Nella
regione orientale, ricca di petrolio, sono nati un "governo autonomo"
e una compagnia locale per il controllo delle esportazioni del greggio.
Preludio alla secessione o semplice minaccia per strappare concessioni a
Tripoli?
La
Cirenaica, regione orientale della Libia all'origine dell'insurrezione
anti-Gheddafi, è attraversata da un desiderio di autonomia, e forse anche
qualcosa in più. Il 4 novembre scorso è stato proclamato ad Ajdabiya - 160
chilometri a sud-ovest di Benghazi - il "governo autonomo di Barqa"
(nome arabo del territorio).
Una
parte degli abitanti, tuttavia, non sembra disposta ad arrivare fino allo
scontro con Tripoli e alla secessione, ma preferisce strappare il massimo delle
concessioni ad un governo centrale debole e traballante.
La
città scelta per la proclamazione è un luogo altamente simbolico. Ajdabiya si
trova a pochi passi dalla zona di sbocco petrolifero di Zuitina, all'incrocio
tra la strada costiera - quella dove si sono affrontati per circa otto mesi i
ribelli e i fedeli al regime di Gheddafi - e il tragitto rivolto a sud, verso
Kufra e ancora oltre, direzione Ciad e Sudan.
Per
la Cirenaica non si tratta di un'iniziativa inedita. Il 6 marzo 2012 tremila shaykh a capo delle tribù locali avevano
annunciato ad Al-Bayda la creazione di una regione semi-federale e
l'istituzione di un "Consiglio ad interim di Barqa" presieduto da
Ahmed al-Zubair al-Sanussi, ottantenne discendente del sovrano Idriss
(destituito da Gheddafi nel 1969).
Il
Consiglio si era messo in mostra alla vigilia delle elezioni politiche del
luglio 2012, bloccando simbolicamente la "frontiera" tra la Tripolitania
e la Cirenaica ad est di Sirte, e distruggendo alcuni seggi a Benghazi per
protestare contro la formazione delle circoscrizioni elettorali, giudicata
sfavorevole alla Cirenaica. Però, non disponendo di un reale ancoraggio
sociale, soprattutto nella città di riferimento (Benghazi), e indebolito dai
dissensi interni, questo movimento non era riuscito a trasformare la creazione
del Consiglio in una reale sfera di influenza politica.
Oggi,
qual è la portata e quali sono le prospettive dell'autoproclamazione di questo
"governo di Barqa", che arriva in un contesto di frammentazione del
paese, di assenza dello Stato e di moltiplicazione degli omicidi e degli
attentati, soprattutto nella regione orientale?
Dietro
questa domanda se ne nasconde un'altra, che riguarda la forma politica della
futura Libia - Stato decentralizzato, federazione, confederazione.. - e le
conseguenze dell'attuale frazionamento, che se trascurato potrebbe spingersi a
minacciare l'unità dello Stato.
La Cirenaica
autonomista
Marginalizzata
sotto Gheddafi, la Cirenaica - la culla dell'insurrezione contro il regime nel
2011 - teme di essere ancora una volta lasciata da parte nell'amministrazione della
nuova Libia. Oltre ad un passato glorioso di resistenza contro la
colonizzazione italiana, questa regione forgia la sua coscienza identitaria in
un forte sentimento di appartenenza tribale, che resta ben presente anche tra
la gioventù urbana, ormai maggioritaria.
Costituita
dai membri di nove tribù di ascendenza saadita (dal nome del comune antenato
Saadi), da quelli delle tribù "clienti" (dette mourabita) e dai membri delle famiglie di mercanti dell'ovest, la
popolazione della Cirenaica (1,6 milioni di abitanti, un quarto del totale) è
molto attaccata alle sue origini - più che in Tripolitania, dove l'amalgama di
popoli e genti ha avuto maggior importanza - e continua ad iscriversi in una
lunga tradizione di alleanze (o dispute) tra le sue componenti.
Per
la cerimonia di investitura del "governo autonomo di Barqa", il 4
novembre, Ibrahim Joudran - l'uomo forte di questa entità - ha abbandonato la
barba e la tenuta da battaglia che ha sempre indossato fino ad allora, ed è
apparso ben rasato in giacca e cravatta.
Trentotto
anni, membro della potente tribù saadita dei Maraghiba - storicamente insediata
sulla vasta fascia costiera che ospita i principali terminali petroliferi della
Cirenaica (Ras Lanuf, Brega e Zuitina) e una parte della città di Ajdabiya - Judran
ha seguito il percorso "classico" di un oppositore al regime del
colonnello Gheddafi.
Vicino
al movimento islamista, la sola opposizione strutturata all'epoca in Libia, è
stato incarcerato per sette anni nella prigione di Abu Slim, poi liberato e
amnistiato come molti altri detenuti politici nel 2010, con l'obbligo di
abbandonare l'attività militante. Fin dall'inizio dell'insurrezione nel 2011,
Ibrahim Judran ha imbracciato le armi e si è messo in luce come comandante di
unità all'interno della khatiba
(brigata) Omar al-Mukhtar, attiva ad Ajdabiya e costituita in maggioranza da
membri della sua tribù.
Alla
fine della guerra è passato - assieme al resto della sua brigata - sotto il
controllo del Ministero della Difesa, che lo ha nominato comandante della
guarnigione di controllo alle installazioni petrolifere. E' questa khatiba, che raggruppa qualche migliaio
di effettivi, a rappresentare la punta di diamante dell'embrionaria "forza
di difesa della regione di Barqa", la cui creazione è stata annunciata
nello stesso momento della proclamazione del "governo autonomo".
Tuttavia,
come è spesso di tradizione in Libia, Ibrahim Judran non compare ufficialmente nell'organigramma
governativo proclamato il 4 novembre. La presidenza è affidata al generale
Abd-Rabbo al-Barassi, fino a poco tempo fa capo di stato-maggiore
dell'aviazione.
Fatto
simbolico, i ventiquattro ministri della nuova istituzione hanno prestato
giuramento sulla bandiera nera ornata di mezzaluna e stella bianca
dell'effimero emirato della Cirenaica, fondato nel 1920 e rapidamente
smantellato dalle truppe italiane. E' sotto questo vessillo che per oltre dieci
anni avevano combattuto i mujaheddin
della regione sotto la guida di Omar al-Mukhtar, figura leggendaria della
resistenza locale, impiccato dai colonizzatori nel 1931. Nemmeno all'inizio
della sollevazione del 2011 questa bandiera era mai stata brandita dai ribelli
di Cirenaica, che avevano preferito quella della Libia monarchica
(pre-Gheddafi), tornata oggi bandiera nazionale.
In
anticipo sulla proclamazione del "governo autonomo", il movimento di
Ibrahim Judran aveva deciso già in agosto di utilizzare la carta del petrolio
per ottenere maggior eco, bloccando con la sua milizia gli oleodotti della
Cirenaica da cui transita circa il 75% della produzione del paese. Il mancato
guadagno per le casse del governo è stimato sui 6 miliardi di dollari, mentre Judran
è ormai passato alla tappa successiva con l'annuncio della creazione di una
compagnia petrolifera locale, a cui sarà affidata l'esportazione - in maniera
esclusiva - del greggio regionale.
La Libia tra autonomia
e federalismo
Sebbene
il "governo autonomo" della Cirenaica racchiuda personalità influenti
uscite dalle principali componenti tribali della regione e si appoggi su gruppi
e organizzazioni di giovani autonomisti, è ancora ben lontano dal raccogliere
l'adesione della maggioranza della popolazione.
Gli
abitanti, pur propensi a chiedere una larga autonomia del territorio nel quadro
di un futuro sistema federale, si interrogano sul metodo adottato da Judran per
portare avanti le rivendicazioni e sembrano preferire che la questione istituzionale
venga dibattuta all'interno della commissione incaricata di redigere la nuova
costituzione (commissione "dei sessanta", formata da venti delegati
di ognuna delle regioni storiche: Cirenaica, Tripolitania e Fezzan).
Ma
le divisioni all'interno del Congresso generale nazionale (CGN, la più alta
autorità libica costituita da un'assemblea di 200 membri eletti nel luglio
2012) e l'opacità che ancora circonda l'elezione della commissione
contribuiscono ad alimentare la diffidenza della Cirenaica nei confronti di
Tripoli.
Il
clima di sfiducia è rafforzato dalla debolezza dimostrata dal governo, dalla
sua apparente incapacità nel prendere in mano una situazione securitaria
degradata a Benghazi e dall'intransigenza esibita nei confronti degli
autonomisti. Il Primo ministro Ali Zeidan ha minacciato la Cirenaica di
ricorrere alla forza. Una minaccia non troppo credibile, tenuto conto che la
funzione di vertice delle forze armate non è di sua competenza bensì del CGN,
dove nessun consenso è maturato fin'ora in merito ad una tale decisione.
A
complicare la situazione, come succedeva anche all'epoca di Gheddafi, il
governo ed il Congresso hanno attivato una serie di legami diretti con gli shaykh tribali del sud-ovest - tra cui
l'influente tribù Zwei - per controbilanciare la spinta autonomista e
riaffermare pubblicamente l'attaccamento ad una Libia unitaria.
Il
rifiuto di comunicare e di negoziare con Ajdabiya da parte del governo Zeidan
costituisce in sé un'ammissione di debolezza e non fa che accentuare lo stallo
di una situazione, che poggia essenzialmente su un malinteso.
Per
la maggioranza degli abitanti della Tripolitania l'idea federalista è associata
al separatismo, e la proclamazione dell'autonomia dalla capitale un primo passo
verso la secessione. Per la popolazione della Cirenaica invece l'autonomia non
significa automaticamente esclusione dallo Stato libico e l'idea di una
separazione è largamente minoritaria. D'altronde, il modello a cui più spesso
si fa riferimento in questa regione è la Libia nata dalla costituzione
federalista del 1951.
Questo
malinteso e lo scetticismo reciproco maturato tra le diverse regioni non fa che
confortare le certezze dei due campi avversi. Per gli abitanti della Cirenaica,
in tali condizioni, niente di buono potrà venire da Tripoli e tocca agli stessi
cittadini forgiare il proprio futuro. Gli eventi sanguinosi occorsi nella
capitale il 15 e 16 novembre scorsi, che sembrano iscriversi in un clima di
guerra civile per il controllo del potere, confermano una simile convinzione.
Sebbene
gli abitanti della Cirenaica non abbiano ancora aderito in massa all'iniziativa
di Ibrahim Judran, molti di loro ne sostengono comunque il principio di fondo,
ritenuto il solo modo per ottenere concessioni da Tripoli a beneficio della
loro regione. In Tripolitania, per tutta risposta, l'azione di Ibrahim Judran è
percepita come un tentativo sordido di accaparrarsi quasi tutte le risorse
petrolifere del paese. Una questione che può essere risolta soltanto con la
forza.
Intanto,
paralizzato dalla pressione dei gruppi armati e dal frazionamento del CGN, il
governo di Ali Zeidan non ha ancora fornito alcuna indicazione sulla volontà o
la capacità di organizzare in tempi rapidi l'elezione della commissione
"dei sessanta", che in termini legali dovrebbe assumere l'incarico il
7 febbraio 2014. Di conseguenza il CGN potrebbe prolungare il suo mandato al di
là di questa data, con il rischio che un simile sviluppo possa apparire come un
colpo di mano, contribuendo così ad aumentare le fratture interne e
determinando un'accelerazione della spirale di violenza e di scontri armati nel
paese.
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