Il
21 maggio si è celebrata la "giornata mondiale per la diversità
culturale". Approfittando dell'occasione, pubblichiamo un'intervista al
ricercatore Salem Chaker, incentrata sullo stato della rivendicazione
(linguistica) berbera nel contesto algerino e, più in generale, in quello
nordafricano.
(Foto by Jacopo Granci) |
Traduzione dell'articolo del giornalista Mohamed Mouloudj, pubblicato nel quotidiano algerino francofono
Liberté.
Salem Chaker è professore
emerito di tamazight (lingua amazigh)
all'Inalco (Institut national des langues et civilisations orientales) di
Parigi e ricercatore all'Iremam (Institut de recherches sur les mondes arabes
et musulmans) di Aix-en-Provence. Tra i curatori dell'Encyclopédie berbère, Chaker è anche autore di numerosi studi sulla
sociolinguistica amazigh (ricordiamo la celebre opera Berbères aujourd'hui, L'Harmattan, 1989).
Secondo
l'accademico, gli avanzamenti registrati dalla rivendicazione berbera negli
ultimi anni restano essenzialmente simbolici, essendo le concessioni fatte
dagli Stati maghrebini (Algeria, Marocco) puramente formali. Il futuro
dell'identità amazigh, negata e repressa dai regimi nordafricani in epoca
post-coloniale, dipenderà così "dal vigore delle mobilitazioni e dal rapporto
di forza che la società civile e gli attivisti sapranno instaurare" con
un'elite al potere ancora imbevuta di ideologia panaraba.
Salem Chaker |
Si è conclusa da poco
la celebrazione del 33° anniversario del Printemps amazigh (in Cabilia,
Algeria. Ndt). La mobilitazione dei cittadini per l'occasione non è mancata,
come ogni aprile. Che cosa pensa di questo fervore militante, che non sembra
indebolirsi nemmeno tre decenni dopo gli eventi del Tafsut imazighen?
La
ricorrenza e il tenore delle mobilitazioni testimonia il profondo radicamento
sociale che ha assunto la rivendicazione amazigh, soprattutto in Cabilia. E'
una dimostrazione di forza per i militanti, che hanno resistito alla
repressione, alle continue manovre di neutralizzazione e alle strategie di
recupero della lotta identitaria da parte del regime. Una lotta che non si
riduce alle aperture fumose o alle pseudo-risposte fornite dallo Stato.
Quali sono le sue
considerazioni sulla dimensione assunta dalla questione amazigh in Nord Africa? Mi riferisco in particolar modo al riconoscimento
ufficiale della lingua tamazight in Marocco, alla pressione popolare crescente
esercitata dai berberi libici sulle nuove autorità e all'attitudine
apparentemente refrattaria del governo algerino all'idea
dell'ufficializzazione..
Non
si può negare che, nel contesto nordafricano in generale, la questione abbia
vissuto degli avanzamenti significativi. Ma per il momento questi avanzamenti,
perfino in Marocco, restano essenzialmente simbolici. Se parliamo di ricadute
concrete, di misure volte ad assicurare la sopravvivenza e lo sviluppo della
lingua e della cultura berbera, siamo ancora ben lontani dall'obiettivo. In
tutti questi paesi le resistenze all'affermazione dell'identità amazigh restano
forti. L'ideologia panaraba, caratterizzata da una profonda ostilità a tutto
ciò che inficia l'identificazione alla Umma
e all'appartenenza all'unità araba, conserva posizioni dominanti negli apparati
governativi e nelle cerchie di intellettuali vicini al potere, pur essendo
evidente che questa ideologia oggi non costituisce più un orizzonte politico
credibile. La sua capacità di bloccare e nuocere alla rivendicazione berbera
non è stata scalfita: è il caso dell'Algeria e della Libia, ma anche del
Marocco.
Nel
caso algerino, soprattutto, bisogna ricordare che tutte le leggi ed i decreti
posteriori al riconoscimento della tamazight
come "lingua nazionale" - avvenuto nel 2002 - hanno sistematicamente
riaffermato il carattere esclusivo dell'arabo (classico) come unica lingua
ufficiale. Ad esempio l'ordinanza del 2005 relativa all'insegnamento privato,
la legge del 2008 sul codice di procedura civile e amministrativa, senza
dimenticare che la legge sul panorama linguistico datata 1991/1998 è ancora in
vigore senza emendamenti di rilievo.
Nonostante
l'introduzione della tamazight nelle scuole dagli anni '90 e il riconoscimento
come lingua nazionale nel 2002, in seguito ai tragici eventi del Printemps
noir, il suo insegnamento resta marginale e facoltativo. Cosa
pensa di questa situazione?
Mi
sembra evidente che lo Stato algerino, tollerando un insegnamento facoltativo
della tamazight e poi introducendola
nella costituzione come "seconda lingua nazionale", ha fatto una
concessione puramente formale alla contestazione cabila. Per il legislatore,
l'arabo resta la lingua esclusiva degli spazi istituzionali e pubblici, anche
di quelli non ufficiali. Mentre la lingua berbera e la berberità in generale si
riducono ad un riconoscimento "patrimoniale" (identificate come
patrimonio storico e culturale dell'Algeria).
Il
nodo da sciogliere è sapere se ci si vorrà accontentare di un riconoscimento
"folklorico" - limitato ad una tolleranza marginale sul modello con
cui la Francia tratta le lingue e le culture regionali (bretone, occitano,
basco..) - o se si pretenderà per la tamazight
un riconoscimento pieno, in quanto lingua vivente e strumento di emancipazione
per le comunità linguistiche, seguendo il modello spagnolo che fa del basco e
del catalano le lingue dei Paesi baschi e della Catalogna, investite di uno
statuto di co-ufficialità rispetto allo spagnolo. Questo modello presuppone
implicazioni notevoli sul piano strutturale: l'educazione di base dovrà far
ricorso alla lingua della regione, come pure l'amministrazione in tutti i suoi
settori, specie in quello della giustizia.
L'Algeria effettuerà
nei prossimi mesi una nuova revisione della costituzione. Con quale status la
tamazight potrà figurarvi e quali sono le sue raccomandazioni per un
trattamento efficace, a livello istituzionale, di questo dossier?
Non
conosco i segreti di palazzo e ignoro completamente le intenzioni del
legislatore. Tuttavia si può ipotizzare che sarà difficile per l'Algeria non
allinearsi al Marocco, subito o tra qualche anno, riconoscendo alla lingua
amazigh lo statuto ufficiale. Mi sembra un'evoluzione inevitabile, come lo era
per il Marocco - dopo il 2002 - la necessità di rispondere ad Algeri
introducendo a sua volta la tamazight
nella costituzione.
Pertanto,
sappiamo quale valore abbiano le costituzioni e le leggi nei nostri paesi… I
principi che queste affermano in modo solenne sono quotidianamente violati: basta
pensare alla libertà di opinione, alla libertà religiosa, all'uguaglianza tra
sessi, all'indipendenza della giustizia..e mi fermo qui anche se la lista
sarebbe ancora lunga! E' perfettamente possibile, dunque, che alla lingua
amazigh sia riconosciuto lo statuto ufficiale, salvo poi vederlo svuotato di
ogni sostanza. Tutto dipenderà dalla mobilitazione e dal rapporto di forza che
la società civile e l'attivismo berbero riusciranno ad instaurare.
Uno dei problemi
sollevati negli ultimi anni è quello relativo alla grafia. Alcuni specialisti
optano per l'utilizzo dei caratteri latini, altri propendono per il tifinagh e
altri ancora propongono la grafia araba per scrivere il berbero. Da
specialista, quale tra questi è il sistema di codificazione più adeguato?
Mi
sono già espresso più volte sull'argomento e per me il dibattito è già chiuso
in partenza. Sono la pratica sociale e storica a fornire una risposta: da oltre
un secolo la stragrande maggioranza dei testi amazigh sono scritti in caratteri
latini, la quasi totalità degli scrittori berberofoni utilizzano attualmente
questa grafia, perfino in Marocco dove l'Ircam (Istituto reale per la cultura
amazigh) ha scelto il neo-tifinagh..
Ciò
nonostante sono molte le lingue che vengono codificate con più sistemi di
scrittura allo stesso tempo, a seconda che ci si trovi da una parte o
dall'altra di una frontiera politica (serbo-croato, urdu-indi, turco e
iraniano..). Perciò una condizione "pluri-alfabetica" per il berbero
non sarebbe nulla di straordinario. Sarà il tempo, poi, a compiere la sua opera
di armonizzazione.
Al centro del dibattito
linguistico c'è anche l'idea di una normativa (grammatica, lessico..)
pan-amazigh. E' possibile arrivare alla codificazione di una lingua berbera
comune? In questo caso, cosa ne sarà delle specificità storiche e
socio-identitarie delle differenti regioni berberofone del Nord Africa?
Allo
stato attuale, la creazione di una forma standard della tamazight - valida per tutte le comunità nordafricane - è una
chimera sprovvista di radicamento sociale e culturale. Anche su questo punto,
mi sono sempre espresso con chiarezza: al massimo è possibile arrivare ad una
"standardizzazione convergente" delle diverse varianti linguistiche
regionali. Non oltre. E, in effetti, è quello che si è prodotto negli ultimi
anni.
Le
condizioni ed i mezzi per il passaggio ad una normativa comune non ci sono,
vuoi per ragioni linguistiche, culturali o geopolitiche. L'obiettivo è
difficile da raggiungere anche all'interno di un solo paese. Per esempio in
Marocco, l'Ircam ha non poche difficoltà a far accettare il suo "amazigh
standard" ai berberi del Rif. La stessa cosa succederebbe in Algeria,
cercando di uniformare il cabilo, lo chaoui, il mozabite e il touareg. Il
rischio è di creare un'astrazione linguistica, concepibile sul piano teorico,
ma che risulterà distante nell'utilizzo reale. L'altra ipotesi è di nascondere
dietro alla standardizzazione l'imposizione della variante regionale
demograficamente e culturalmente dominante (come il cabilo in Algeria e lo
chleuh in Marocco).
Su
questo punto non bisogna farsi illusioni. Tutti i produttori culturali in
lingua amazigh (scrittori, sceneggiatori teatrali, poeti, cantanti) continuano
a far ricorso al proprio dialetto di origine. (…) E poi, oltre alla
frammentazione geografica e linguistica, bisogna considerare anche quella
geopolitica. Potremo parlare seriamente di una koiné berbera soltanto il giorno in cui esisterà, sul piano
politico, una "Unione del Grande Maghreb Amazigh", ossia Tamazgha!
(Questa traduzione è stata pubblicata in Osservatorio Iraq Medioriente e Nordafrica)
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