Breakdance,
performance di strada. E' la strategia scelta da alcuni giovani tunisini per
lottare contro lo smarrimento e l'influenza dei gruppi religiosi più
conservatori, nei contesti dove la marginalità sociale non è stata scalfita
dalla rivoluzione.
(Foto Art Solution) |
Organizzano
corsi ed esibizioni in pubblico, affiancate da piccoli eventi artistici, in una
cittadina dell'entroterra tunisino. L'obiettivo è estendere il fenomeno anche
al resto del paese, dove - per la verità
- iniziative simili avevano già visto la luce nei mesi scorsi grazie al
collettivo Art Solution e al progetto Je danserai malgré tout.
E'
a Sidi Ali Ben Aoun, una cinquantina di km a sud della più nota Sidi Bouzid,
che è nato il gruppo di "B-boys". I breakdancers si riuniscono ogni
settimana, nei pressi del piccolo centro sportivo, per ascoltare musica e
interpretarla con il linguaggio del corpo, provando così ad evadere l'impasse
economica e mentale in cui si sentono relegati.
Una
situazione che giova alle reti dell'estremismo religioso, radicatosi facilmente
in una regione che attende ancora i frutti di una rivoluzione di cui è stata
protagonista ma di cui a Tunisi sembra si sia già persa memoria.
Sidi
Ali Ben Aoun è una borgata di 7 mila anime, con uno dei tassi di disoccupazione
più elevati del paese, che trova nell'agricoltura la sua unica fonte di
sostentamento. La città era salita agli onori della cronaca l'ottobre scorso,
quando fu teatro di violenti scontri tra le forze di polizia e alcuni esponenti
salafiti.
Per
arginare il dispiegamento della dottrina conservatrice e la fitta attività di
reclutamento operata da questi gruppi sul territorio, Nidal Bouallagui -
danzatore hip hop di 26 anni - ha creato
un'associazione culturale che cerca di motivare e coinvolgere i giovani
concittadini.
In
un'intervista rilasciata al New York Times, Nidal spiega che durante le rivolte di tre anni fa - oltre ai
prigionieri politici - anche i criminali o i detenuti di diritto comune sono
stati liberati dalle prigioni. Molti ragazzi del suo quartiere, con prospettive
di facili guadagni, si sono lasciati attrarre "come calamite" dalle
organizzazioni di trafficanti o dai nuovi predicatori che hanno rapidamente
ripopolato le moschee.
Pur
ammettendo di "non avere nulla, a priori, contro la religione e la forma
in cui le persone decidono di vivere la loro fede", Bouallagui riconosce la
notevole influenza esercitata dai gruppi salafiti sui giovani in difficoltà,
costretti a volte ad abbandonare la musica o le attività sportive.
Per
cercare di allontanare questi ragazzi dall'estremismo, Nidal e gli altri B-boys
stanno provando a fornire un'alternativa. La loro associazione non si limita a
promuovere la "danza urbana", ma anche corsi di street-art, graffiti,
fotografia e teatro.
"L'importante
è lavorare con la gente, stare a contatto con le persone e condividere momenti
di socialità. Quello che ci interessa è agire sulla mentalità, erodere il
sentimento di alienazione che da queste parti risucchia l'esistenza".
Secondo
il riscontro dell'attivista-danzatore, i giovani mossi da un interesse o da
aspirazioni proprie diventano meno influenzabili e propensi a seguire l'appello
dei predicatori e dei trafficanti. Ma la marginalità e il degrado vissuto a
Sidi Ali Ben Aoun non si limitano certo all'attività dei nuovi gruppi salafiti,
che sono piuttosto una diretta conseguenza al mancato soddisfacimento delle
aspirazioni rivoluzionarie.
Ecco
allora che la breakdance, il rap e le altre iniziative promosse
dall'associazione di Nidal diventano sì una "forma di resistenza contro i
dogmatismi sociali e religiosi", ma soprattutto un messaggio liberato in
mare. Quel mare chiamato governo che continua a promettere sviluppo e lotta al
terrorismo senza riuscire ad incidere - almeno fino a questo momento - sulla
difficile quotidianità dei suoi cittadini.
(Articolo pubblicato su Osservatorio Iraq Medioriente e Nordafrica)
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