Il
22 gennaio scorso la camera bassa del regno alawita, dopo l'avallo dei Conseillers e del governo, ha votato per
l'abrogazione del comma 2 dell'art. 475 del codice penale. Secondo l'articolo
in questione, l'autore di violenza su una minore rischiava fino a cinque anni
di prigione, ma poteva evitare la condanna sposando la sua vittima.
Come
successo alla giovane Amina Filali, sedicenne, che nel marzo del 2012 si è
tolta la vita a causa del calvario quotidiano impostole dal "matrimonio
riparatore" (una misura che l'ordinamento marocchino ha recepito dai
vecchi codici francesi e non dalla tradizione giuridica islamica,
contrariamente a quanto affermato dalla stampa occidentale).
Il caso di Amina, sopraggiunto in
momento di forti contestazioni sociali e politiche nel paese, aveva suscitato
enorme scalpore e aveva dato vita ad un movimento di protesta guidato dalle
associazioni femministe e da quelle per la difesa dei diritti umani.
Manifestazioni
e sit-in di fronte al Parlamento a cadenza regolare si sono protratte per mesi
per chiedere la revisione di un codice penale ritenuto arcaico e altamente
discriminatorio nei confronti della donna.
Anche
il panorama della cultura dissidente si era mosso per "denunciare l'ipocrisia
di un sistema sociale e politico che dietro a una facciata tollerante e egualitaria
(come il codice della famiglia - Moudawwana
- e alcuni articoli della nuova costituzione, tra cui il 19 che consacra
formalmente "l'uguaglianza di diritti tra sessi", nda) continua a veicolare e a cauzionare
sul piano giuridico una mentalità patriarcale e dogmatica".
Questo
l'intento del film 475. Quando il
matrimonio diventa un castigo (clicca qui per la versione integrale sottotitolata
in inglese), realizzato dal collettivo di cineasti Guerrilla Cinema,
che si ispira proprio alla vicenda di Amina, divenuta un simbolo nella lotta
per la parità. Sulla stessa linea il documentario 475. Break the silence, dell'anglo-marocchina Hind
Bensari.
Senza la pressione costante sul
governo da parte della società civile, probabilmente, non si sarebbe mai
arrivati ad un simile epilogo. Una constatazione che non ha impedito ai
deputati e all'esecutivo di celebrare la revisione dell'art. 475 come una
"vittoria istituzionale".
Meno
entusiaste e moderatamente soddisfatte, invece, le organizzazioni femministe e
per i diritti umani, che chiedevano una riforma radicale dell'impianto
legislativo. "Possiamo considerarlo un buon inizio, ma non è abbastanza.
Il Parlamento non deve aspettare che la violenza si produca nel modo più
tragico per agire. Dovrebbe piuttosto prevenire, per evitare che si verifichino
situazioni drammatiche", è il commento di Zohra Chaoui, avvocato e
presidente dell'associazione per la lotta contro la violenza sulle donne.
Le fa eco un'altra nota attivista
femminista, Najat Razi, secondo cui le rivendicazioni del movimento per
l'uguaglianza sono state "solo parzialmente soddisfatte. La nostra
battaglia non si limita ad un singolo articolo".
Anche
la ong Amnesty International, con un comunicato, considera l'emendamento
all'art. 475 "un passo importante nella giusta direzione", ma non
nasconde la necessità - per il Marocco - di una "strategia esaustiva per
la protezione delle donne e delle ragazze dagli abusi di cui sono
frequentemente vittime".
"C'è
ancora molto da fare", sottolinea Hassiba Hadj Sahraoui, direttrice
aggiunta per l'area MENA dell'organizzazione. Il codice penale, spiega
l'attivista, prevede pene minori se la vittima di uno stupro non è vergine,
rimanendo "ancorato a concetti come l'onore o la decenza piuttosto che al
diritto alla protezione e alla giustizia. Ma i diritti delle donne non possono
essere definiti in funzione della verginità o della situazione familiare".
Altro
grave ostacolo sulla strada dell'uguaglianza, gli articoli 490 e 491, che
criminalizzano le relazioni sessuali fuori dal matrimonio. Questi
provvedimenti, riferisce Amnesty, "dissuadono le vittime dal denunciare i
loro aggressori, poiché temono di essere a loro volta perseguite in tribunale".
Emblematico, a questo proposito, il caso del deputato Hassan Arif e della
funzionaria Malika Slimani, passata da querelante (con un figlio nato a seguito
della violenza subita) a imputata per decisione della corte di Rabat.
Le lacune della legislazione non si
fermano qui, poiché il codice non ammette che l'abuso sessuale possa avvenire
in circostanze che non implichino necessariamente l'utilizzo della forza
finisca, o che lo stupro possa avvenire all'interno del matrimonio.
Eppure
i numeri parlano chiaro. La stessa ministra della famiglia Bassima Hakkaoui, a
fine 2012, ha affermato pubblicamente che più di sei milioni di donne
marocchine - su una popolazione totale di 33 milioni - hanno subito violenze,
di cui oltre la metà all'interno delle mura domestiche.
A riassumere la situazione ci pensa
Nadir Bouhmouch, tra gli autori di 475.
Quando il matrimonio diventa un castigo. "Siamo contenti, certo, ma il
lavoro che ci spetta - come popolo e come istituzioni - è ancora tanto. La donna
in Marocco è ben lontana dall'essere libera", ha commentato il giovane
regista, dalla sua pagina facebook, poco dopo la votazione in Parlamento.
"Come
spieghiamo nel nostro film, l'abolizione dell'articolo risolve solo in parte il
problema. Non è corretto affermare che adesso le ragazze marocchine non saranno
più costrette a sposare i loro stupratori. La stragrande maggioranza di questi
casi, infatti, avviene al di fuori della legge, con matrimoni combinati tra le
due famiglie coinvolte. Solo se c'è disaccordo, come per Amina, si ricorre ad
un giudice e quindi alla legislazione".
"Dunque
- continua Nadir - ci sarebbe bisogno di una legge che vieti esplicitamente i
matrimoni combinati, orfi. Non basta
la cancellazione del comma 2 al 475 per dire che in futuro non ci troveremo di
fronte ad altre Amina Filali. Più in generale, c'è bisogno di un programma di
educazione e sensibilizzazione nazionale alle questioni di genere, alla vita
coniugale e alla sessualità per poter intervenire, a monte, sulla mentalità. Ma
tutto questo implica una reale volontà politica e la sua esistenza è ancora tutta
da dimostrare..".
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