Sei anni dopo l’approvazione del Codice della famiglia (Moudawwana), migliaia di coppie vivono ancora senza un contratto di matrimonio. La procedura di regolarizzazione è in attesa di una legge-quadro che prolungherà la data limite del deposito dei dossier. Intanto nei villaggi dimenticati nel cuore dell’Atlante, continua il fenomeno delle unioni tra minori, mentre le autorità locali si dimostrano incapaci di provvedere all’attuazione della nuova legislazione in materia.
(Articolo pubblicato da Le Journal Hebdomadaire, n. 412, 10-16 ottobre 2009)
La Fondazione Ytto (che si occupa della custodia e della riabilitazione delle donne vittime di violenze) si è lanciata da due anni in una campagna di sensibilizzazione serrata, all’interno di una delle regioni più colpite dal fenomeno dei mariages coutumiers (“matrimoni consuetudinari”, al di fuori della legge e dunque sprovvisti di tutela giuridica, ndt). Ad inizio ottobre la Fondazione presieduta da Najat Ikhich è partita all’assalto di tre comuni della provincia di Azilal: Tamda Noumerside, Ait Mhamed e Ait Abbas. L’obiettivo è regolarizzare i matrimoni e mettere fine alle unioni tra minori. Dal momento dell’approvazione della Moudawwana (il codice di famiglia, diventato legge nel febbraio 2004, ndt), il codice ha concesso alle coppie un periodo di cinque anni per conformare i matrimoni alla nuova legislazione, ossia fino al febbraio 2009. Il termine ultimo è stato ampiamente superato senza che si siano ottenuti i risultati sperati.
Imilchil, dove i minori hanno il loro moussem
Per gli abitanti dell’Alto Atlante, la prima preoccupazione è quella di sopravvivere. Tutto lascia credere, infatti, che in queste zone recondite ci si trovi all’interno di un altro Marocco, dove i cittadini non dispongono né di acqua né di elettricità. Le montagne su cui sono inerpicate poi, alte più di duemila metri, rendono la vita di queste popolazioni di “serie b” ancora più difficile. “Soffriamo di tutte le carenze possibili. Non abbiamo strade e il nostro tasso di analfabetismo è tra i più elevati del regno: 87% per le donne e 77% per gli uomini. Questo è un terreno fertile per le unioni orfi (coutumieres), senza atto di matrimonio, in cui non c’è bisogno di spendere soldi in formalità e burocrazia”, spiega Malika, consigliere municipale ad Ait Mhamed. La sola strada asfaltata della regione conduce ad Imilchil, una cittadina nota per il suo moussem (un vecchio “santo” locale – morto ormai da decenni – che ancora attira gente da tutto il Marocco per i matrimoni collettivi tra minori che era solito celebrare, ndt). Come per gli altri comuni rurali dell’Atlante, l’inverno è sinonimo di isolamento completo. “Per mesi i bambini non vanno più a scuola e l’ambulatorio rimane chiuso. Ogni anno un considerevole numero di donne e di neonati non sopravvive ai mesi invernali, a causa dei parti problematici, dal momento che l’ospedale più vicino è distante settanta chilometri”, spiega una eletta al comune di Ait Abbas, circa settanta chilometri a sud di Azilal. Queste popolazioni sono completamente ignare delle novità apportate dal nuovo codice della famiglia. I matrimoni sono ancora celebrati con la sola benedizione della fatiha (la sura di apertura del Corano, ndt), in presenza di dodici testimoni. I bambini nati da tali unioni non possiedono atto di nascita e, di conseguenza, non possono andare a scuola. In queste regioni lontane e dimenticate, per di più, il ripudio è ancora una pratica corrente. Le mogli e i bambini vengono così privati dell’eredità e degli aiuti alimentari, accordati dalla Moudawwana al momento della separazione.
Da due anni ormai Ytto sta cercando di prestare soccorso a questa gente, promuovendo campagne di regolarizzazione delle “unioni fuorilegge” in collaborazione con le autorità amministrative della regione. L’associazione si appoggia essenzialmente sul sostegno economico proveniente dall’estero, tra cui spicca il notevole contributo del Conseil general de l’Isere (Francia), oltre che sugli apporti dei singoli membri. “Il Consiglio consultivo per i diritti umani (organizzazione governativa marocchina, ndt) ci ha concesso un versamento di 10 mila dirham (circa mille euro), ben poca cosa se si pensa alla mole di lavoro che richiede questa zona. Quanto al Ministero per lo sviluppo sociale, la famiglia e la solidarietà, non ha mai ritenuto utile rispondere alle nostre lettere di sollecitazione”, lamenta la signora Ikhich.
“Andate a cercare le vostre mogli!”
Prima tappa. Il comune di Tamda Noumerside. L’equipe di Ytto è formata dalla presidente della fondazione e dal suo stato maggiore, di cui fanno parte giovani casablancaises provenienti dai quartieri popolari, “la generazione del futuro, sono militanti femministe in costruzione”, dice di loro Najat. Queste formiche operose si occuperanno di riempire le schede delle coppie che desiderano regolarizzare il loro matrimonio. Due avvocati di Solidarité Feminine e due membri dell’Ong francese Femme contre les integrismes si sono uniti alla carovana per indicare ai futuri sposi i documenti di cui hanno bisogno. Ytto aveva informato le autorità dei villaggi e della regione del suo arrivo, nella speranza di ricevere un aiuto per lo meno logistico, ma a Tamda nulla è stato predisposto per facilitare il suo lavoro. “Si direbbe che al caid non importi granché della nostra presenza qui”, confida un’attivista. I volontari hanno preso in prestito i megafoni di alcuni negozianti: “ogni persona che ha bisogno di assistenza legale deve presentarsi all’interno del municipio”, scandiscono in mezzo alla folla del suq.
Il giorno seguente è la volta di Ait Abbas, altro paese pesantemente colpito dal fenomeno dei mariages coutumiers (all’incirca un matrimonio su tre non ha riconoscimento giuridico). Il venerdì è giorno di mercato e l’affluenza al villaggio è notevole. Questa volta il caid ha allestito una tenda per la consultazione. In un primo momento solo gli uomini rispondono all’appello di Ytto. “Andate a cercare le vostre mogli, altrimenti niente assistenza legale”, tuona la signora Ikhich. “Bisogna provocare le mentalità, altrimenti non cambierà mai niente in questo paese”, continua la responsabile. Una mezzoretta più tardi le prime donne fanno il loro ingresso sotto la tenda.
Ad Ait Abbas ci troviamo di fronte ad una tra le popolazioni più povere del Marocco. Donne e uomini sprovvisti dei mezzi necessari per riuscire a condurre un’esistenza almeno decente. Il comune apre soltanto il giorno del mercato, una volta alla settimana. L’unico ambulatorio del villaggio rimane chiuso quasi tutto l’anno e la scuola non ha ancora ripreso l’attività. “Insegniamo tutte le materie, per tutti i livelli, nella stessa aula. In inverno servono tre ore di cammino per raggiungere la scuola, una piccola struttura priva di bagni e di elettricità. Le persone qui vivono in estrema povertà, tirano avanti mangiando pane e olio d’oliva”, racconta una maestra originaria di El Jadida.
Dhar lmra… dhar lbhima
A Blad Tmazirt, un douar (piccoli raggruppamenti di case in territorio rurale, ndt) vicino ad Ait Abbas, gli abitanti parlano soltanto tamazigh (la lingua berbera, ndt). Le donne sono considerate come esseri umani di seconda categoria. “Sono loro a svolgere tutte le mansioni possibili. Lavorano la terra, tagliano la legna e si occupano dei bambini. Da queste parti la gente dice dhar lmra bhalou bhal dhar lbhima (la schiena di una donna è solida come quella di un mulo)”, sentenzia una delle volontarie di Ytto. “Queste persone hanno bisogno di assistenza giuridica. Non hanno i mezzi per sostenere i costi dei certificati rilasciati dall’amministrazione”, spiega Naima Ame, avvocato e membro di Solidarité Feminine.
Naima dà consigli alle coppie, indicandogli esattamente i documenti di cui hanno bisogno. “Il presidente del tribunale di Azilal ci ha promesso di dare la priorità ai nostri dossier. Stessa cosa per le autorità locali e comunali che, secondo gli accordi, dovranno fornire i documenti necessari per la regolarizzazione il più rapidamente possibile”, puntualizza madame Ikhich. Le famiglie di Ait Abbas, nella maggior parte dei casi, non dispongono di uno stato civile riconosciuto. Le unioni tra minori sono una pratica corrente e i figli crescono nella completa illegalità. Un ragazzo di sedici anni, arrivato sotto la tenda della Fondazione per regolarizzare il suo matrimonio con un’adolescente, confessa di essere stato costretto dalla famiglia. Un uomo sulla ventina invece, sposato da pochi giorni con una quindicenne, non è al corrente che questa unione è ormai vietata dalla legge. La presidente di Ytto continua la sua opera di sensibilizzazione, rivolgendosi soprattutto ai capifamiglia: “mi siete tutti testimoni, quest’uomo si impegna a non sposare sua figlia prima della fine degli studi”. Poi aggiunge, rivolta ai suoi collaboratori: “spesso le ragazzine arrivano alla fondazione chiedendomi di convincere i genitori a lasciarle finire la scuola”. Grazie al programma Tissir i genitori che concedono ai loro figli la possibilità di studiare sono sempre più numerosi: il programma prevede un indennizzo di 80 dirham (circa 8 euro) al mese per ogni bambino iscritto a scuola in contesto rurale. Una vera manna per le famiglie povere dell’Alto Atlante.
Terza ed ultima tappa: Ait Mhamed, circa 20 km da Azilal. Questa volta gli avvocati dell’associazione sono assistiti dal presidente del tribunale di Azilal e da alcuni rappresentanti delle istituzioni locali. “Ait Mhamed è l’esempio di ciò che si può fare quando le autorità e la società civile condividono gli stessi obiettivi e sono animati dai medesimi propositi”, commenta infine la signora Ikhich. La cittadina mostra ancora i segni della devastazione, dovuta all’ennesima inondazione che ha colpito la regione. Ytto ne approfitta per rifornire l’ospedale di medicinali e per distribuire audiocassette di sensibilizzazione, in tamazigh, sul nuovo codice della famiglia e sull’importanza dell'istruzione.
Mentre decine e decine di altri comuni rurali della zona (Talougite, Wawizghte, Demnate, Kelaate Sraghna, etc…) continuano ad essere colpiti dal fenomeno dei mariages coutumiers, lo Stato e i suoi molteplici apparati brillano per la loro assenza.
Hicham Houdaifa
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