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venerdì 28 febbraio 2014

Tunisia. La danza è militanza

Breakdance, performance di strada. E' la strategia scelta da alcuni giovani tunisini per lottare contro lo smarrimento e l'influenza dei gruppi religiosi più conservatori, nei contesti dove la marginalità sociale non è stata scalfita dalla rivoluzione.
(Foto Art Solution)



Organizzano corsi ed esibizioni in pubblico, affiancate da piccoli eventi artistici, in una cittadina dell'entroterra tunisino. L'obiettivo è estendere il fenomeno anche al resto del paese, dove  - per la verità - iniziative simili avevano già visto la luce nei mesi scorsi grazie al collettivo Art Solution e al progetto Je danserai malgré tout.

E' a Sidi Ali Ben Aoun, una cinquantina di km a sud della più nota Sidi Bouzid, che è nato il gruppo di "B-boys". I breakdancers si riuniscono ogni settimana, nei pressi del piccolo centro sportivo, per ascoltare musica e interpretarla con il linguaggio del corpo, provando così ad evadere l'impasse economica e mentale in cui si sentono relegati.

Una situazione che giova alle reti dell'estremismo religioso, radicatosi facilmente in una regione che attende ancora i frutti di una rivoluzione di cui è stata protagonista ma di cui a Tunisi sembra si sia già persa memoria.

Sidi Ali Ben Aoun è una borgata di 7 mila anime, con uno dei tassi di disoccupazione più elevati del paese, che trova nell'agricoltura la sua unica fonte di sostentamento. La città era salita agli onori della cronaca l'ottobre scorso, quando fu teatro di violenti scontri tra le forze di polizia e alcuni esponenti salafiti.

Per arginare il dispiegamento della dottrina conservatrice e la fitta attività di reclutamento operata da questi gruppi sul territorio, Nidal Bouallagui - danzatore hip hop  di 26 anni - ha creato un'associazione culturale che cerca di motivare e coinvolgere i giovani concittadini.

In un'intervista rilasciata al New York Times, Nidal spiega che durante le rivolte di tre anni fa - oltre ai prigionieri politici - anche i criminali o i detenuti di diritto comune sono stati liberati dalle prigioni. Molti ragazzi del suo quartiere, con prospettive di facili guadagni, si sono lasciati attrarre "come calamite" dalle organizzazioni di trafficanti o dai nuovi predicatori che hanno rapidamente ripopolato le moschee.

Pur ammettendo di "non avere nulla, a priori, contro la religione e la forma in cui le persone decidono di vivere la loro fede", Bouallagui riconosce la notevole influenza esercitata dai gruppi salafiti sui giovani in difficoltà, costretti a volte ad abbandonare la musica o le attività sportive.

Per cercare di allontanare questi ragazzi dall'estremismo, Nidal e gli altri B-boys stanno provando a fornire un'alternativa. La loro associazione non si limita a promuovere la "danza urbana", ma anche corsi di street-art, graffiti, fotografia e teatro.

"L'importante è lavorare con la gente, stare a contatto con le persone e condividere momenti di socialità. Quello che ci interessa è agire sulla mentalità, erodere il sentimento di alienazione che da queste parti risucchia l'esistenza".

Secondo il riscontro dell'attivista-danzatore, i giovani mossi da un interesse o da aspirazioni proprie diventano meno influenzabili e propensi a seguire l'appello dei predicatori e dei trafficanti. Ma la marginalità e il degrado vissuto a Sidi Ali Ben Aoun non si limitano certo all'attività dei nuovi gruppi salafiti, che sono piuttosto una diretta conseguenza al mancato soddisfacimento delle aspirazioni rivoluzionarie.

Ecco allora che la breakdance, il rap e le altre iniziative promosse dall'associazione di Nidal diventano sì una "forma di resistenza contro i dogmatismi sociali e religiosi", ma soprattutto un messaggio liberato in mare. Quel mare chiamato governo che continua a promettere sviluppo e lotta al terrorismo senza riuscire ad incidere - almeno fino a questo momento - sulla difficile quotidianità dei suoi cittadini.


(Articolo pubblicato su Osservatorio Iraq Medioriente e Nordafrica)

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