A
dieci anni dall'esordio discografico con Radio
Tisdas - registrato nei locali di una piccola emittente di Kidal (Nord del
Mali) - i Tinariwen sono tornati con un nuovo album (2011), Tassili. Accantonate le chitarre
elettriche, il disco si immerge - non senza melanconia - fino alle origini
musicali del gruppo tuareg.
Questo dolore è una
zavorra
Se almeno la mia galera
potesse diventare vasta come una pianura
Ho bevuto un bicchiere
di the, che ha bruciato per primo il mio cuore
Tu mi hai detto
qualcosa a cui non ho risposto
se un giorno ci
rincontreremo ti risponderò
Ho bevuto un bicchiere
di the, che ha bruciato per primo il mio cuore
Questa donna che ho
appena intravisto
senza essermi seduto né
accovacciato..
Ho bevuto un bicchiere
di the, che ha bruciato per primo il mio cuore
Se almeno la mia galera
potesse diventare vasta come una pianura
volerei via come un
uccello
Il leone è intrepido e
la rana vulnerabile
ma lei è più adatta per
trovare la strada che porta all'acqua
Ho bevuto un bicchiere
di the, che ha bruciato per primo il mio cuore..*
Tassili.
E' questo il nome dell'ampia vallata a pochi chilometri da Djanet (nel deserto
algerino) dove il gruppo ha deciso incidere il quinto album della sua carriera.
Una lunga distesa di sabbia alternata ad altipiani rocciosi, che segna l'inizio
di un viaggio indietro nel tempo. Un ritorno alle origini.
Non
un ritorno al deserto, dal momento che la band non l'ha mai lasciato, nemmeno dopo
aver deposto le armi negli anni novanta, scegliendo di proseguire la lotta
verso l'autodeterminazione tuareg attraverso la musica. Un ritorno, piuttosto,
alle liriche acustiche dei primi anni ottanta, quando nel deserto non c'erano
generatori di corrente e la musica veniva suonata attorno al fuoco, per gli
amici durante le zahuten (riunioni o
momenti di celebrazione collettiva).
Si
racconta che Ibrahim ag Alhabib - storico fondatore del gruppo, voce dolce e al
contempo greve come lo sguardo nascosto sotto al folto cespuglio di capelli - ancora
oggi ami comporre le sue canzoni con una chitarra acustica in solitudine in
mezzo alla sabbia, quasi in simbiosi con l'ambiente circostante.
Tassili
può sembrare un po' lento rispetto ai dischi precedenti, a tratti elementare se
paragonato alle sonorità elettriche e ritmate con cui il pubblico occidentale
era abituato a conoscere i 'bluesman delle dune'. Ma la musica dei Tinariwen
non è mai stata così intensa, sfumata e profonda - fa sapere il bassista
Eyadoug ag Leche - "come una fiamma che si batte con forza per continuare
a bruciare, dietro ad un velo di quiete apparente".
La
canzone Iswegh Attay ad esempio,
proietta l'ascoltatore in un'atmosfera da fine bivacco, quando le braci si
spengono e l'allegria lascia lentamente il posto alla riflessione, al ricordo e
alla malinconia. E' questo il momento dell'assouf
(nostalgia), vero tratto distintivo della musica dei Tinariwen.
"Ci
troviamo in un momento di sofferenza - afferma Eyadoug, che poi prosegue con
una metafora emblematica - il mondo viaggia in aereo e noi ancora a piedi. Per
incontrarsi bisogna che l'uno scenda o che l'altro salga… Mi auguro comunque
che il popolo tuareg possa trovare finalmente la pace e che la sua cultura,
sfibrata dall'esilio e dall'abbandono, torni ad occupare lo spazio che merita.
La modernizzazione ad ogni costo, che porta all'accaparramento delle risorse e
alla guerra, è uno dei pericoli più grandi a cui dobbiamo fra fronte. In fondo
a noi non serve il gps, noi abbiamo le stelle".
*
Traduzione dal tamashek al francese a cura di N. Belalimat, disponibile nel
sito ufficiale del gruppo Tinariwen.
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