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mercoledì 12 giugno 2013

Il fumetto in Marocco, tra storia ed esitazioni

Poco tempo fa moriva Abdelaziz Mouride, ex detenuto politico e pioniere del graphic novel marocchino. Le sue tavole hanno aperto la strada ad una generazione di disegnatori ma a Rabat la 9° arte fa ancora fatica ad affermarsi.


(Traduzione dell'articolo di Kenza Sefrioui per Zamane, n. 31, giugno 2013)


"Mai più!". Sono le parole scritte da Abdelaziz Mouride nell'ultima vignetta di On affame bien les rats!, la cui apparizione - nel 2000 - costituisce l'atto di nascita del fumetto marocchino. "Abbiamo creato Tarik éditions apposta per pubblicarlo", ricorda Bichr Bennani. Una scommessa. "Non sarebbe stato possibile al tempo di Driss Basri [ministro dell'Interno nell'ultima parte del regno di Hassan II, liquidato dal nuovo sovrano Mohammed VI dopo l'ascesa al trono, ndt]. Non sapevamo se la censura lo avrebbe bloccato, ma ci abbiamo provato lo stesso. Lo abbiamo fatto in co-edizione con Paris Méditerranée proprio nel caso in cui ci fossero stati problemi in Marocco".

In queste tavole Mouride offre una critica sferzante del periodo di gravi violazioni e abusi conosciuto come "anni di piombo". Membro del movimento dissidente (a carattere marxista) "23 mars", fu arrestato nel novembre del 1974 e condannato a 22 anni di carcere, da cui uscì nel 1984.

La sua matita traccia una testimonianza indelebile degli orrori del regime: i trascorsi sanguinosi nel commissariato-prigione di Derb Moulay Cherif (Casablanca), il processo della vergogna nel 1977, il lungo sciopero della fame.. Le immagini danno maggior forza al grido - "mai più!" - scandito dai militanti, vittime di quelle brutalità.

Ci sono voluti due decenni ad Abdelaziz Mouride per metabolizzare quell'esperienza e completare il suo lavoro. I primi disegni filtrano clandestinamente dalla prigione alla fine degli anni '70 e vengono pubblicati in Belgio, dal Comitato di lotta contro la repressione in Marocco impegnato a far conoscere la causa dei detenuti politici. Dans les entrailles de ma patrie è il titolo che li accompagna, sotto lo pseudonimo Rahal.

Nello stesso periodo tre disegnatori francesi pubblicano una agiografia di Hassan II a fumetti - Il était une fois Hassan II, Fayolle, 1979 - senza alcuna ironia. Gli autori vantano al sovrano - dopo aver già fatto la stessa esperienza con Mobutu e Bokassa e prima di ripeterla con Duvalier, Ceausescu e Gheddafi - i meriti della semplicità e dell'immediatezza delle immagini nel far conoscere e ammirare le sue "prodezze" ad una popolazione in maggioranza analfabeta.

Il lavoro di Mouride, invece, si colloca agli antipodi di questa propaganda. La sua è una parola libera e degna, che ha aperto la via al triste bilancio del regno di Hassan II e alle testimonianze sulla condizione carceraria del tempo. L'artista, scomparso l'8 aprile scorso, può essere considerato un pioniere grazie al coraggio del suo racconto e all'energia impressa nelle sue tavole.

"Aveva uno stile diretto, tecnicamente grezzo, un tratto assolutamente originale. Cercava di restituire la realtà senza perdersi in estetismi", confida l'amico Miloudi Nouiga, coautore assieme a Mouride di Coiffer (2004) e fondatore delle edizioni Nouiga. "Il fumetto l'ha salvato", come ha salvato anche Mohammed Nadrani, altro ex detenuto politico che ha raccontato il "complesso di Rabat" in Les Sarcophages du complexe (2005) e le atrocità del bagno penale di Kelaat Mgouna in La Capitale des roses (2009).

La storia sembra dunque dominare la produzione fumettistica marocchina. Nel 1993 era stata pubblicata un'opera in tre volumi intitolata Histoire du Maroc en bandes dessinées, passata sottotono vista la scarsa qualità nella realizzazione grafica e narrativa.

Sempre Nadrani, negli anni più recenti, si è lasciato ispirare dalle vicende dell'emiro Ben Abdelkrim (L'Emir, 2007), mentre l'artista Larbi Babahmadi si è interessato alla storia culturale e alla mitologia berbera nella realizzazione dei graphic novel L'Hadj Belaid (2008) e Les Racines d'Argania (2010).

Una tavola del fumetto di Mouride.

Ciò nonostante il fumetto è ancora pressoché inesistente in Marocco. Negli ultimi venti anni non sono stati pubblicati più di una decina di albi. Niente a che vedere con l'effervescenza in materia di altri paesi africani. Jean-François Chanson, fumettista che vive e lavora nel regno dal 2000, spiega: "Congo, Camerun, Senegal sono paesi più poveri rispetto al Marocco, ma in cui gli autori riescono a vivere delle loro storie, dei loro disegni, perché i giornali li accolgono al loro interno, a puntate o a capitoli, e l'albo completo esce solo dopo 5 o 6 anni".

Professore di fisica a Rabat, Chanson cura un blog interamente dedicato al fumetto e si fa in quattro per attirare interesse attorno a quest'arte o alimentare eventuali vocazioni. Poiché, in mancanza di un circuito economico sostenibile, sono rari gli appassionati che resistono senza perdere le speranze.

Gli studenti usciti dall'istituto di belle arti di Casablanca o Tetuan di solito si indirizzano subito verso mestieri più remunerativi. Oltre ad un problema culturale di fondo che grava sui libri in generale (mancanza di librerie, scomparsa dei bouquinistes, carenza nel circuito di distribuzione, vendite sempre più al ribasso), il graphic novel resta un universo ancora sconosciuto e nella maggior parte dei casi viene confuso con la letteratura per ragazzi (le opere a disegni presenti oggi nelle biblioteche sono solo quelle destinate all'infanzia).

Tutto questo ha contribuito alla progressiva scomparsa del pubblico. "Il fumetto appare confinato ai ricordi della nostra generazione, gli anni sessanta e settanta, dopodiché il mercato marocchino si è chiuso, finite le importazioni", riferisce Miloudi Nouiga senza nascondere la nostalgia per le bancarelle specializzate che un tempo circondavano la zona del cinema Al Bahia a Derb Sultan (Casablanca).

In determinati ambiti si fa ricorso il fumetto per la sua immediatezza comunicativa. Ad esempio l'IRCAM (Istituto reale della cultura amazigh) ha pubblicato alcune tavole in lingua berbera, Tagellit Nayt Ufella (2005) di Meryem Demnati. L'associazione Leadership feminin ha diffuso in immagini il nuovo codice di famiglia (Raconte-moi la nouvelle Moudawwana, Nadacom, 2005) in francese e in darija (variante locale dell'arabo, ndt) e, su iniziativa dell'UNDP (Programma per lo sviluppo delle nazioni Unite), Miloudi Nouiga ha disegnato Les objectifs du Millenaire (2006) sui diritti dei bambini..

Ma questo tipo di lavori, in cui il messaggio predomina largamente sulla forma, non sembra fornire alcun lustro alla 9° arte né può far molto per contribuire ad inscriverla nella cultura visiva e letteraria marocchina. "Non si tratta soltanto di disegnare, per un fumetto servono un buon sceneggiatore e un buon grafico", insiste Said Bouftass, professore all'istituto di belle arti di Casablanca e fondatore delle edizioni Alberti nel 2011. Assieme a Jean-François Chanson sta cercando di professionalizzare i giovani talenti.

Il futuro del graphic novel in Marocco, tuttavia, resta legato soprattutto a quello della libertà di espressione. Nel bel compendio intitolato L'art de la bande dessinée (Citadelle e Mazenod, 2012), gli autori ricordano che la 9° arte si è sviluppata partendo dalla caricatura politica e grazie all'esplosione della stampa. Ricordano anche che "la concezione del fumetto è legata alla libertà".

Mouride, il solo marocchino citato nel testo, viene messo in relazione con artisti brasiliani e portoghesi emersi dopo lunghi periodi di dittatura. Nel regno però sono ancora molte le resistenze e le costrizioni che limitano quelle libertà normalmente interpretate da fumettisti e disegnatori. La rappresentazione di corpi nudi o immagini legate al contesto religioso possono non essere gradite, o più banalmente censurate, già al momento della stampa in tipografia.

Ecco perché Hicham Habchi e Mehdi Yassire, alias Pyroow e Koman, hanno pubblicato direttamente in internet, nel 2012, il loro Ramadan Hardcore, tavole umoristiche incentrate su alcuni riflessi e comportamenti tenuti dai fedeli durante il mese sacro. Un tentativo che potrebbe spianare la strada ad altre realizzazioni, sfruttando i vantaggi del web. Prima di loro vi aveva fatto ricorso anche il caricaturista Khalid Gueddar, pubblicando su Bakchich.info una serie di strisce non proprio riverenti nei confronti del sovrano (Le roi qui ne voulait plus être roi, 2010) che gli sono valse non poche difficoltà e ritorsioni.

Il fumetto, come la libertà, si conquista..


(Traduzione pubblicata in Osservatorio Iraq Medioriente e Nordafrica)


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