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lunedì 27 maggio 2013

Algeria: la 'malattia' di Bouteflika sintomo dell'impermeabilità del regime

Le voci su un grave deterioramento della salute del Presidente si rincorrono ormai da settimane, dentro e fuori i confini algerini. Mentre la stampa locale cerca di far luce sul futuro della massima autorità del paese, il governo si vuole rassicurante e censura gli allarmismi. La popolazione invece, in preda al malessere sociale, rimane distante dalla politica e dai suoi retroscena.

A fine aprile scorso il Capo dello Stato veniva ricoverato d'urgenza nell'ospedale militare francese di Val-de-Grace in seguito ad una "leggera ischemia […] senza conseguenze irreversibili", secondo le parole pronunciate dal suo medico personale. Sulla vicenda da allora è sceso però un blackout informativo, che ha agitato parte dell'opinione pubblica e della classe politica locale. Le uscite recenti del Primo ministro Abdelmalek Sellal (Fln), volte a rassicurare i cittadini sui "notevoli miglioramenti" di Abdelaziz Bouteflika, non bastano a stemperare le polemiche e a cancellare le voci secondo cui la situazione clinica sarebbe ben più grave di quanto si voglia far credere.

E' la conferma della "natura opaca" del regime, di cui - secondo la ricercatrice Karima Direche - "è difficile definire i contorni".

"Di certo il Capo dello Stato non è il solo a prendere le decisioni e fa parte di una più vasta oligarchia che comprende i vertici militari, protagonisti indiscussi della politica algerina fin dal colpo di stato del 1965 - spiegava l'accademica  in un'intervista rilasciata ad Osservatorioiraq poco prima delle ultime elezioni parlamentari -. L'esercito resta la spina dorsale del regime e mantiene un ruolo centrale nella cooptazione delle elite e dei partiti incaricati dell'amministrazione di governo".

Anche per questo gli algerini sono abituati alle lunghe assenze mediatiche del Presidente settantaquattrenne che, pur essendo titolare delle principali funzioni esecutive, sempre più di rado interviene direttamente (almeno in modo visibile) nelle dinamiche politiche e sociali del paese. Le sue apparizioni in pubblico avvengono con il contagocce, persino nei periodi di crisi più intensi come le rivolte urbane scoppiate ad inizio 2011 o il sequestro-massacro di In Amenas nel gennaio scorso.

Inoltre della presunta 'malattia' di Bouteflika, o di una certa 'stanchezza presidenziale', si parla ormai da anni e non è certo l'aggravarsi delle sue condizioni ad aver sorpreso la stampa locale, quanto piuttosto il silenzio assoluto - in merito - delle autorità, che hanno reagito solo dopo le fughe di notizie nei media francesi e il tentativo di rompere il tabù da parte di alcuni giornali algerini.

Tra i primi a lanciare l'allarme era stato il settimanale parigino Le Point che, citando fonti ministeriali dell'Esagono, aveva accennato a possibili sviluppi drammatici sul ricovero della massima carica. Anche secondo due quotidiani algerini, Bouteflika sarebbe entrato in coma. Ma il dossier realizzato sull'argomento da Mon Journal et Djaridati (versione arabofona del primo) non è mai uscito nelle edicole.

Programmata per domenica 19 maggio, la pubblicazione è stata bloccata dal Ministero della comunicazione nel momento in cui i giornali erano in stampa. Il governo nega di aver adottato il provvedimento di censura, ma lo stesso giorno il direttore di Mon Journal Hicham Aboud (ex funzionario dei servizi segreti militari) è stato citato in giudizio dal tribunale di Algeri per "attacco alla sicurezza dello Stato, all'unità nazionale, alla stabilità e al bon funzionamento delle istituzioni". La motivazione, si legge nel comunicato diffuso dalla Procura, risiede nei "propositi tendenziosi" espressi da Aboud su alcuni media stranieri riguardo alla salute del Presidente e nell'"impatto negativo" che questi avrebbero sull'opinione pubblica.

Erano quasi 15 anni che in Algeria - dove la carta stampata gode di una relativa libertà di espressione nonostante la dipendenza dal finanziamento pubblicitario pubblico e il monopolio statale sulla distribuzione - un giornale non finiva sotto sequestro con il suo direttore trascinato in tribunale. Un duro colpo per il settore, che ha subito reagito esprimendo solidarietà alla vittima del bavaglio e allo stesso tempo inquietudine.

Il sindacato di categoria ha "messo in guardia" l'esecutivo dalle "tentazioni di un ritorno ai vecchi metodi fatti di ricatti e pressioni di ogni genere", mentre per Reporters sans frontières (RSF) la decisione delle autorità algerine è "incomprensibile e ingiustificata": "anche se la diffusione di informazioni allarmanti sulla salute di un Capo di Stato può suscitare emozione (…) non esistono ragioni sufficienti affinché un tale argomento sia considerato tabù" spiega il comunicato di RSF, prima di ribadire il diritto della popolazione ad essere informata, specie sulle "conseguenze politiche che potrebbero derivare da un vuoto di potere".

Kamel Daoud, apprezzato giornalista al Quotidien d'Oran, ricorda che è proprio l'imposizione del silenzio ad autorizzare ogni sorta di deriva e speculazione sul futuro degli eventi. L'aver appreso dal Quai d'Orsay (Ministero degli esteri francese) la notizia della permanenza di Bouteflika a Parigi - trasferito recentemente in un'altra struttura ospedaliera per 'ragioni di convalescenza', mentre il premier Sellal assicurava che, visti i progressi, sarebbe stato dimesso - è per Daoud un motivo di profonda "umiliazione".

La riflessione di analisti e commentatori è unanime: "se la malattia non è così preoccupante come dicono, perché non mostrano le immagini del Presidente?".

A spiegare il mutismo e la reticenza di Algeri, oltre alla scarsa trasparenza congenita del regime, vi sono preoccupazioni maggiori legate alla 'successione'. Abdelaziz Bouteflika, eletto nel 1999 a conclusione di un decennio di violenze interne dove dietro alle stragi islamiste e al terrorismo si è celato lo scontro tra clan militari orfani del 'timoniere' Houari Boumedienne, aveva rappresentato una scelta condivisa dalle 'alte sfere' per uscire dall'impasse.

Bouteflika già ministro degli Esteri nel post-indipendenza, sotto Ben Bella e poi Boumedienne (1963-1979), ha così potuto insediarsi saldamente alla presidenza, modificando perfino la costituzione per eludere il limite di due mandati previsto dalla carta.

Rieletto nel 2004 e poi nel 2009 (con notevoli riserve sulla regolarità degli scrutini), nominato presidente ad honorem del Fronte di liberazione nazionale (Fln, ex partito unico ancora largamente maggioritario in Parlamento), Bouteflika sembrava destinato ad una nuova conferma elettorale nel 2014. Una sua uscita di scena improvvisa - non concordata - potrebbe riaprire contrasti e spaccature dietro alla facciata istituzionale, una prospettiva ancor più problematica se sommata all'instabilità sociale a cui è sottoposto il paese e i recenti scandali di corruzione emersi in merito alla redistribuzione degli introiti petroliferi e alle commesse per lo sfruttamento delle risorse energetiche.

Forse anche per questo, oltre allo svilimento del ruolo della stampa, le autorità si mostrano sorde alle richieste di alcuni partiti dell'opposizione parlamentare, che vorrebbero l'applicazione dell'articolo 88 della costituzione. L'articolo in questione prevede la destituzione del presidente in carica in caso di "infermità grave e duratura" e di "impossibilità dell'esercizio delle proprie funzioni".


Non si fa illusioni, tuttavia, lo scrittore e giornalista Mohamed Benchicou, autore di alcune opere critiche all'indirizzo del regime, tra cui Bouteflika: une imposture algérienne (2004). La penna dissidente, che ha pagato con il carcere i propri scritti, spiega che "la costituzione non è fatta per essere applicata ma per essere 'sfruttata' dai governanti. […] I nostri hanno capito, in un mondo dove la democrazia e i suoi apparati istituzionali sono divenuti una fonte di legittimità riconosciuta, che bisognava adeguarsi e far finta di organizzare elezioni, chiamando in causa la costituzione al bisogno e stando ben attenti, però, a che questo processo non sfociasse in una reale alternanza".

L'ultimo esempio in proposito è costituito dalle elezioni legislative del maggio scorso che, nonostante l'enfasi riformista del regime e un contesto regionale di primavere e cambiamento, hanno visto il trionfo dei due vecchi partiti 'di amministrazione' (Fln, Rnd - Rassemblement national démocratique) e il mancato allargamento, al contrario di quanto auspicato, della rappresentanza politica. La stessa conformazione del governo, ad eccezione del primo ministro, è rimasta sostanzialmente invariata da circa un decennio.

Altra conferma della chiusura del sistema algerino, l'oscuro bilancio fornito da Amnesty International sul rispetto dei diritti umani nel paese. Il rapporto pubblicato pochi giorni fa dall'ong si sofferma sulle limitazioni imposte alla libertà di espressione e associazione, sulle violazioni subite dagli attivisti (persiste il divieto di manifestare ad Algeri) e sul ruolo preponderante ancora detenuto dai servizi segreti militari (DRS, Département du renseignement et de la sécurité) nella perpetuazione dei metodi repressivi.

Così, a chi invoca la destituzione di Bouteflika in nome dell'articolo 88, Benchicou ricorda con amarezza che "la malattia, per un Capo di Stato, è un handicap soltanto in un contesto democratico. Per un autocrate è normale 'governare' anche da un letto di ospedale. Non bisogna dimenticare che l'Algeria è il solo paese al mondo dove il Consiglio dei ministri non si riunisce quasi mai, senza che ciò desti il minimo scandalo".

L'amnesia - travestita da "processo di riconciliazione" - imposta alla popolazione dopo le atrocità vissute durante 'la decennie noire' ('90), dopo i quasi 200 mila morti e i circa 20 mila scomparsi (di cui le autorità non riconoscono l'esistenza), è ancora vissuta come un trauma nazionale. I cittadini, sebbene alle prese con un alto tasso di disoccupazione (soprattutto giovanile) e confrontati al clientelismo delle amministrazioni, sembrano aver smarrito quel bisogno di 'chiedere il conto' che li aveva spinti ai moti insurrezionali degli anni '80. La politica è oggi considerata come una sfera impenetrabile, un'attività senza rapporti con la vita quotidiana né con gli espedienti che questa comporta per la maggior parte della popolazione.

"In autocrazia - conclude duramente Benchicou - la questione del potere, o del modo in cui esso viene esercitato, è di sola competenza dei dirigenti. Il popolo non deve preoccuparsi di nulla: con o senza presidente, lo Stato continua a funzionare. Del resto solo un'élite, o presunta tale, cerca di sapere la verità sulla sua malattia. Il popolo, invece, non si pone le domande sbagliate. Primo perché non ne ha i mezzi. Poi, perché non sa che cosa farsene delle risposte. Tutto questo [le polemiche sul ricovero di Bouteflika, nda] non lo riguarda. Per lui, ormai, la politica non è altro che un passatempo riservato a pochi iniziati, scrupolosi di conservare i propri interessi".


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