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martedì 26 novembre 2013

Libia. Se la Cirenaica prende il largo

Nella regione orientale, ricca di petrolio, sono nati un "governo autonomo" e una compagnia locale per il controllo delle esportazioni del greggio. Preludio alla secessione o semplice minaccia per strappare concessioni a Tripoli?



(Traduzione dell'articolo di Patrick Haimzadeh per Orient XXI) 

La Cirenaica, regione orientale della Libia all'origine dell'insurrezione anti-Gheddafi, è attraversata da un desiderio di autonomia, e forse anche qualcosa in più. Il 4 novembre scorso è stato proclamato ad Ajdabiya - 160 chilometri a sud-ovest di Benghazi - il "governo autonomo di Barqa" (nome arabo del territorio).

Una parte degli abitanti, tuttavia, non sembra disposta ad arrivare fino allo scontro con Tripoli e alla secessione, ma preferisce strappare il massimo delle concessioni ad un governo centrale debole e traballante.

La città scelta per la proclamazione è un luogo altamente simbolico. Ajdabiya si trova a pochi passi dalla zona di sbocco petrolifero di Zuitina, all'incrocio tra la strada costiera - quella dove si sono affrontati per circa otto mesi i ribelli e i fedeli al regime di Gheddafi - e il tragitto rivolto a sud, verso Kufra e ancora oltre, direzione Ciad e Sudan.

Per la Cirenaica non si tratta di un'iniziativa inedita. Il 6 marzo 2012 tremila shaykh a capo delle tribù locali avevano annunciato ad Al-Bayda la creazione di una regione semi-federale e l'istituzione di un "Consiglio ad interim di Barqa" presieduto da Ahmed al-Zubair al-Sanussi, ottantenne discendente del sovrano Idriss (destituito da Gheddafi nel 1969).

Il Consiglio si era messo in mostra alla vigilia delle elezioni politiche del luglio 2012, bloccando simbolicamente la "frontiera" tra la Tripolitania e la Cirenaica ad est di Sirte, e distruggendo alcuni seggi a Benghazi per protestare contro la formazione delle circoscrizioni elettorali, giudicata sfavorevole alla Cirenaica. Però, non disponendo di un reale ancoraggio sociale, soprattutto nella città di riferimento (Benghazi), e indebolito dai dissensi interni, questo movimento non era riuscito a trasformare la creazione del Consiglio in una reale sfera di influenza politica.

Oggi, qual è la portata e quali sono le prospettive dell'autoproclamazione di questo "governo di Barqa", che arriva in un contesto di frammentazione del paese, di assenza dello Stato e di moltiplicazione degli omicidi e degli attentati, soprattutto nella regione orientale?

Dietro questa domanda se ne nasconde un'altra, che riguarda la forma politica della futura Libia - Stato decentralizzato, federazione, confederazione.. - e le conseguenze dell'attuale frazionamento, che se trascurato potrebbe spingersi a minacciare l'unità dello Stato.

La Cirenaica autonomista

Marginalizzata sotto Gheddafi, la Cirenaica - la culla dell'insurrezione contro il regime nel 2011 - teme di essere ancora una volta lasciata da parte nell'amministrazione della nuova Libia. Oltre ad un passato glorioso di resistenza contro la colonizzazione italiana, questa regione forgia la sua coscienza identitaria in un forte sentimento di appartenenza tribale, che resta ben presente anche tra la gioventù urbana, ormai maggioritaria.

Costituita dai membri di nove tribù di ascendenza saadita (dal nome del comune antenato Saadi), da quelli delle tribù "clienti" (dette mourabita) e dai membri delle famiglie di mercanti dell'ovest, la popolazione della Cirenaica (1,6 milioni di abitanti, un quarto del totale) è molto attaccata alle sue origini - più che in Tripolitania, dove l'amalgama di popoli e genti ha avuto maggior importanza - e continua ad iscriversi in una lunga tradizione di alleanze (o dispute) tra le sue componenti.

Per la cerimonia di investitura del "governo autonomo di Barqa", il 4 novembre, Ibrahim Joudran - l'uomo forte di questa entità - ha abbandonato la barba e la tenuta da battaglia che ha sempre indossato fino ad allora, ed è apparso ben rasato in giacca e cravatta.

Trentotto anni, membro della potente tribù saadita dei Maraghiba - storicamente insediata sulla vasta fascia costiera che ospita i principali terminali petroliferi della Cirenaica (Ras Lanuf, Brega e Zuitina) e una parte della città di Ajdabiya - Judran ha seguito il percorso "classico" di un oppositore al regime del colonnello Gheddafi.

Vicino al movimento islamista, la sola opposizione strutturata all'epoca in Libia, è stato incarcerato per sette anni nella prigione di Abu Slim, poi liberato e amnistiato come molti altri detenuti politici nel 2010, con l'obbligo di abbandonare l'attività militante. Fin dall'inizio dell'insurrezione nel 2011, Ibrahim Judran ha imbracciato le armi e si è messo in luce come comandante di unità all'interno della khatiba (brigata) Omar al-Mukhtar, attiva ad Ajdabiya e costituita in maggioranza da membri della sua tribù.

Alla fine della guerra è passato - assieme al resto della sua brigata - sotto il controllo del Ministero della Difesa, che lo ha nominato comandante della guarnigione di controllo alle installazioni petrolifere. E' questa khatiba, che raggruppa qualche migliaio di effettivi, a rappresentare la punta di diamante dell'embrionaria "forza di difesa della regione di Barqa", la cui creazione è stata annunciata nello stesso momento della proclamazione del "governo autonomo".

Tuttavia, come è spesso di tradizione in Libia, Ibrahim Judran non compare ufficialmente nell'organigramma governativo proclamato il 4 novembre. La presidenza è affidata al generale Abd-Rabbo al-Barassi, fino a poco tempo fa capo di stato-maggiore dell'aviazione.

Fatto simbolico, i ventiquattro ministri della nuova istituzione hanno prestato giuramento sulla bandiera nera ornata di mezzaluna e stella bianca dell'effimero emirato della Cirenaica, fondato nel 1920 e rapidamente smantellato dalle truppe italiane. E' sotto questo vessillo che per oltre dieci anni avevano combattuto i mujaheddin della regione sotto la guida di Omar al-Mukhtar, figura leggendaria della resistenza locale, impiccato dai colonizzatori nel 1931. Nemmeno all'inizio della sollevazione del 2011 questa bandiera era mai stata brandita dai ribelli di Cirenaica, che avevano preferito quella della Libia monarchica (pre-Gheddafi), tornata oggi bandiera nazionale.

In anticipo sulla proclamazione del "governo autonomo", il movimento di Ibrahim Judran aveva deciso già in agosto di utilizzare la carta del petrolio per ottenere maggior eco, bloccando con la sua milizia gli oleodotti della Cirenaica da cui transita circa il 75% della produzione del paese. Il mancato guadagno per le casse del governo è stimato sui 6 miliardi di dollari, mentre Judran è ormai passato alla tappa successiva con l'annuncio della creazione di una compagnia petrolifera locale, a cui sarà affidata l'esportazione - in maniera esclusiva - del greggio regionale.

La Libia tra autonomia e federalismo

Sebbene il "governo autonomo" della Cirenaica racchiuda personalità influenti uscite dalle principali componenti tribali della regione e si appoggi su gruppi e organizzazioni di giovani autonomisti, è ancora ben lontano dal raccogliere l'adesione della maggioranza della popolazione.

Gli abitanti, pur propensi a chiedere una larga autonomia del territorio nel quadro di un futuro sistema federale, si interrogano sul metodo adottato da Judran per portare avanti le rivendicazioni e sembrano preferire che la questione istituzionale venga dibattuta all'interno della commissione incaricata di redigere la nuova costituzione (commissione "dei sessanta", formata da venti delegati di ognuna delle regioni storiche: Cirenaica, Tripolitania e Fezzan).

Ma le divisioni all'interno del Congresso generale nazionale (CGN, la più alta autorità libica costituita da un'assemblea di 200 membri eletti nel luglio 2012) e l'opacità che ancora circonda l'elezione della commissione contribuiscono ad alimentare la diffidenza della Cirenaica nei confronti di Tripoli.

Il clima di sfiducia è rafforzato dalla debolezza dimostrata dal governo, dalla sua apparente incapacità nel prendere in mano una situazione securitaria degradata a Benghazi e dall'intransigenza esibita nei confronti degli autonomisti. Il Primo ministro Ali Zeidan ha minacciato la Cirenaica di ricorrere alla forza. Una minaccia non troppo credibile, tenuto conto che la funzione di vertice delle forze armate non è di sua competenza bensì del CGN, dove nessun consenso è maturato fin'ora in merito ad una tale decisione.

A complicare la situazione, come succedeva anche all'epoca di Gheddafi, il governo ed il Congresso hanno attivato una serie di legami diretti con gli shaykh tribali del sud-ovest - tra cui l'influente tribù Zwei - per controbilanciare la spinta autonomista e riaffermare pubblicamente l'attaccamento ad una Libia unitaria.

Il rifiuto di comunicare e di negoziare con Ajdabiya da parte del governo Zeidan costituisce in sé un'ammissione di debolezza e non fa che accentuare lo stallo di una situazione, che poggia essenzialmente su un malinteso.

Per la maggioranza degli abitanti della Tripolitania l'idea federalista è associata al separatismo, e la proclamazione dell'autonomia dalla capitale un primo passo verso la secessione. Per la popolazione della Cirenaica invece l'autonomia non significa automaticamente esclusione dallo Stato libico e l'idea di una separazione è largamente minoritaria. D'altronde, il modello a cui più spesso si fa riferimento in questa regione è la Libia nata dalla costituzione federalista del 1951.

Questo malinteso e lo scetticismo reciproco maturato tra le diverse regioni non fa che confortare le certezze dei due campi avversi. Per gli abitanti della Cirenaica, in tali condizioni, niente di buono potrà venire da Tripoli e tocca agli stessi cittadini forgiare il proprio futuro. Gli eventi sanguinosi occorsi nella capitale il 15 e 16 novembre scorsi, che sembrano iscriversi in un clima di guerra civile per il controllo del potere, confermano una simile convinzione.

Sebbene gli abitanti della Cirenaica non abbiano ancora aderito in massa all'iniziativa di Ibrahim Judran, molti di loro ne sostengono comunque il principio di fondo, ritenuto il solo modo per ottenere concessioni da Tripoli a beneficio della loro regione. In Tripolitania, per tutta risposta, l'azione di Ibrahim Judran è percepita come un tentativo sordido di accaparrarsi quasi tutte le risorse petrolifere del paese. Una questione che può essere risolta soltanto con la forza.

Intanto, paralizzato dalla pressione dei gruppi armati e dal frazionamento del CGN, il governo di Ali Zeidan non ha ancora fornito alcuna indicazione sulla volontà o la capacità di organizzare in tempi rapidi l'elezione della commissione "dei sessanta", che in termini legali dovrebbe assumere l'incarico il 7 febbraio 2014. Di conseguenza il CGN potrebbe prolungare il suo mandato al di là di questa data, con il rischio che un simile sviluppo possa apparire come un colpo di mano, contribuendo così ad aumentare le fratture interne e determinando un'accelerazione della spirale di violenza e di scontri armati nel paese.

(Traduzione pubblicata in Osservatorio Iraq Medioriente e Nordafrica)

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