Arrêt sur image

venerdì 28 febbraio 2014

Tunisia, rifugiati: dopo Choucha l'esilio?

Una settimana di protesta di fronte alla sede della delegazione UE a Tunisi, per chiedere il riconoscimento. Poi l'arresto, con la prospettiva dell'espulsione.

(Foto Jacopo Granci)



Il 9 febbraio scorso la polizia tunisina è intervenuta duramente contro un sit in di protesta organizzato da cittadini originari del Niger, Ciad e Sudan di fronte alla delegazione dell’Unione europea a Tunisi. Le forze dell’ordine hanno sgomberato l’accampamento che era stato allestito da una settimana, e portato via 20 persone, che ancora oggi risultano rinchiuse nel centro di detenzione di Wardia, riservato ai cittadini stranieri in situazione irregolare. Ora rischiano l’espulsione.

Si tratta dei déboutés, i "diniegati" di Choucha, migranti in maggioranza sub-sahariana che avevano fuggito la Libia durante l'insurrezione contro Gheddafi ed erano stati accolti sul suolo tunisino, nel campo frontaliero di Choucha, appunto.

In tre anni, sono centinaia le persone ad essere state trasferite in paesi terzi. Altre, stanche di aspettare, hanno preferito prendere la rotta del mare. Diversa invece è la situazione per chi è rimasto in Tunisia, vedendosi rifiutare lo status di rifugiato dagli uffici dell'UNHCR.

Circa 200 individui, intere famiglie, sopravvivono senza aiuti nelle tende di quel che resta del campo, ufficialmente chiuso dal giugno scorso.

"Le condizioni di Choucha non fanno che peggiorare", racconta Emad, tra i dimostranti a Tunisi. "Nel deserto fa freddo e al campo non c’è né acqua, né elettricità né assistenza medica. Le persone stanno soffrendo molto. E’ un’emergenza umanitaria".

E' per ottenere una soluzione a questa emergenza che una rappresentanza di diniegati aveva deciso di installarsi di fronte agli uffici di Laura Baeza, capo della delegazione UE in loco. Ma la polizia ha deciso in altro modo, smantellando il sit in.

Insieme a loro, di fronte alla sede dell'UNHCR poco distante, c'erano anche altri manifestanti. Decine di sub-sahariani, a cui la commissione ONU ha riconosciuto il diritto d’asilo senza però concedere il trasferimento in paesi considerati più sicuri, come era accaduto in precedenza per altre centinaia di rifugiati transitati nel paese.

"La Tunisia vuole forse abbassarsi al rango dei paesi europei che maltrattano, arrestano e espellono i tunisini e altri migranti dal loro territorio?", tuona in un comunicato il Forum tunisien des droits économiques et sociaux (FTDES). L'avvenire si prospetta ancora più critico - fa sapere l'organizzazione - per quelle persone che, sprovviste di documenti di viaggio attestanti la nazionalità di provenienza, non possono essere espulse e potrebbero rimanere recluse a tempo indeterminato.

Nel documento reso pubblico qualche giorno fa il FTDES reclama "la liberazione immediata dei 20 rifugiati finiti in arresto e la concessione, nel più breve tempo possibile, dei permessi di soggiorno per tutti i migranti transitati da Choucha, come previsto da una disposizione governativa del luglio 2013 e come stabilisce la nuova Costituzione".

Già, perché lo scorso 10 febbraio in Tunisia è entrata in vigore la nuova Carta e con essa l’articolo 26, che sancisce il diritto d’asilo e la protezione dei rifugiati.

Secondo rifugiati e diniegati, tuttavia, il testo di per sé non offre alcuna garanzia. "Ci vorranno tre anni prima che venga approvata una legge che metta in pratica questi principi", commenta Emad.


* Ascolta la testimonianza da Tunisi raccolta dall'agenzia AMISnet

Nessun commento: