Il
processo contro Khalid Gueddar per "pubblica ebbrezza", cominciato ieri,
è stato rinviato a settembre. Noto per aver più volte disegnato i membri della
famiglia reale e lo stesso Mohammed VI - suscitando il duro risentimento del
Palazzo, Khalid è da tempo oggetto di particolari attenzioni da parte delle
autorità. Già condannato a tre anni di carcere per le sue vignette nel 2010,
rischia di veder revocata la libertà condizionale allora concessagli. Ripercorriamo
la storia della matita ribelle che non piace al regime alawita.
Khalid Gueddar |
Due
settimane fa Khalid viene arrestato all'uscita di un locale notturno a Kenitra
in compagnia di un amico. Trasferito rapidamente nel commissariato di zona, rimane
in cella quasi ventiquattro ore senza saperne il motivo. "Stato di
pubblica ebbrezza e insulti all'indirizzo degli agenti di polizia", gli
viene comunicato al momento del passaggio di fronte al procuratore e del
conseguente rinvio a giudizio, in stato di libertà provvisoria. Ma il
caricaturista nega categoricamente la versione ufficiale e afferma, al
contrario, di essere stato lui stesso vittima di un'aggressione verbale pochi
istanti prima dell'arrivo della volante.
Un
errore o un processo politico mascherato da banale caso di giustizia ordinaria?
Per
il giornalista Ali Lmrabet (Demain on-line), amico e
collega di Gueddar che ha conosciuto le prigioni del regno a causa della sua
professione, si tratta di "una vecchia tecnica marocchina che consiste
nell'autorizzare bar e locali notturni, nonostante la legge vieti la
somministrazione di sostanze alcoliche ai musulmani, per poi arrestare i
commensali all'uscita, soprattutto quelli considerati sotto osservazione
speciale". Secondo un'altra ex collaboratrice di Khalid, Catherine Graciet
(Bakchich, Le Journal Hebdomadaire) autrice del libro-choc sulla fortuna di
Mohammed VI Le roi prédateur, "sarebbe
più giusto - come capo di imputazione - ebbrezza politica".
L'episodio
resta oscuro, ma la storia del disegnatore e la tempistica con cui è stato
coinvolto in un nuovo processo alimentano dubbi legittimi. Disoccupato da mesi
a causa dell'ostracismo subito da parte dei media nazionali, Khalid Gueddar
aveva annunciato - proprio pochi giorni prima dell'arresto - la creazione di un
giornale satirico in formato elettronico, baboubi.com,
rimasto tuttora inattivo.
Altra
vicenda "curiosa", la telefonata fatta dal ministro della Giustizia
Mustapha Ramid al procuratore - secondo
quanto affermato dal nostro interlocutore - per "chiedere l'applicazione
rigorosa della legge". Ramid - al centro delle polemiche per le numerose
condanne inflitte ai militanti nel paese - aveva affermato nel marzo scorso che
autorizzerà l'espiato dei suoi organi al momento della morte. Khalid non si è
lasciato sfuggire l'occasione per una vignetta alquanto irriverente, pubblicata
sulla sua pagina facebook. Vignetta che, logicamente, non è passata
inosservata. "Il ministro non ha certo l'abitudine di intervenire, per
chiedere fermezza, ogni volta che un cittadino finisce in arresto", commenta
il caricaturista, ribadendo in merito che "la giustizia marocchina è
lontano dal definirsi indipendente".
La vignetta di Khalid dopo le dichiarazioni del ministro Ramid... |
Qualunque
siano le motivazioni vere o presunte del processo che riprenderà in settembre,
sopra la testa di Khalid Gueddar pende ormai una minacciosa spada di Damocle,
pronta a spezzare la sua matita insubordinata e mettere a tacere la sua verve
polemica, da anni nel mirino delle autorità.
In
caso di condanna, infatti, si vedrebbe privato della libertà condizionale di
cui aveva beneficiato nella causa precedente, questa sì chiaramente politica, intentata
e vinta dal principe Moulay Ismail, cugino di Mohammed VI. Tuttavia, per capire
le implicazioni dell'affaire Akhbar al-Youm, che provocò al tempo la levata di scudi dei più
noti caricaturisti internazionali (tra cui Plantu, Glez
e Dilem) contro l'accanimento subito dal collega marocchino, è necessario
ripercorrere dall'inizio la storia di Khalid, o meglio, la storia dell'uomo che
ha osato disegnare il sovrano, sfidando le linee rosse del regime.
Dilem disegna per Khalid |
Gli esordi
"Le
prime caricature le ho fatte al liceo. Le vedevo sui giornali, sulle riviste,
ero attratto da questo genere di disegni". Khalid Gueddar non ha mai
seguito dei corsi propedeutici, "del resto non è che ce ne siano molti in
Marocco", ma fin da bambino disegna dappertutto, sui fogli, sui quaderni
di scuola, perfino sulle pareti di casa.
Quando
arriva all'università, Khalid entra a far parte del movimento studentesco di
sinistra. "Frequentavo la facoltà di economia a Rabat. Seguivo i
dibattiti, partecipavo alle riunioni, insomma ero diventato un militante e
avevo maturato una coscienza politica". Parallelamente, prosegue l'attività
artistica, che si fa sempre più "impegnata".
Nel
1997 mette a frutto i primi contatti con la stampa, che accetta,
sporadicamente, di pubblicare i suoi disegni. "A quel tempo avevo una piccola
rubrica nel giornale dell'ateneo". Un anno più tardi, un amico giornalista
gli propone di lavorare per al-Asr,
quotidiano arabofono vicino alle posizioni dell'attuale PJD (il partito
islamico).
"Ho
accettato, per me era comunque un'opportunità. Per la prima volta potevo vedere
i miei disegni pubblicati regolarmente in un giornale nazionale, sebbene nutrissi
delle riserve sulla sua impostazione di fondo. Ero felice di aver varcato la
soglia di un mondo, quello dei professionisti della caricatura, che sognavo fin
da ragazzo".
Khalid
rimane per due anni ad al-Asr, senza
mai entrare in conflitto con la redazione. "Ero ancora un esordiente e,
sebbene avessi ben chiari i miei principi, dovevo acquisire maggior fiducia nel
mio lavoro e una maggiore capacità di impormi". Nel gennaio 2001, poi,
arriva la grande occasione: Ali Lmrabet lo integra nell'equipe del settimanale Demain.
La prima affermazione
Gli
anni trascorsi a Demain sono il vero
trampolino di lancio per la carriera di Khalid. "Con Ali ho potuto godere
di un vero spazio di libertà, che mai avevo trovato ad al-Asr. Ho cominciato a disegnare i rappresentanti politici, i
membri del governo. E' in quel momento che il mio stile ha assunto una
caratterizzazione precisa, polemica e irriverente nei confronti delle autorità".
Il
successo ottenuto da Demain è strepitoso,
tanto da rievocare alla memoria i lontani ricordi di Joha, Akhbar Souk e Attakchab, giornali che negli anni
sessanta e settanta hanno fatto la storia della caricatura marocchina. "Le
vendite andavano bene, raggiungevamo le 50 mila copie a settimana. Eravamo tra
le riviste francofone più lette del paese".
Ali
Lmrabet approfitta del clima di libertà maturato durante la successione al
trono e nel 2002 crea un nuovo supporto, Doumane,
la versione in darija (arabo
marocchino) di Demain. Le due riviste
non esitano a rompere i tabù e ad infrangere le "linee rosse". I
lettori, dal canto loro, rispondono in maniera entusiasta. "La stampa
indipendente, al tempo, era mossa da uno straordinario dinamismo e nutriva
grandi aspettative. C'era la voglia di approfittare di quegli spazi di
espressione mai avuti prima, spazi che - ad eccezione del web - oggi restano
solo un ricordo".
Le
speranze e le illusioni prodottesi alla fine degli anni novanta si infrangono,
infatti, contro il vigoroso ritorno delle autorità. Mohammed VI, superata la
fase di incertezza e insediatosi saldamente alla guida del paese, non sembra
più tollerare certe libertà nei toni e nella critica al regime.
Nel
2003 sia Demain che Doumane sono costretti a chiudere i
battenti. Ali Lmrabet, direttore di entrambi i settimanali, viene condannato a
quattro anni di carcere. "A provocare la reazione del regime erano stati
alcuni miei disegni", confessa Khalid. Lmrabet, durante il processo, non
fa mai riferimento alla presenza di un disegnatore in redazione. Si assume tutta
la responsabilità ed afferma di fronte al giudice di essere lui stesso l'autore
delle caricature incriminate, firmate con uno pseudonimo.
"Non
potrò mai dimenticare questo gesto. Ali ha dimostrato grande coraggio e
generosità. Sapevamo che la nostra pubblicazione era un azzardo e che prima o
poi ce l'avrebbero fatta pagare, così aveva preferito prendere degli
accorgimenti. Non ha mai voluto inserire il mio nome nell'organico del
settimanale. Mi ripeteva sempre: che guadagno ci sarebbe se finissimo in
prigione tutti e due? Nessuno, ed io, in quanto direttore, verrei comunque
condannato".
La consacrazione
parigina a Bakchich
Nel
marzo 2003, in seguito alla chiusura di Demain
e Doumane, Khalid inizia a
lavorare per Le Journal Hebdomadaire.
E' Ali Amar, fondatore della rivista e tra i più noti professionisti
marocchini, a proporgli il nuovo ingaggio. "Successe proprio in tribunale,
durante il processo contro Lmrabet".
Sei
mesi dopo, tuttavia, il caricaturista lascia il Marocco per stabilirsi in Francia.
Altra scelta che si rivela decisiva. "Non avevo molto spazio, solo un
piccolo disegno a settimana, e lo stipendio non mi bastava. Del resto, Le Journal non era un giornale satirico
ed io ero abituato ai ritmi di Demain,
dove avevo pagine e pagine da riempire". Khalid parte per Parigi e
riprende gli studi (ottiene la laurea in arti plastiche all'università di Saint
Denis). Allo stesso tempo, continua la collaborazione a distanza con Le Journal. "Non ho mai interrotto
i contatti con Amar e Aboubakr Jamai. Internet mi ha facilitato le cose".
Al
suo arrivo in Francia, il caricaturista muove i primi passi a Le gri-gri
international, "un giornale panafricano creato da un esule politico
gabonese". Dopo qualche mese, tuttavia, l'intera redazione si dimette in
seguito ai contrasti sorti con il direttore. "Voleva rientrare in Gabon,
così aveva cambiato linea editoriale per avvicinarsi al presidente Odimba. Noi ci
rifiutammo di assecondare il suo voltafaccia".
L'equipe,
affiatata e motivata a conservare la propria indipendenza, non si dà per vinta
e nel 2006 trova la soluzione per risolvere l'impasse. Nicola Beau, Guillaume
Barou (ora a Le Monde Diplomatique) e
Khalid Gueddar, tra gli altri, decidono di aprire un sito internet: Bakchich.info. "Non avevamo i mezzi
per fondare un giornale, così abbiamo cercato il sistema più economico per
continuare a scrivere e disegnare, insomma per fare il nostro lavoro".
Anche
Bakchich, all'inizio, si concentra
esclusivamente sul continente africano. Ma pian piano il numero dei visitatori
aumenta e il sito raggiunge una vera e propria notorietà internazionale. "Sono
iniziate ad arrivarci sovvenzioni e pubblicità. Nel 2009 avevamo finalmente i soldi
necessari per lanciare un giornale di satira e informazione ad ampio raggio in
formato cartaceo".
La
comparsa nelle edicole conferma il successo di Bakchich, che supera di slancio il rivale gabonese per numero di
copie vendute. Nelle prime edizioni del settimanale, Khalid Gueddar propone una
serie di tavole "critiche" su Mohammed VI, che condizioneranno il suo
avvenire in patria: Le roi qui ne voulait
plus être roi ("Il re che non voleva più essere re").
Una delle tavole "incriminate" pubblicate da Bakchich |
"Quelle
caricature mi hanno reso famoso al grande pubblico, ma allo stesso tempo è da
lì che sono iniziati i miei problemi con il regime". In quel periodo, il
disegnatore marocchino fornisce anche i primi contributi al Courrier International. Sarà proprio una
sua vignetta, consacrata ancora una volta al sovrano alawita, a scatenare nel
luglio del 2009 la censura di Rabat sul settimanale francese. "Non ho
niente di personale contro il re. Ma io sono un caricaturista e lui un Capo di
Stato, che per di più detiene il monopolio della politica nazionale. Rivendico
il diritto e la libertà di disegnarlo e criticarlo, se reputo che le sue scelte
siano sbagliate".
La caricatura che è valsa la censura a La Courrier International |
"Le mediavore"
Alla
fine del 2008 Gueddar viene contattato da Taoufiq Bouachrine, caporedattore del
neo-nato quotidiano al-Massae. "Taoufiq
era un amico e mi ha proposto un buon contratto pur di avermi con lui a Casablanca.
Io ho accettato, a condizione di poter continuare le mie collaborazioni con gli
altri supporti, sia marocchini (Le
Journal) che stranieri (Bakchich
e Le Courrier International)".
Così, dall'inizio del 2009, Khalid rientra in Marocco. "Una scelta che, a
posteriori, non credo rifarei".
Poco
dopo, infatti, Bouachrine abbandona al-Massae
per fondare un suo giornale, Akhbar al-Youm.
Una volta partito il caporedattore, i rapporti tra Khalid e il direttore Rachid
Nini iniziano a deteriorarsi: "Nini voleva che lasciassi gli altri
incarichi. Avevo cominciato a pubblicare Le
roi qui ne vuolait plus être roi. Il regime non gradì e iniziò a fare
pressioni". In aprile Gueddar viene licenziato dal Massae. Bouachrine è pronto ad accoglierlo a braccia aperte, ma
qualcosa nell'aria sta cambiando: "un ritorno in grande stile alla censura
e alla politica autoritaria conosciuta in passato", riferisce Khalid con
tono remissivo.
A
farne le spese, per prima, è la libertà di espressione. "I più bersagliati
erano chiaramente i giornalisti insubordinati, e il mio nome doveva essere tra
quelli di punta". La rapida successione degli eventi sembra dargli
ragione. Prima la censura del disegno pubblicato dal Courrier International, poi una caricatura del principe Moulay
Ismail, apparsa sul quotidiano Akhbar al-Youm
nel settembre 2009, scatena nuovamente le ire del Palazzo. Risultato: la
chiusura immediata del giornale e la condanna (ultimo grado di giudizio nel
2010) di Khalid e del direttore Bouachrine a tre anni di carcere con il
beneficio della condizionale, oltre al pagamento di 50 mila dirham (circa 5
mila euro) di multa.
La vignetta del principe Moulay Ismail |
Nei
giorni che seguono al sequestro dei locali e delle copie del quotidiano,
Gueddar è sottoposto ad una lunga serie di interrogatori nel commissariato di
Casablanca. "I poliziotti - racconta Khalid - non erano interessati al
disegno del principe, ma ai lavori pubblicati su Bakchich. Ho capito subito che l'ultima vignetta era solo una
scusa. Il regime ce l'aveva con me per altri motivi, in particolare per le
tavole su Mohammed VI. Ha voluto infliggermi una punizione esemplare".
Nel
dicembre 2009, a seguito del risalto internazionale assunto dalla vicenda, Bouachrine
ottiene l'autorizzazione per fondare un nuovo quotidiano, Akhbar al-Youm al-Maghribiyya. Il direttore vorrebbe continuare il
sodalizio con Gueddar, ma per la libertà di stampa è forse il peggior momento dall'ascesa al trono di Mohammed VI. Processi ai giornalisti (Ali Anouzla, Driss Chatane, oltre a quelli già citati), condanne a multe salate
(Al-Jarida al-Okhra), redazioni strette
nella morsa del boicottaggio pubblicitario (Le
Journal Hebdomadaire, Nichane).
Per
sopravvivere occorre essere prudenti e Bouachrine prende le dovute precauzioni.
Stando alla testimonianza del caricaturista, assume Khalid ma in cambio gli
chiede di non disegnare più: "sei ancora dei nostri - mi ha detto - fai
parte del gruppo, però niente caricature per il momento". Qualche settimana
dopo, un altro duro colpo: Le Journal
Hebdomadaire è costretto alla chiusura. Gueddar si ritrova così senza
lavoro, dato che anche Bakchich attraversa
una fase di crisi. "I colleghi mi hanno soprannominato 'Khalid le mediavore', perché nessun giornale sembra capace di sopravvivere
al mio ingaggio", ironizza - non senza amarezza - il caricaturista, che da
allora non ha più ricevuto un contratto e si è visto sbattere la porta in
faccia da numerose redazioni considerate "indipendenti".
"Quando
lavoro non lo faccio pensando ai limiti imposti da un supporto o dai tabù -
politici e religiosi, soprattutto nel disegno - che in Marocco imprigionano la creatività e la pubblica
espressione. Lo faccio in assoluta libertà, per questo sono il candidato ideale
alla disoccupazione".
Per
vederlo di nuovo all'opera dobbiamo aspettare l'apertura delle prime testate
elettroniche che accompagnano la "primavera marocchina" nel 2011,
dando nuovo respiro all'informazione nazionale. Dopo le collaborazioni con Lakome.com e Demain on-line, Khalid decide di lanciare un proprio network - baboubi.com - ma, come abbiamo visto, l'ennesimo
ostacolo si interpone al suo cammino.
Ciò
nonostante il disegnatore rimane sereno e ostenta la sicurezza di chi sa che
sta combattendo per una giusta causa. "Non rimpiango nessuna delle mie
caricature, anche se alla fine dovessero costarmi il carcere. Nel momento in
cui mi siedo di fronte al foglio bianco e impugno la matita, sono consapevole
di quello a cui vado in contro. Sono pronto ad assumere la responsabilità delle
mie idee e a pagarne il prezzo dovuto, in un paese che continua a mettere in
prigione i suoi artisti", conclude Gueddar richiamando alla memoria la
recente condanna del rapper dissidente L'haqed.
Nessun commento:
Posta un commento