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mercoledì 22 maggio 2013

Algeria. La questione amazigh è ancora d'attualità

Il 21 maggio si è celebrata la "giornata mondiale per la diversità culturale". Approfittando dell'occasione, pubblichiamo un'intervista al ricercatore Salem Chaker, incentrata sullo stato della rivendicazione (linguistica) berbera nel contesto algerino e, più in generale, in quello nordafricano.

(Foto by Jacopo Granci)



Traduzione dell'articolo del giornalista Mohamed Mouloudj, pubblicato nel quotidiano algerino francofono  Liberté.


Salem Chaker è professore emerito di tamazight (lingua amazigh) all'Inalco (Institut national des langues et civilisations orientales) di Parigi e ricercatore all'Iremam (Institut de recherches sur les mondes arabes et musulmans) di Aix-en-Provence. Tra i curatori dell'Encyclopédie berbère, Chaker è anche autore di numerosi studi sulla sociolinguistica amazigh (ricordiamo la celebre opera Berbères aujourd'hui, L'Harmattan, 1989).

Secondo l'accademico, gli avanzamenti registrati dalla rivendicazione berbera negli ultimi anni restano essenzialmente simbolici, essendo le concessioni fatte dagli Stati maghrebini (Algeria, Marocco) puramente formali. Il futuro dell'identità amazigh, negata e repressa dai regimi nordafricani in epoca post-coloniale, dipenderà così "dal vigore delle mobilitazioni e dal rapporto di forza che la società civile e gli attivisti sapranno instaurare" con un'elite al potere ancora imbevuta di ideologia panaraba.


Salem Chaker
  

Si è conclusa da poco la celebrazione del 33° anniversario del Printemps amazigh (in Cabilia, Algeria. Ndt). La mobilitazione dei cittadini per l'occasione non è mancata, come ogni aprile. Che cosa pensa di questo fervore militante, che non sembra indebolirsi nemmeno tre decenni dopo gli eventi del Tafsut imazighen?

La ricorrenza e il tenore delle mobilitazioni testimonia il profondo radicamento sociale che ha assunto la rivendicazione amazigh, soprattutto in Cabilia. E' una dimostrazione di forza per i militanti, che hanno resistito alla repressione, alle continue manovre di neutralizzazione e alle strategie di recupero della lotta identitaria da parte del regime. Una lotta che non si riduce alle aperture fumose o alle pseudo-risposte fornite dallo Stato.


Quali sono le sue considerazioni sulla dimensione assunta dalla questione amazigh in Nord Africa? Mi riferisco in particolar modo al riconoscimento ufficiale della lingua tamazight in Marocco, alla pressione popolare crescente esercitata dai berberi libici sulle nuove autorità e all'attitudine apparentemente refrattaria del governo algerino all'idea dell'ufficializzazione..

Non si può negare che, nel contesto nordafricano in generale, la questione abbia vissuto degli avanzamenti significativi. Ma per il momento questi avanzamenti, perfino in Marocco, restano essenzialmente simbolici. Se parliamo di ricadute concrete, di misure volte ad assicurare la sopravvivenza e lo sviluppo della lingua e della cultura berbera, siamo ancora ben lontani dall'obiettivo. In tutti questi paesi le resistenze all'affermazione dell'identità amazigh restano forti. L'ideologia panaraba, caratterizzata da una profonda ostilità a tutto ciò che inficia l'identificazione alla Umma e all'appartenenza all'unità araba, conserva posizioni dominanti negli apparati governativi e nelle cerchie di intellettuali vicini al potere, pur essendo evidente che questa ideologia oggi non costituisce più un orizzonte politico credibile. La sua capacità di bloccare e nuocere alla rivendicazione berbera non è stata scalfita: è il caso dell'Algeria e della Libia, ma anche del Marocco.

Nel caso algerino, soprattutto, bisogna ricordare che tutte le leggi ed i decreti posteriori al riconoscimento della tamazight come "lingua nazionale" - avvenuto nel 2002 - hanno sistematicamente riaffermato il carattere esclusivo dell'arabo (classico) come unica lingua ufficiale. Ad esempio l'ordinanza del 2005 relativa all'insegnamento privato, la legge del 2008 sul codice di procedura civile e amministrativa, senza dimenticare che la legge sul panorama linguistico datata 1991/1998 è ancora in vigore senza emendamenti di rilievo.


Nonostante l'introduzione della tamazight nelle scuole dagli anni '90 e il riconoscimento come lingua nazionale nel 2002, in seguito ai tragici eventi del Printemps noir, il suo insegnamento resta marginale e facoltativo. Cosa pensa di questa situazione?

Mi sembra evidente che lo Stato algerino, tollerando un insegnamento facoltativo della tamazight e poi introducendola nella costituzione come "seconda lingua nazionale", ha fatto una concessione puramente formale alla contestazione cabila. Per il legislatore, l'arabo resta la lingua esclusiva degli spazi istituzionali e pubblici, anche di quelli non ufficiali. Mentre la lingua berbera e la berberità in generale si riducono ad un riconoscimento "patrimoniale" (identificate come patrimonio storico e culturale dell'Algeria).

Il nodo da sciogliere è sapere se ci si vorrà accontentare di un riconoscimento "folklorico" - limitato ad una tolleranza marginale sul modello con cui la Francia tratta le lingue e le culture regionali (bretone, occitano, basco..) - o se si pretenderà per la tamazight un riconoscimento pieno, in quanto lingua vivente e strumento di emancipazione per le comunità linguistiche, seguendo il modello spagnolo che fa del basco e del catalano le lingue dei Paesi baschi e della Catalogna, investite di uno statuto di co-ufficialità rispetto allo spagnolo. Questo modello presuppone implicazioni notevoli sul piano strutturale: l'educazione di base dovrà far ricorso alla lingua della regione, come pure l'amministrazione in tutti i suoi settori, specie in quello della giustizia.


L'Algeria effettuerà nei prossimi mesi una nuova revisione della costituzione. Con quale status la tamazight potrà figurarvi e quali sono le sue raccomandazioni per un trattamento efficace, a livello istituzionale, di questo dossier?

Non conosco i segreti di palazzo e ignoro completamente le intenzioni del legislatore. Tuttavia si può ipotizzare che sarà difficile per l'Algeria non allinearsi al Marocco, subito o tra qualche anno, riconoscendo alla lingua amazigh lo statuto ufficiale. Mi sembra un'evoluzione inevitabile, come lo era per il Marocco - dopo il 2002 - la necessità di rispondere ad Algeri introducendo a sua volta la tamazight nella costituzione.

Pertanto, sappiamo quale valore abbiano le costituzioni e le leggi nei nostri paesi… I principi che queste affermano in modo solenne sono quotidianamente violati: basta pensare alla libertà di opinione, alla libertà religiosa, all'uguaglianza tra sessi, all'indipendenza della giustizia..e mi fermo qui anche se la lista sarebbe ancora lunga! E' perfettamente possibile, dunque, che alla lingua amazigh sia riconosciuto lo statuto ufficiale, salvo poi vederlo svuotato di ogni sostanza. Tutto dipenderà dalla mobilitazione e dal rapporto di forza che la società civile e l'attivismo berbero riusciranno ad instaurare.


Uno dei problemi sollevati negli ultimi anni è quello relativo alla grafia. Alcuni specialisti optano per l'utilizzo dei caratteri latini, altri propendono per il tifinagh e altri ancora propongono la grafia araba per scrivere il berbero. Da specialista, quale tra questi è il sistema di codificazione più adeguato?

Mi sono già espresso più volte sull'argomento e per me il dibattito è già chiuso in partenza. Sono la pratica sociale e storica a fornire una risposta: da oltre un secolo la stragrande maggioranza dei testi amazigh sono scritti in caratteri latini, la quasi totalità degli scrittori berberofoni utilizzano attualmente questa grafia, perfino in Marocco dove l'Ircam (Istituto reale per la cultura amazigh) ha scelto il neo-tifinagh..

Ciò nonostante sono molte le lingue che vengono codificate con più sistemi di scrittura allo stesso tempo, a seconda che ci si trovi da una parte o dall'altra di una frontiera politica (serbo-croato, urdu-indi, turco e iraniano..). Perciò una condizione "pluri-alfabetica" per il berbero non sarebbe nulla di straordinario. Sarà il tempo, poi, a compiere la sua opera di armonizzazione.


Al centro del dibattito linguistico c'è anche l'idea di una normativa (grammatica, lessico..) pan-amazigh. E' possibile arrivare alla codificazione di una lingua berbera comune? In questo caso, cosa ne sarà delle specificità storiche e socio-identitarie delle differenti regioni berberofone del Nord Africa?

Allo stato attuale, la creazione di una forma standard della tamazight - valida per tutte le comunità nordafricane - è una chimera sprovvista di radicamento sociale e culturale. Anche su questo punto, mi sono sempre espresso con chiarezza: al massimo è possibile arrivare ad una "standardizzazione convergente" delle diverse varianti linguistiche regionali. Non oltre. E, in effetti, è quello che si è prodotto negli ultimi anni.

Le condizioni ed i mezzi per il passaggio ad una normativa comune non ci sono, vuoi per ragioni linguistiche, culturali o geopolitiche. L'obiettivo è difficile da raggiungere anche all'interno di un solo paese. Per esempio in Marocco, l'Ircam ha non poche difficoltà a far accettare il suo "amazigh standard" ai berberi del Rif. La stessa cosa succederebbe in Algeria, cercando di uniformare il cabilo, lo chaoui, il mozabite e il touareg. Il rischio è di creare un'astrazione linguistica, concepibile sul piano teorico, ma che risulterà distante nell'utilizzo reale. L'altra ipotesi è di nascondere dietro alla standardizzazione l'imposizione della variante regionale demograficamente e culturalmente dominante (come il cabilo in Algeria e lo chleuh in Marocco).

Su questo punto non bisogna farsi illusioni. Tutti i produttori culturali in lingua amazigh (scrittori, sceneggiatori teatrali, poeti, cantanti) continuano a far ricorso al proprio dialetto di origine. (…) E poi, oltre alla frammentazione geografica e linguistica, bisogna considerare anche quella geopolitica. Potremo parlare seriamente di una koiné berbera soltanto il giorno in cui esisterà, sul piano politico, una "Unione del Grande Maghreb Amazigh", ossia Tamazgha!


(Questa traduzione è stata pubblicata in Osservatorio Iraq Medioriente e Nordafrica)



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