Come più volte sostenuto dalle ong internazionali che difendono i diritti dell’uomo, in Tunisia la professione di giornalista rimane “un mestiere ad alto rischio”. L’arresto del reporter Fahem Boukadous, avvenuto il 15 luglio scorso, ne è l’ennesima conferma.
In Tunisia chiunque osi criticare le autorità o difendere i diritti dell’uomo si trova in una situazione di pericolo. I militanti e le ong che difendono i diritti umani, così come gli avvocati e i giornalisti, sono nel mirino del regime. Non possono dar vita ad associazioni indipendenti senza temere l’ingerenza o l’accanimento della burocrazia tunisina. Spesso sono oggetto di provvedimenti giudiziari a seguito dei quali vengono rinchiusi in carcere sulla base di false accuse montate ad hoc. Gli amici, i familiari, perfino i loro bambini sono vittime di continue vessazioni. Alcuni hanno perduto il lavoro. I loro uffici e le loro case vengono perquisiti e saccheggiati dalle forze di sicurezza. Sono seguiti costantemente, sottoposti ad una sorveglianza opprimente. I loro telefoni vengono intercettati, i collegamenti internet sono sotto controllo e le mail piratate o bloccate. I maltrattamenti e le violenze fisiche sono compiuti dai poliziotti o dagli agenti dei servizi segreti su ordine delle stesse autorità. La persecuzione è permanente: ostacola gli attivisti nella loro azione in favore dei diritti dell’uomo e gli impedisce di avere una normale vita privata. Con il ricorso a simili espedienti, le autorità vogliono far sapere a tutti coloro che vivono in Tunisia che è meglio riflettere due volte prima di esprimere una critica o di schierarsi in difesa dei diritti umani.