autorità per ordinare la chiusura del giornale senza prestare troppo il fianco alle accuse delle Ong nazionali e straniere. I sigilli posti ai locali della redazione e il sequestro dei conti bancari di Aboubakr Jamai e Ali Amar sono storia recente.
Così muore una delle ultime voci libere del Marocco. La speranza è di veder rinascere a breve una nuova pubblicazione animata dalla medesima professionalità. Proprio come accadde nel gennaio del 2001, quando Le Journal Hebdomadaire proseguì il lavoro portato avanti fino a quel momento dai “fratelli maggiori” Le Journal e Assahifa. Le due testate, fondate nel 1997 dagli stessi Jamai e Amar, vennero chiuse nel dicembre del 2000, colpevoli di aver “attentato alla sicurezza dello Stato”. In quell’occasione le pressioni internazionali e le reazioni indignate dei principali media europei (soprattutto francesi e spagnoli) favorirono la nascita immediata del nuovo settimanale. Sono passati nove anni da allora. Nove anni in cui il regime ha continuato a sostenere la necessità del cambiamento democratico e del rispetto dei diritti individuali e collettivi. Le parole non bastano e i fatti dimostrano che nel regno alawita il campo delle libertà (in primis la libertà di stampa) si sta inesorabilmente restringendo. In questo senso la fine di Le Journal Hebdomadaire rappresenta l’ultimo importante tassello di una strategia ben più ampia e complessa che, solo negli ultimi mesi, ha portato alla chiusura di altri due giornali indipendenti e alla condanna di nove giornalisti.
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Voci dal Marocco. Aboubakr Jamai
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1 commento:
questo blog è bellissimo, sia per quel che dice sia per come è scritto
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