Ad
una settimana dallo scrutinio presidenziale la campagna elettorale tocca il suo
apice e tutti i mezzi sembrano buoni per raccogliere voti. Come il video musicale pro-Bouteflika che ha suscitato reazioni indignate nel paese.
In
un'Algeria che ha conosciuto negli ultimi tempi un'estensione folgorante della
sua capacità di connessione internet, quale peso hanno queste forme di
propaganda in atto, non solo nei media tradizionali, ma anche sui social
network? Ne parliamo con Belkacem Mostefaoui, sociologo della comunicazione e
specialista del panorama mediatico algerino.
(Traduzione dell'articolo di Anaïs Lefébure per JOL Press)
Il
videoclip pro-Bouteflika continua a suscitare polemiche. Due conduttori della
trasmissione "Système DZ", che hanno preso parte al video, hanno
confessato di essere stati pagati. Da allora, la trasmissione è stata sospesa e
il Presidente è accusato di censura. Quale riflessione è possibile fare,
partendo da questo spunto, sullo stato della libertà di espressione in Algeria?
La
società algerina è ormai abituata a tutto in materia di audiovisivo, dal
divertimento estemporaneo alla propaganda più becera.. La polemica sul video
pro-Bouteflika è un fenomeno che mostra come la regolamentazione del settore
audiovisivo - e per esteso dei media che si appoggiano ad internet - è ancora estremamente
difficile. Mostra anche le derive possibili dovute a questa mancanza di
regolamentazione, accentuate dal fatto che ci troviamo in periodo di campagna
elettorale. Siamo di fronte ad un tentativo di gonfiare il sistema di
propaganda a favore di un preciso candidato, l'attuale presidente Abdelaziz
Bouteflika.
In
più, sembra che per confezionare il videoclip sia stato utilizzato denaro
pubblico, altro indicatore delle derive populiste in atto. Alcuni artisti, come
il comico Smaïn, si sono resi conto che erano stati utilizzati ed hanno reagito
proclamando la loro buona fede.
Da
un lato la popolazione algerina si sta aprendo a capacità di sviluppo
impensabili quanto a comunicazione sociale e politica, dall'altro si trova di
fronte a continue resistenze che le impediscono di consolidare questi spazi
pubblici, dove si possono esprimere opinioni diverse favorendo l'edificazione
di uno Stato di diritto oggi moribondo.
Ad
inizio gennaio è stato adottato dal Parlamento il disegno di legge che apre il
settore audiovisivo ai privati. E' un buon segnale per il pluralismo mediatico?
Un
testo di legge in sé non risolve i problemi del settore audiovisivo algerino,
dove la diffusione dei canali satellitari ha lasciato un'impronta indelebile [a
testimonianza del panorama asfittico presente in materia, della scarsa
credibilità delle reti di Stato e del bisogno di informazione altra da quella
preconfezionata dal governo, ndr].
Questa legge arriva in grande ritardo e le sue aperture - limitate - erano già
previste nel testo sulla libertà di informazione approvato nel lontano 1990.
Ripeto, non credo che avrà una grande incidenza e che porterà chissà quali
cambiamenti.
Ci
sono ancora temi tabù in Algeria?
Nel
grande magma di opinioni e anonimato di cui si compone la società civile e
mediatica algerina si dicono un sacco di cose.. Si può prendere in giro tutto,
deridere la quasi totalità della scena politica nazionale, qualunque sia il
grado gerarchico, civile o militare. Si può prendere in giro il Primo ministro,
che si è messo in ferie per ricoprire il ruolo di responsabile della campagna
elettorale di Bouteflika..
Però,
a forza di poter dire tutto, è come se non venisse detto niente. Niente è in
grado di suscitare vero scandalo o indignazione. Non vi è alla base un vero
confronto in grado di edificare lo spazio pubblico, assolutamente deficitario
in Algeria.
Quale
posto occupano i nuovi canali di espressione e le reti sociali nel paesaggio
mediatico nazionale?
Negli
ultimi anni la capacità di connessione internet è aumentata notevolmente. La
risposta è stata molto forte soprattutto dai giovani, che hanno subito cercato
di sfruttare le nuove possibilità di comunicazione offerte.
Allo
stesso tempo, essendo questa tecnologia arrivata in ritardo rispetto ad altri
contesti, è stata recepita in maniera virale. La speranza era che i nuovi mezzi
potessero da soli risolvere i problemi e le mancanze di un settore altamente
sorvegliato, dopo 50 anni di controllo e monopolio statale. E si torna alla
smania, al problema, di poter dire tutto e niente allo stesso tempo..
Che
cosa pensa delle campagne di comunicazione dei candidati alle presidenziali
algerine?
La
nazione algerina, la società, sono cambiate. Ci si aspettava quindi un cambiamento
- nel rispetto di principi etici e dell'approccio all'uditorio - anche dalla
parte dei pretendenti alla magistratura suprema del paese. Invece assistiamo ad
una propaganda anacronistica e straripante, come se i candidati avessero di
fronte una massa indifferenziata di algerini pronti a credere a tutto quello
che gli viene detto.
C'è
un divario immenso e una rottura tra i discorsi ripetuti in questa campagna e
le attese reali della popolazione, in particolare riguardo all'etica dei
dirigenti politici, al sistema di corruzione che ha minato la vita pubblica del
paese negli ultimi quindici anni. Nessuno ha veramente pagato per gli scandali
emersi, innumerevoli restano quelli non emersi pubblicamente. Ma tutto procede
come se niente fosse, senza alcun rispetto per la morale né particolari attenzioni
alle strategie di comunicazione.
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