Lontano
dalla retorica e dalle dissertazioni teoriche "Siège entre sel et sable"
dà la parola alle comunità locali colpite nel loro quotidiano dagli effetti del
cambiamento climatico. Attualmente in fase di montaggio, il film rischia però di
non vedere la luce per la mancanza di finanziamenti.
Una
nouvelle vague cinematografica sta
conquistando il paese. Grazie alla ritrovata libertà di parola e ad una maggior
facilità di accesso alla tecnologia, sono sempre di più i giovani ad aver
scelto la 7° arte come mezzo di espressione durante gli ultimi tre anni.
Sebbene
il tema generale resti legato all'esperienza rivoluzionaria, alcuni esempi si
distinguono per l'originalità nella selezione degli argomenti e la tenacia nel
far fronte alla doppia sfida dell'autofinanziamento e dell'indipendenza del
prodotto.
E' questo il caso di Siège entre sel et sable, primo
documentario a carattere scientifico in fase di realizzazione in Tunisia. Con
pochi mezzi e tanta volontà, il giovane giornalista Radhouane Addala e il
compagno d'avventura Sam McNeil sono riusciti a girare un film incentrato sugli
effetti del cambiamento climatico nel paese.
Se
infatti gli specialisti e i politici hanno spesso evocato l'importanza della "Strategia
nazionale sul cambiamento climatico", elaborata nel 2012, un vero
dibattito in materia - sui rischi e sui provvedimenti possibili - non è mai
stato aperto. Una delle ragioni che hanno spinto Radhouane a dedicarsi al tema:
"il nostro film
serve prima di tutto a lanciare un capannello d'allarme sulle conseguenze e sui
pericoli connessi al fenomeno. Gli aspetti su cui ci siamo focalizzati sono
tre: la desertificazione al sud, l'innalzamento del livello del mare e le
malattie legate al mutamento climatico", afferma il
giovane regista.
Il documentario non
affronta il tema in maniera teorica o astratta, come è il caso della maggior
parte dei film a carattere scientifico.
"A parte i
militanti ambientalisti, gli accademici e i responsabili di governo, il film dà
la parola alle comunità tunisine colpite nel loro quotidiano dal
surriscaldamento. Nel sud, per esempio, è l'intero modello sociale ad essere a
rischio a causa della desertificazione e dell'avanzata delle sabbie. Ogni anno
gli abitanti perdono ettari di terreno coltivabile.
Migliaia di persone
soffrono poi per la comparsa di nuove malattie. A Sidi Bouzid interi villaggi
sono affetti da una particolare forma di Leishmaniosi cutanea che provoca
cicatrici profonde e durature. I primi casi si sono registrati a metà anni
ottanta ed oggi sono più di 60 mila le persone interessate da questa malattia
riconducibile al fenomeno del cambiamento climatico",
spiega Radhouane.
Vedere e conoscere le
vite in pericolo o i corpi sofferenti è senz'altro più efficace dei discorsi e
delle dimostrazioni teoriche degli specialisti, per capire il fenomeno.
Tuttavia, nemmeno le cifre - allarmanti - in circolazione devono lasciare
indifferenti.
Alcuni
esempi. La Tunisia tra qualche anno perderà 500 km di spiagge (attualmente ne
conta 1300). Il cambiamento del clima provocherà un aumento notevole delle
precipitazioni - 2% entro il 2030 - e l'innalzamento del livello del mare,
facilitando l'erosione della costa che a sua volta farà indietreggiare le
spiagge di circa 15 m. Tale erosione non sarà dovuta esclusivamente al
mutamento climatico ma anche all'eccessivo sfruttamento delle risorse marine e
allo sviluppo selvaggio delle strutture turistiche.
"Siège entre sel
et sable cerca anche
di analizzare le difficoltà a cui devono far fronte le isole Djerba e
Kerkennah. La telecamera stringe il campo sulla triste e anarchica situazione
che ha trasformato le due isole in un quasi deserto. La pesca industriale
intensiva, che approfitta delle falle nella regolamentazione ambientale, ha provocato
disastri nell'ecosistema insulare. Il saccheggio del mare e l'inquinamento
hanno trasformato questi luoghi in una grande discarica", aggiunge Radhouane
Addala.
Il regista insiste
sull'aspetto - fondamentale - dell'inquinamento e dell'assenza di una strategia
di protezione ambientale applicata dallo Stato.
"Il degrado
dell'ambiente è dovuto all'inquinamento ma anche alle modalità di sfruttamento
delle risorse naturali - spiega -. Sono in molti ad approfittare della debolezza delle autorità. Nel sud
alla frontiera con la Libia, per esempio, bracconieri libici e sauditi cacciano
specie rare e migratrici. Di fatto vi sono delle zone di non-diritto che le
autorità non hanno i mezzi né il coraggio di controllare".
Anche a Gabès i
cittadini manifestano regolarmente contro l'inquinamento. Più di 1300
tonnellate annue di scarichi industriali vengono dispersi senza trattamento nel
golfo omonimo. Qualche mese fa due fratelli sono morti in seguito ad un
disfunzionamento fulminante del fegato.
"Occhi giallo-rossastri,
urina di colore scuro…non si tratta di epatite A ma di un'altra malattia dovuta
alla contaminazione dei rifiuti chimici. Per questo i medici preferiscono
tenere la bocca chiusa", confida Radhouane che
ha documentato il dramma nel suo film.
Attualmente
in fase di montaggio, Siège entre sel et
sable rischia tuttavia di non vedere la luce a causa della ristrettezza dei
finanziamenti a disposizione dei due autori. "Abbiamo lanciato un appello di sostegno attraverso una
piattaforma di crowdfunding. Non abbiamo raggiunto l'obiettivo (10 mila
dollari) perché il soggetto non sembra interessare molto il pubblico. Ma non ci
diamo ancora per vinti".
(Traduzione dell'articolo di Henda Chennaoui per Nawaat)
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