Le
fotografie di Mikel Oibar e un video dell'ong Prodein documentano l'intervento
della polizia marocchina in territorio spagnolo, venerdì scorso a Melilla, per "recuperare"
i sub-sahariani rimasti intrappolati nel doppio reticolato che segna il confine
tra il continente africano e la Fortezza Europa.
(Melilla, frontiera. Foto Mikel Oibar) |
Le
immagini mostrano gli agenti penetrare armati lungo il corridoio di frontiera -
12 km di ferro, tramagli alti 6 metri e filo spinato - sotto lo sguardo impassibile
della guardia civil. Costringono i migranti a scendere dalle grate e li
riportano in Marocco, senza procedura di riconoscimento né gli accertamenti
previsti dalla legge (ley de extranjería).
"Nessun
controllo di identità né garanzie per i richiedenti asilo. Una violazione in
piena regola, oltre che una preoccupante cessione di sovranità" commenta
José Palazon, responsabile di Prodein e attivista per i diritti umani
all'interno della piccola enclave iberica. "Non è la prima volta che si
verifica una simile intrusione, ma è la prima in cui disponiamo di una
documentazione ineccepibile che le autorità non possono smentire".
Per Palazon l'episodio
si aggiunge alle decine di devoluzioni irregolari attuate negli ultimi mesi
dalle delegazioni di Ceuta e Melilla, giustificate tuttavia dal governo con
l'accordo bilaterale di riammissione raggiunto tra Rabat e Madrid (in vigore
dal 2012) che semplifica l'iter di espulsione nelle zone "calde" affidate
al controllo congiunto dei due paesi.
La
tensione lungo il confine rimane alta dopo la tragedia che lo scorso
febbraio ha portato alla morte di 16 migranti - annegati nelle acque di fronte
a Ceuta, complici i proiettili di gomma e il gas sparati nella loro direzione
dalla guardia civil - nel tentativo di raggiungere a nuoto la spiaggia.
Anche
sul versante marocchino la situazione sembra essere giunta al limite della
sostenibilità. Se la "nuova politica migratoria" voluta dal sovrano
Mohammed VI ha di fatto interrotto le deportazioni dei sub-sahariani verso il
deserto algerino, le misure di accoglienza promesse sono inesistenti mentre le
regolarizzazioni dei sans papiers avviate nel 2014 sono ancora
numericamente irrisorie.
Intanto
continuano i maltrattamenti e i rastrellamenti nelle montagne situate nei
dintorni delle enclave spagnole, dove i migranti in attesa del
"salto" vivono rifugiati in accampamenti di fortuna. A Fnideq,
località di frontiera a pochi kilometri da Ceuta, una caccia all'uomo ha
costretto i sub-sahariani ad abbandonare la vicina foresta e riparare nei
sobborghi di Tangeri, a Boukhalef, quartiere-ghetto dove la popolazione nera si
scontra - oltre alle estreme condizioni di povertà - con la diffidenza e le
ritorsioni degli altri abitanti del posto.
I migranti in
situazione irregolare che finiscono nelle retate della polizia, invece, vengono
privati dei loro beni e allontanati forzatamente dalle zone di confine, il più
delle volte trasferiti a Casablanca e a Rabat.
Tanto
che nella capitale del regno è in atto una vera e propria "emergenza umanitaria",
stando alle dichiarazioni rilasciate dal personale Caritas, che si è visto
costretto a chiudere i temporaneamente i locali a causa dell'enorme afflusso. Secondo
l'organizzazione, nell'ultimo periodo, sarebbero circa un centinaio al giorno i
sub-sahariani depositati e abbandonati nella stazione della città, senza cibo,
coperte né altra forma di assistenza.
(Articolo pubblicato su Osservatorioiraq Medioriente e Nordafrica)
Nessun commento:
Posta un commento